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“NON CAPISCO COME UN “NO” POSSA ESSERE FRAINTESO” – LA RABBIA DI UNA 23ENNE DI FIRENZE STUPRATA DA TRE AMICI DURANTE UNA FESTA IN VILLA: DOPO CINQUE ANNI DI PROCESSO UN GIUDICE HA ASSOLTO I TRE RAGAZZI PERCHÉ HANNO AVUTO “UNA ERRATA PERCEZIONE DEL CONSENSO” - “HO CHIESTO AIUTO A UN SISTEMA GIUDIZIARIO CHE, GUARDANDOMI NEGLI OCCHI MENTRE ERO IN LACRIME, MI HA CHIESTO QUANTI PARTNER AVESSI AVUTO PRIMA E DOPO IL FATTO…”

Estratto dell’articolo di Andrea Vivaldi per "la Repubblica"

 

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«Ho chiesto aiuto a un sistema giudiziario che, guardandomi negli occhi mentre ero in lacrime, cercando di mettere insieme i miei ricordi, mi ha chiesto quanti partner avessi avuto prima e dopo il fatto». Mentre parla Camilla (nome di fantasia) sono passati 5 anni da quella notte di metà settembre. All’epoca aveva diciotto anni. Si trovava a una festa in una casa di campagna nel Fiorentino. Con lei c’erano alcuni suoi compagni di scuola.

 

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Attorno alla mezzanotte, in giardino, subì una violenza da tre coetanei: «È accertato che ci siano stati degli atti sessuali non pienamente voluti», ha riconosciuto il tribunale di Firenze attraverso una sentenza con cui, al tempo stesso, ha assolto i due imputati maggiorenni dall’accusa di violenza (per il terzo procede il tribunale minorile). La loro, secondo il giudice dell’udienza preliminare, fu una «errata percezione» del consenso di Camilla.

 

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Un fraintendimento, «anche in relazione ai pregressi rapporti tra gli stessi» e per «l’apparente disinvoltura di comportamento della ragazza», ha spiegato il gup nelle motivazioni. Sottolineando che ci fu «senza dubbio un comportamento eccessivo da parte dei ragazzi coinvolti, i quali, spinti dall’eccitazione, hanno fatto di tutto per indurre la ragazza a intrattenere un rapporto plurimo». […]

L’avvocato della giovane, Daniele Santucci, nelle scorse settimane si è così rivolto alla Procura Generale di Firenze. La quale ha deciso che si tornerà in aula per un processo di appello.

 

Camilla, cosa ne pensi di quella sentenza?

«Posso solo dire che personalmente la trovo vergognosa. Non saprei cos’altro aggiungere, non credo ci siano parole adatte ad esprimere il concetto».

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Le motivazioni hanno sollevato reazioni contrarie in tutta Italia. Ritiene che sia stata offensiva verso le donne vittime di violenza e disincentivi a denunciare?

«[…] sentenze come questa non aiutano chi cerca il coraggio di agire e reagire. […] chi ha avuto la fortuna di non dover subire un’esperienza simile non può neanche lontanamente immaginare cosa ci sia dietro una denuncia».

 

Ce lo dica, cosa c’è?

«Trovare il coraggio di esporti, l’umiliazione nel dover ammettere con te stessa e con gli altri che non sei stata in grado di difenderti, rivivere tutto ancora e ancora mentre cerchi soltanto di toglierti quelle immagini e quelle sensazioni dalla testa... non è facile. Ho aspettato cinque anni.

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Cinque anni di processo in cui sono stata risentita più e più volte […] i trascorsi di una persona sono un fattore determinante nel momento in cui questa deve esprimere consenso o dissenso. Non dovrei poter aver detto “sì” venti volte in passato senza per questo togliere valore al “no”?».

 

Emotivamente come ha reagito?

«Non so spiegarlo, mi sento a pezzi. […] Non capisco come quella situazione possa essere stata fraintesa. Come non capisco in che modo il mancato buonsenso e presunti “deficit legati a una concezione distorta del sesso” possano giustificare ciò che mi è successo».

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[…]

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