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CI SIAMO FATTI INFINOCCHIARE! - MARIO GIORDANO: “LE DUE GIORNATE DI SQUALIFICA A SARRI SONO TROPPE. I GAY IN QUESTO MOMENTO SONO FORTI, SONO IL PENSIERO DOMINANTE, DECIDONO LE SORTI DI UN’AZIENDA. NESSUNO HA IL CORAGGIO DI OPPORSI. TUTTI PALADINI DEL FROCISMO OFFESO”

Mario Giordano per “Libero Quotidiano”

 

Mario Giordano Mario Giordano

Due giornate di squalifica vi sembrano poche? A me sembrano perfino troppe. D' altra parte l' allenatore del Napoli Maurizio Sarri la punizione l' ha già avuta: è stato lapidato pubblicamente, sottoposto a gogna, messo al bando dalla società civile per la grave colpa di aver litigato ai bordi di una campo di calcio, come avviene all' incirca ogni domenica in ogni angolo della Penisola. Come si è permesso? Le voci dell'indignazione politicamente corretta si sono subito levate a difendere la moralità offesa dei gay: «Non si fa», «Non è ammissibile», «Non è tollerabile», È indegno».

 

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È ovvio: ci si schiera sempre con il più forte. In Italia siamo campioni mondiali nel salto sulla barca che ha il vento in poppa (e poppa lo dico senza allusioni, sia chiaro, sennò vengo processato anch' io).


Non c'è dubbio che i gay in questo momento sono forti, sono il pensiero dominante, stanno cambiando le leggi, possono decidere le sorti di un' azienda (chiedere informazioni a Barilla), possono stabilire perfino come e dove si possono fabbricare i bambini. Chi ha il coraggio di opporsi alla schiacciante armata arcobaleno? Nessuno, è ovvio. Infatti nessuno lo fa. Hanno tutti paura. Ho sentito amici che fino all'altro giorno si ergevano a campioni del politicamente scorretto che all' improvviso sono diventati paladini del sessualmente corretto, difensori strenui del frocismo offeso.

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Gente che usa il turpiloquio più del dentifricio che all'improvviso si scandalizza come una mammoletta perché un allenatore in tuta ha detto «frocio». Mamma mia, ha detto frocio. Dove andremo a finire, signora mia? L' omofobia è dilagante, il razzismo pure. Probabilmente siamo già a un passo dalle camere a gas, e non ce ne siamo accorti. Se Sarri, per dire, oltre a frocio e finocchio avesse detto anche culatone, voleva dire che il nazi-sterminio dei gay era già cominciato.

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«Non capisci, non capisci», mi ha urlato uno di questi amici, ex politicamente scorretto, riconvertitosi alla linea del gaysmo militante. Dice che non capisco che bisogna rispettare i tabù. In pratica: si possono insultare tutti, gli uomini, le donne, persino i bambini, figurarsi gli anziani. Ma i gay no. Non si può dire «frocio», né «finocchio», però per esempio si può dire «troia» a una donna e «tua mamma è una puttana» a un uomo.

 

Tanto, si sa, la categoria delle puttane non conta nulla, non organizza nemmeno un Prostitute Pride. Gli omosessuali invece sì: loro organizzano le marce, organizzano i boicottaggi, decidono chi ha successo e chi non ce l' ha, che cosa è trendy e che cosa non lo è. Dunque, non si può offenderli. È un tabù. Il tabù di non offendere i più forti.

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Chiunque sia stato su un campo di calcio, anche solo di periferia, anche nelle categorie amatoriali, sa che mentre si gioca ci si dice di tutto. I difensori cominciano dal primo minuto a insultare gli attaccanti, i centrocampisti mettono in dubbio la verginità delle sorelle altrui, i terzini bestemmiano come turchi con i calli infiammati. Ma quello che si dice in campo finisce in campo, è sempre stata la regola.

 

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Una regola che anche Mancini conosce bene, visto che quando il suo amichetto Mihajlovic si macchiò di insulti razzisti durante una partita, correva l' anno 2000, lui lo difese dicendo: «Nel corso di una partita l' agonismo esasperato può portare a momenti di tensione e grandi nervosismo: l' importante è che tutto finisca lì». Perché ciò che valeva allora per Mihajlovic non vale ora per Sarri? Forse perché «negro di m.» si può dire e «frocio» invece no? O perché a Mancini fa comodo così?


Qualcuno ha scritto che pure l' allenatore dell' Inter chiamò «frocio» un giornalista quando era a Firenze: l' interessato ha smentito. Sinceramente, non m' interessa. Così come non m' interessa se è vero o no quel che si mormora, e che cioè la polemica sarebbe stata studiata a tavolino per destabilizzare il Napoli primo in classifica.

 

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Può essere o forse no, poco importa: questo è un fatto che riguarda solo il mondo pallonaro. Quello che ci riguarda tutti, invece, è l' insurrezione armata, l' allineamento coatto, lo schieramento dei plotoni d' esecuzione che hanno sparato fuoco ad alzo zero contro il povero Sarri, facendolo secco in un batter d' occhio. Fateci caso: nemmeno le sue scuse sono state accettate.


Ovvio, no? Se uno dice «frocio» è per sempre. Se uno dice «frocio» è evidentemente inguaribile, irredimibile, marchiato a vita per la tremenda colpa di aver usato una parola sbagliata, quella parola sbagliata. Se Sarri avesse offeso Dio, la Madonna e tutti i santi del Paradiso, ecco, sarebbe andato bene a tutti, magari gli avrebbero dato pure una medaglia. Invece ha detto «frocio» e dunque deve espiare. Due giornate di squalifica? Non bastano. Ma neppure dieci.

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Neppure venti. Neppure tre anni. Neppure l' ergastolo. Ho l' impressione che non basterebbe un' intera vita ai lavori forzati per scontare la pena di aver detto frocio. Almeno, se prima non ci s' iscrive ai corsi di recupero dell' Arcigay, dove t' insegnano come si diventa allenatori politicamente corretti: via la tuta, metti la scarpetta rosa, via le sigarette Nazionali, avanti col lucidalabbra. Ogni mattina inginocchiati davanti alla statua di Malgioglio e recita una preghiera alla trinità Luxuria, Vendola e Platinette . E così sia, nei secoli dei secoli gay.

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