soldati israeliani a gaza israele

NUOVE CREPE SUL FRONTE ISRAELIANO: ANCHE I VETERANI CRITICANO IL PUGNO DURO A GAZA – L’EX SOLDATO DELLE FORZE SPECIALI, NADAV WEIMAN, A CAPO DI UNA ONG CHE RIUNISCE EX MILITARI, DEMOLISCE LA DOTTRINA MILITARE DI TEL AVIV DALL'OPERAZIONE “PIOMBO FUSO” DEL 2008 A OGGI: “NON È RIUSCITA A ELIMINARE HAMAS, ANZI. LA FORZA DA SOLA NON PUÒ GARANTIRE AGLI ISRAELIANI LA SICUREZZA CHE MERITANO. OGGI A GAZA, CHI NON EVACUA È COLPEVOLE FINO A PROVA CONTRARIA

Estratto dell’articolo di Greta Cristini  per “il Messaggero”

 

Nadav Weiman - ong Breaking the Silence

«La forza da sola non può garantire agli israeliani la sicurezza che meritano. Una risoluzione politica che affronti le radici del conflitto è l'unico modo per difendere i confini e i cittadini di Israele». A oltre sei settimane dall'attacco di Hamas, questa è la lezione che Nadav Weiman, ex soldato delle forze speciali in Cisgiordania e nella Striscia e ora direttore dell'Ong israeliana "Breaking the Silence", ha tratto dopo aver analizzato l'evoluzione della dottrina militare delle Forze di difesa israeliane a Gaza in oltre 10 anni.

 

L'organizzazione che dirige è composta da veterani che hanno prestato servizio nell'esercito sin dalla Seconda Intifada, quella del 2000, e che oggi contestano l'occupazione dei territori palestinesi raccontando al grande pubblico e alle future giovani reclute la realtà quotidiana di una popolazione civile che essi stessi in passato hanno avuto il compito di controllare.

 

soldati israeliani a gaza

Negli anni l'ong ha studiato le testimonianze di molti soldati che hanno combattuto nelle precedenti operazioni a Gaza e ne ha dedotto che le passate campagne militari, a partire dall'Operazione Piombo Fuso nel 2008-2009, sarebbero state condotte secondo due principi fondamentalmente errati. Primo: il «rischio zero per le nostre forze» che dà massima priorità alla sicurezza dei soldati israeliani, anche se ciò può significare trasferire il rischio ai civili non coinvolti nelle ostilità.

 

Secondo: la "dottrina Dahiya" (dal nome del quartiere di Beirut pesantemente bombardato dai jet israeliani nella guerra del Libano del 2006) e che prevede, in un conflitto asimmetrico contro un attore non statale, l'uso di una forza spropositata con danni ai mezzi militari e alle infrastrutture civili in funzione deterrente e in vista del raggiungimento di un periodo di calma futuro.

 

soldati israeliani armi trovate ospedale al shifa a gaza

[…]  Così, spiega il veterano, «per combattere Hamas all'interno delle aree urbane, la presunzione di innocenza che in passato guidava la guerra urbana nell'Idf è stata stravolta e adesso, a Gaza, chi non evacua è colpevole fino a prova contraria».

Non solo.

 

Secondo Weiman, sebbene le passate campagne militari non abbiano affatto dissuaso la furia di Hamas come l'attacco del 7 ottobre ha dimostrato, l'esercito israeliano non ha rimesso in discussione la validità delle sue tecniche di combattimento. «Al contrario, ad ogni nuovo round di violenza, le sue dottrine sono state intese come se raccomandassero un uso ancora maggiore della forza e della potenza di fuoco».

 

Nadav Weiman - ong Breaking the Silence

Alcuni uomini in servizio nelle passate invasioni di terra avrebbero riferito, ad esempio, che «la percezione è che chiunque vedi sia un terrorista», che «chiunque si trovi lì, per quanto riguarda l'esercito, è condannato a morte» e che «ci hanno detto: non dovrebbero esserci civili. Se identifichi qualcuno, gli spari». D'altro canto, in applicazione della dottrina Dahiya, la distruzione di interi quartieri e città indotta dal fuoco continuo e intenso di mitragliatrici, mortai, M16, artiglieria e aviazione servirebbe per l'Idf a raggiungere il secondo scopo, quello di dissuadere il movimento armato nemico dal riprendere le ostilità.

 

soldati israeliani nella striscia di gaza

Impervio dire adesso nel bel mezzo di un'offensiva che per la prima volta dall'inizio delle ostilità si appresta a una tregua se Hamas stia uscendo davvero scoraggiata o se, invece, tenterà il contrattacco. È quello che si chiedono tutti, soprattutto considerando che tra le richieste della milizia come parte dei negoziati vi sarebbe quella di ottenere camion di carburante, imprescindibile tanto per far funzionare le operazioni militari quanto per ventilare la rete di tunnel sotterranei in cui si nascondono i suoi combattenti. […] 

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