PIU’ TAMPONI PER TUTTI! DAL VENETO ALLA CAMPANIA, IN MOLTI VOGLIONO AUMENTARLI ANCHE SUGLI ASINTOMATICI A RISCHIO. A BOLOGNA VIA A QUELLI IN AUTO MA BRUSAFERRO (PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’) E’ SCETTICO: “NON SONO L'ARMA DECISIVA”. MENTRE IN TOSCANA... - LA APP CHE PERMETTE DI TRACCIARE IN TEMPO REALE I MOVIMENTI DELLE PERSONE POSITIVE AL CORONAVIRUS. MA C’E’ IL NODO PRIVACY
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Più tamponi, anche per gli asintomatici a rischio, ma non per tutti. Dopo giorni di discussioni e dibattito, la linea che sembra prevalere nelle decisioni di molte Regioni è questa. Le posizioni scientifiche sono diverse, spesso contrapposte, ma le richieste di molti esperti vanno nella direzione di aumentare il numero dei test effettuati, senza arrivare allo screening di massa.
La linea del Comitato tecnico-scientifico e del governo continua invece a essere quella di effettuare i tamponi ai sintomatici. Lo spiega bene il presidente dell' Istituto superiore della sanità, Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa quotidiana: «I test non sono l' arma decisiva, danno solo una visione istantanea, del momento. Non ci sono scorciatoie: oggi la battaglia si vince con i nostri comportamenti».
Sulla linea del Veneto si stanno schierando diverse regioni, dalla Toscana all' Emilia-Romagna, alla Campania. Ma il governatore Luca Zaia sembra frenare: «Non ho mai detto che facciamo tamponi a tutti. Ho detto che li faremo secondo criteri epidemiologici, partendo dagli addetti alla sanità». C' è una questione di costi, che però il governatore riassume così: «Un tampone costa 18 euro e una persona in terapia intensiva costa circa 3 mila euro al giorno». La Sicilia valuta se fare il tampone, nei prossimi giorni, ai 35 mila tornati dal Nord.
Sull' aumento del numero dei test si fanno sentire le categorie, a partire da medici e infermieri. Spiega Giorgio Palù, virologo dell' Università di Padova e già presidente della Società europea di virologia: «Fare 10 mila test nelle microbiologie vorrebbe dire distogliere da altre esigenze, come le infezioni gravi, le setticemie e le meningiti. Andrebbero fatti test mirati: al personale sanitario e a chi non può star chiuso in casa, come le forze dell' ordine, dipendenti pubblici, negozianti. E poi anziani e immunodepressi». Per Palù è inutile uno screening di massa per gli asintomatici: «No, meglio i test che misurano gli anticorpi, come fanno in Cina. Solo così si capisce la tendenza.
Costano poco e se ne possono fare molte migliaia al giorno». Ma il comitato dice no ai test rapidi, «inaffidabili rispetto ai tamponi rino faringei». Anche se c' è da segnalare, lo fa Brusaferro, il fenomeno dei «falsi negativi», persone positive che risultavano negative al test. Ogni asintomatico, spiega Zaia, può infettare anche dieci persone. Secondo uno studio condotto da un gruppo di infettivologi e pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, una persona su dieci si infetta entrando in contatto con un asintomatico. Impossibile però individuarli tutti, se il virus assume dimensioni importanti.
E una volta fatto il test, non essendoci terapie, l' unico rimedio sarebbe mandare in quarantena i positivi e chi è entrato in contatto. Ma in quarantena dovremmo essere tutti, già ora, senza bisogno di test. Per questo molti specialisti pensano che lo screening di massa ora sia improprio. Si cita spesso il caso della Corea del Sud, dove sono stati fatti 300 mila test, senza misure restrittive per i sani. Ma Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e rappresentante all' Oms, precisa: «Anche in Corea sono stati fatti tutti a soggetti sintomatici».
A Bologna si sperimenta il drive-through , metodo usato in Corea e in Australia, con il test effettuato in automobile.
Il presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, assicura che alcune aziende si stanno attrezzando per riconvertirsi e produrre tamponi. In una petizione firmata #FuoriDalBuio 1.500 tra medici, docenti e imprenditori chiedono che vengano autorizzati tutti i laboratori tecnicamente capaci di fare i test e quindi di aumentare la capacità diagnostica.
tamponi on the road coronavirus
Ci sono centri privati, come il Centro medico Santagostino, pronti a fornire tamponi, se autorizzati. L' amministratore delegato, Luca Foresti, annuncia: «Abbiamo anche realizzato un' app che permette di tracciare in tempo reale i movimenti delle persone positive al coronavirus, di avvertire chi è entrato in contatto con loro ed è quindi a rischio contagio e di individuare sul nascere lo sviluppo di possibili nuovi focolai. Il tutto in modo assolutamente anonimo». Cina, Corea e Israele usano droni, robot e cellulari per tracciare gli spostamenti. Ma è polemica sull' utilizzo della tecnologia e rischi su privacy e derive antidemocratiche.
