TRUCI A SAN SIRO - LA ‘NDRANGHETA VOLEVA METTERE LE MANI SUL CATERING DEL MILAN AL MEAZZA - UN CARABINIERE COMPLICE TENTÒ DI PILOTARE L’APPALTO MA IL PIANO FALLÌ

Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera

 

Da vittima a sodale di ’ndrangheta, è parabola talmente da manuale da sembrare disegnata in laboratorio. 
 

sansiro sansiro

Fino al 2007 Cristiano Sala, figlio del fondatore del gruppo «Il Maestro di casa srl», è un importante imprenditore milanese del catering con 35 milioni l’anno di fatturato nell’organizzazione di mense aziendali, matrimoni, e punti di ristoro in alcuni stadi come un bar a San Siro. Nel 2008 anch’egli è morso dalla crisi, nel 2009 peggiora, a fine 2010 va in bancarotta, ma ricomincia a lavorare ufficialmente come “consulente” di società «a lui di fatto riconducibili». 
 

Solo che, quando brutti clienti lo intimidiscono per riavere 300.000 euro, né i bruschi creditori né l’atterrito debitore vanno in Tribunale civile a vedere chi abbia ragione, ma entrambi corrono a farsi «proteggere» da altrettanti clan di ‘ndrangheta: che, nel caso del debitore, era il clan che ieri (per reati dall’associazione mafiosa alle estorsioni, dall’usura al traffico di 268 chili di cocaina sequestrati a Genova nel 2013) è stato colpito da 57 arresti come «locale» milanese della cosca calabrese Libri-Tegano, ruotante in città su soggetti che, come Alessandro Nucara o i tre fratelli Domenico-Giulio-Vincenzo Martino, dopo passate condanne definitive erano da poco stati scarcerati o erano in semilibertà e affidamento ai servizi sociali. 
 

Dalla mediazione l’imprenditore guadagna il fatto di dover pagare “solo” 100.000 euro di debito invece di 300.000, ma da “vittima” diventa “complice”: in cambio dei vantaggi mette a disposizione degli ‘ndranghetisti le proprie conoscenze e relazioni, che il clan vampirizza per attività imprenditoriali nelle quali investire i proventi di droga e usura.

sansir x sansir x

 

Il clan apre società che distribuiscono un tipo di caffè in bar milanesi ed anche allo stadio, commercializza vini in Bulgaria dove opera il principale fornitore di droga, apre una sala bingo a Cernusco sul Naviglio, pensa a come acquisire la gestione del bar dell’ospedale Niguarda, si muove per partecipare all’appalto di gestione delle mense degli agenti nelle carceri di Bollate e Opera, manca di poco l’acquisto di un locale per aprire in centro in via Solferino un ristorante calabrese. 
 

E quando la cosca punta a scalzare la società che per i campionati 2013 e 2014 ha vinto il servizio catering del Milan allo stadio Meazza, gioca pesante perché può giocare un’altra risorsa del «capitale sociale» dell’ircocervo creatosi tra clan e imprenditore: è un carabiniere, che è solo appuntato, ma sta nel posto giusto per fare la cosa che in quel momento serve all’organizzazione.

 

le cosche in lombardia le cosche in lombardia

In servizio infatti al “gruppo Tutela lavoro” del Nucleo Operativo di Milano (i cui colleghi lo hanno arrestato in forza dell’ordine del gip Gennaro Mastrangelo su richiesta dei pm Paola Biondolillo e Marcello Tatangelo), Carlo Milesi stila contro la società concorrente dei clan una relazione nella quale attesta falsamente ai pm di aver appreso che lì vengano impiegati extracomunitari clandestini. 
 

Innesca così un’indagine penale, grazie alla quale il giorno di Milan-Roma può effettuare un’ispezione allo stadio il 16 dicembre 2013. Nessuno dei 68 lavoratori risulta fuori regola. Ma, per gettare ancor più discredito sulla società invisa al clan — scrivono i magistrati —, con l’imprenditore il carabiniere «orchestra anche l’uscita di un articolo» l’8 febbraio 2014 («domani compra la Repubblica… vedrai che verrà fuori un exploit…») nel quale «sono testualmente riportati passi dell’informativa, che mette a disposizione del giornale» ignaro dell’operazione.

 

E dopo la pubblicazione dell’articolo «Indagine sul catering di San Siro / Nel mirino la società del genero di Letta», festeggiato con commenti soddisfatti («Che livello! Che botta! Con due righe…tac! L’abbiamo steso al suolo, cavolo!»), il carabiniere va pure a «incontrare la dirigenza del Milan» e prova a «convincerla a estromettere la società dall’appalto, paventando in caso contrario possibili ricadute anche sul Milan». 

 

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