REDAZIONE DI SANGUE E CADAVERI - QUANDO LA MOGLIE DI CHARB È ARRIVATA SUL LUOGO DELL’ASSALTO LA POLIZIA LE HA IMPEDITO DI VEDERE COM’ERA RIDOTTO IL MARITO

Anais Ginori per “la Repubblica

 

stephane charbonnier charbstephane charbonnier charb

«Dimmi che non è vero. Stéphane non è morto». La moglie di Stéphane Charbonnier cammina sul sangue, riesce a fendere i cordoni di sicurezza. Chiede di salire negli uffici di Charlie Hebdo, al secondo piano. «Lo voglio vedere. Fatemelo vedere». Suo marito, alias Charb, era il direttore del settimanale satirico. Aveva 48 anni. «Meglio di no, madame» risponde un poliziotto che subito tace.

 

Dovrebbe aggiungere: non è più una redazione, madame, è un campo di battaglia. I primi soccorritori sono rimasti sotto choc. «Non abbiamo potuto fare nulla, erano tutti morti », racconta Solange, che partecipa all’accoglienza delle persone ferite sulle scale, nell’androne, in strada. L’ospedale di emergenza è allestito in un popolare teatro. Ieri mattina un infame regista ha voluto calare il sipario sulla Francia.

 

tignous, charb et cabutignous, charb et cabu

La Comédie Bastille, proprio di fronte alla sede di Charlie Hebdo, è diventata l’unità di crisi di medici e investigatori che smistano testimonianze, organizzano i prelievi, raccolgono i bossoli a terra. Gli psicologi dovrebbero dare supporto ai sopravvissuti, ma anche loro vacillano. Non esistono parole giuste. Offrono coperte termiche, forse pensando che aiuti a sopportare una misteriosa calamità, qualcosa di umanamente incomprensibile. La rue Nicolas Appert, vicino a Bastille, è una piccola strada a traffico limitato. Un posto dove i bambini del quartiere vengono a giocare.

 

«All’inizio pensavo fossero petardi di ragazzi» spiega Sandrine Tolotti, caporedattrice del mensile Books. «Mi sono affacciata alla finestra e ho capito». È entrata pochi istanti dopo la sparatoria nella redazione in un silenzio irreale. I colleghi di Charlie Hebdo sono sempre pronti a scherzare, offrire un caffè, una scapigliata famiglia.

charb direttore di charlie hebdocharb direttore di charlie hebdo

 

«Non c’era più nessuno, a parte i cadaveri». La palazzina di proprietà del comune è una cittadella di media. Proprio di fronte a Charlie Hebdo, c’è la sede la redazione dell’agenzia Première Ligne. Martin Boudot ha sentito un collega entrare urlando: «Kalach!, kalach!». «Abbiamo sbarrato la porta con sedie e tavoli — continua — e siamo saliti sul tetto».

 

L’intero perimetro è ormai transennato, operatori e fotografi sono tenuti fuori. François Hollande arriva davanti al palazzo, non sale. Si fa raccontare tutto dai poliziotti. «Presidente, è il più grave attentato dal dopoguerra», dice un agente. Un altro funzionario chiosa: «È il nostro 11 settembre».

hollande sul posto charlie hebdohollande sul posto charlie hebdo

 

Un dirigente del ministero dell’Interno sente che c’è un video in cui è filmata l’esecuzione del secondo poliziotto. «Me ne sbatto del video. Voglio trovarli, hanno ucciso giornalisti e poliziotti. Hanno attaccato i simboli della Francia ». Alain, che ha un atelier al pianoterra dell’edificio, era uscito a prendere un caffè. «In un attimo, è stata la guerra».

 

attacco terroristico a parigi charlie hebdo 8attacco terroristico a parigi charlie hebdo 8

Un commando militare. «Erano così professionali che li ho scambiati per forze speciali che inseguivano trafficanti di droga» spiega Richard, venuto a fare una vista medica nel palazzo. Gli attentatori sapevano che ogni mercoledì mattina si svolge la riunione del settimanale. Andavano a colpo sicuro. Intorno alle undici mettono in atto il loro piano, compiendo un primo errore: due uomini entrano al civico 6 e non al 10. Un terzo uomo resta in strada.

 

Minacciano il portiere, lo uccidono, si dirigono verso la sede del giornale. In fondo a un corridoio c’è la porta blindata. Ha un codice di sicurezza. I due uomini s’imbattono nella vignettista Corinne Rey, che si firma Coco. «Ero andata a cercare mia figlia all’asilo — racconta — . Tornando in redazione, davanti alla porta del palazzo del giornale, due uomini incappucciati e armati ci hanno brutalmente minacciato». La donna presa in ostaggio li porta in redazione. «Volevano entrare. Ho aperto la porta con il codice numerico ». La sala di riunione è all’ingresso, sulla sinistra. Gli attentatori cercano Stéphane Charbonnier.

attacco terroristico a parigi charlie hebdo 7attacco terroristico a parigi charlie hebdo 7

 

«Dov’è Charb? Dov’è Charb?», ripetono chiamandolo con il nome di penna. Colpiscono Charb e la sua guardia del corpo. La raffica di kalashnikov prosegue. Intorno al tavolo non sopravvive nessuno: i vignettisti Georges Wolinski, Jean Cabut, in arte Cabu, e Bernard Verlhac, detto Tignous.

 

Almeno una trentina di colpi nella redazione. Muore anche un grafico, l’economista Bernard Maris che collaborava con il gior-nale e un lettore invitato. Gli attentatori urlano “Allahu Akbar”, Dio è Grande, e “Abbiamo vendicato il Profeta”. La disegnatrice Coco ricorda: «Mi ero rifugiata sotto la scrivania. Parlavano perfettamente francese. Dicevano di essere di Al Qaeda».

said kouachisaid kouachi

 

Gli attentatori scendono in strada. Comincia la sparatoria con la polizia, ripresa in un video di giornalisti di Première Ligne rifugiati sul tetto. La Citroën nera avanza fino a boulevard Richard-Lenoir. Un agente viene ferito. Cade a terra. Uno degli attentatori si avvicina. Gli spara addosso il colpo di grazia.

 

Nel video ripreso da un abitante del quartiere si sente che ripete «abbiamo vendicato il Profeta » e «abbiamo ucciso Charlie Hebdo». Gli attentatori proseguono verso nordest, l’auto ha un primo tamponamento in place du Colonel Fabien. La macchina viene abbandonata in una strada adiacente. Il commando sequestra un’altra auto privata, una Clio grigia. Alle 13 si perdono le loro tracce. In serata arriva la notizia di tre persone identificate a Jennevillieres.

cherif kouachicherif kouachi

 

In rue Nicolas Appert scende la nebbia. A tarda sera, Delphine posa a terra una rosa. È una fedele lettrice di Charlie Hebdo. Partecipa anche lei al pellegrinaggio laico vicino alla sede del giornale, ancora circondata dai poliziotti. «È sconvolgente », dice. «Come si può attaccare un giornale che difende i nostri valori repubblicani?». Sulla facciata del palazzo di fronte alla redazione di Charlie Hebdo c’è un gigantesco graffito. Forse Charb e gli altri “eroi”, parole di Hollande, guardavano spesso dalle loro finestre questo affresco: un porticato oltre il quale si intravede il mare. Un orizzonte di libertà mai così prezioso.

 

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