2 - «PRESTO 5 MILA AL GIORNO MA SU CHI RISULTA POSITIVO DOPO I PRELIEVI DI SANGUE»
Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”
Ai tamponi, come arma per combattere la battaglia contro il coronavirus, il governatore Enrico Rossi ci crede eccome. «Sono insostituibili e in Toscana siamo stati i primi a utilizzarli anche nelle persone asintomatiche. Ne stiamo facendo duemila al giorno e pensiamo di salire a breve a quota cinquemila. Ma non ci facciamo illusioni: non li possiamo fare a tutti».
coronavirus corea del sud tamponi a tutti
Però ci sono suoi colleghi che parlano di allargare l' esame a tutta la popolazione regionale...
«Stiamo incrementando l' uso dei tamponi e spingendo al massimo per aumentarne la produzione facendo anche accordi con privati. Abbiamo costituito unità speciali ogni 30 mila abitanti che operano su segnalazione dei medici di famiglia. Stiamo inoltre aumentando il numero di laboratori per questo tipo di analisi che da tre sono diventati cinque e presto saranno nove. Ma allo stesso tempo dubitiamo di chi promette tamponi per tutti. Questo significherebbe una potenza di intervento da parte del servizio sanitario inimmaginabile. Non riesco proprio a capire come si possa analizzare un numero altissimo di tamponi al giorno quando per ognuno servono dalle 4 alle 7 ore di analisi, si provocherebbero gravi rallentamenti ai laboratori. E dunque, dopo aver ascoltato gli esperti, in Toscana abbiamo elaborato una nuova strategia di screening pur continuando a fare più tamponi possibili».
Un nuovo metodo per individuare eventuali positivi?
«Sta per partire un grande programma di screening di massa con test sierologici, cioè con esami del sangue più veloci e semplici da effettuare. Abbiamo ordinato 500 mila kit, i primi arriveranno dalla Cina che li ha già sperimentati con successo. Il test sierologico individua quella parte della popolazione che ha avuto un contatto con il virus entro una settimana e ha sviluppato gli anticorpi. Alcuni sono asintomatici, altri hanno manifestato sintomi lievi. Però possono infettare e dunque è importante individuarli. Inizieremo con il personale sanitario, poi passeremo anche al resto della popolazione».
E i tamponi?
«Li utilizzeremo sulle persone risultate positive al test sierologico, quello del sangue per capirci: saranno messe in isolamento e dunque non potranno infettare altri soggetti.
Dunque un doppio esame per avere dati ancora più esatti e approfonditi».
Quando inizierete?
«Appena arriveranno i primi kit dalla Cina, credo entro questo fine settimana. Poi arriveranno anche i kit italiani».
Test italiani per individuare i positivi al Covid-19?
«Certamente. In Toscana, a Siena, abbiamo un incubatore di ricerca molto importante nel settore farmaceutico. E un' impresa, si chiama Ds, Diagnostica Senese, che anche con finanziamenti della Regione sviluppa test e fa ricerca con l' Istituto Spallanzani. Stamani (ieri per chi legge, ndr ) ho parlato con Massimiliano Boggetti, amministratore delegato di Ds, che si è detto disponibile a produrre test per la Toscana da usare nello screening».
Presidente, ma i positivi asintomatici che non potranno stare a casa, dove trascorreranno l' isolamento?
«Negli alberghi sanitari. Abbiamo appena firmato un' intesa con gli albergatori che hanno messo a disposizione migliaia di camere nelle quali possiamo ricoverare queste persone. Garantiremo assistenza, vitto e alloggio».
Poi c' è il problema delle terapie intensive...
«Che la Toscana credo abbia risolto. Negli ultimi 15 anni i posti letto nelle nostre terapie intensive sono aumentati di un terzo: da 340 a 447. Ora, con un investimento di 20 milioni, arriveremo a 845 posti che mettiamo a disposizione dell' intero Servizio sanitario nazionale e non solo per la nostra Regione. Rispettando così un principio etico e giuridico che riteniamo categorico. Fortunatamente il coronavirus non aggredisce tutti allo stesso momento».