A CHI CONVENIVA IL DEPISTAGGIO? – PER ANNI PUBBLICI MINISTERI E CORTI D'ASSISE SONO STATI APPIATTITI SUL VERBO DI VINCENZO SCARANTINO, IL DEPISTATORE CHE HA ALLONTANATO LA GIUSTIZIA DAI COMPLICI NON MAFIOSI DELLA STRAGE CHE HA UCCISO BORSELLINO – UNA VERITÀ CERTIFICATA DAI MAGISTRATI DI CALTANISSETTA CHE, NELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DEL PROCESSO SU VIA D’AMELIO, SOSTENGONO CHE A FAR SPARIRE L’AGENDA ROSSA NON FURONO I MAFIOSI (E ALLORA CHI?)

Estratto dell'articolo di Riccardo Arena per “La Stampa”

 

strage via d'amelio 2

Coniano un neologismo – scarantinizzazione – che è brutto da leggere e da pronunciare, ma è ancora peggio se si pensa al significato che i giudici di Caltanissetta gli attribuiscono: avere consentito a un picciotto di borgata di condizionare la Giustizia, al punto da avere pubblici ministeri e Corti d'Assise appiattiti sul verbo di Vincenzo Scarantino, spacciatore di droga palermitano da due soldi, che inventò dinamiche e responsabilità della strage di via D'Amelio.

[...]

L'AGENDA ROSSA DI BORSELLINO

 

È una sentenza, ma è anche la ricostruzione di un reticolo di imbrogli, inganni, coperture di altissimo livello e interessi inconfessabili, di superficialità, approssimazione, persino carrierismo: è la motivazione della decisione con cui il 12 luglio scorso, il collegio nisseno, presieduto da Francesco D'Arrigo, assolse uno dei tre imputati del depistaggio, l'ispettore di polizia Michele Ribaudo, dichiarando la prescrizione per gli altri due, il dirigente Mario Bo e il vicecommissario Fabrizio Mattei. Segno che per questi ultimi pesa l'ombra del sospetto di avere contribuito all'ordito di una tela di coperture criminali comunque messa su da altri, fra cui l'ex questore Arnaldo La Barbera, all'epoca regista delle indagini e capo del gruppo Falcone Borsellino, morto nel 2002.

PAOLO BORSELLINO

 

«Non vi è dubbio - osserva il collegio nisseno - che La Barbera abbia agito anche per finalità di carriera, dopo essere stato "posato" alla fine del 1992, in corrispondenza con l'arresto di Bruno Contrada». Fu indotto dunque a fare «letteralmente carte false per poter mantenere e accrescere la propria posizione» in polizia «e nell'establishment del tempo».

 

[…]

PALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIO

Quale che sia stato il fine di La Barbera, rimane il fatto che senza la collaborazione di Gaspare Spatuzza il falso pentito Scarantino non sarebbe stato smentito: e questo «deve fare riflettere sulle disfunzioni, sotto il profilo dell'accertamento della verità», emerse «in ben due processi, sviluppatisi entrambi in tre gradi di giudizio», di cui né pm né giudici si accorsero, consentendo lo «sviamento del controllo giurisdizionale». In sostanza «si è assistito al fallimento del sistema di controllo della prova».

 

PAOLO BORSELLINO

Questo però non toglie che qualcuno tramò nell'ombra: perché «il movente dell'eccidio di via D'Amelio certifica la necessità per soggetti esterni a Cosa nostra di intervenire, per alterare il quadro delle investigazioni, evitando che si potesse indagare efficacemente sulle matrici non mafiose della strage». Responsabilità «altre», «che si aggiungono a quella mafiosa», che pezzi deviati dello Stato nascosero col depistaggio. Una vergogna di Stato, mai scoperta, anche perché «il lungo tempo trascorso ha ottenuto il risultato sperato»: con le dimenticanze, vere o costruite ad arte, specie da parte dei «protagonisti di livello apicale di quella stagione».

 

STRAGE DI VIA D'AMELIO - I SOSPETTI CHE HANNO POTUTO TRAFUGARE L'AGENDA ROSSA DI BORSELLINO

Fu depistaggio, dunque, sin dall'inizio, sin da quando venne fatta sparire l'agenda rossa, pochi minuti dopo che era saltata l'autobomba: e il furto non fu opera dei mafiosi ma di una persona dall' «appartenenza istituzionale», un individuo che, «per funzioni ricoperte, poteva intervenire indisturbato in quel determinato contesto spazio-temporale».

 

giovanni falcone paolo borsellino

Era pure un soggetto che «sapeva cosa era necessario/opportuno sottrarre». […]

FALCONE BORSELLINO

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