LA POLITICA È FINITA, ANDATE IN PACE - FULVIO ABBATE SI MUOVE SCONSOLATO TRA BATTUTE, MEME E CITAZIONI CHE GIUNGONO DALL’INESAURIBILE CATALOGO DELLA PACCOTTIGLIA SUBCULTURALE: “SONO AMICO E STIMO ELIO E LE STORIE TESE EPPURE AVER LETTO CHE IL LEGHISTA BAGNAI, PARLANDO DELL’ESECUTIVO IN BILICO DI GIUSEPPE CONTE, LO ABBIA DEFINITO: “GOVERNO DAI PIEDI DI BALSA CHE CAMPA SU UNA STORIA FALSA” O GIÙ DI LÌ, CONFESSO DI AVERLO TROVATO DEVASTANTE, LA CONFERMA DI UN ANALFABETISMO DIFFUSO…”
Fulvio Abbate per "www.huffingtonpost.it"
Da laureato in filosofia (dunque, filosofo dilettante), certi giorni, devastato dallo sconforto, mi viene quasi da piangere. Ho la sensazione infatti che l’intera storia del pensiero, ergo d’ogni scienza legata al sapere e alla conoscenza, cioè alla gnoseologia, stiano per svanire di fronte alla semplificazione da baretto pop, da “stuzzicheria”. O magari la dissoluzione è già avvenuta, e personalmente ne colgo solo il precipitato ultimo.
Come accade agli aerei abbattuti dalla contraerea. Così tra battute, meme e citazioni che giungono dall’inesauribile catalogo dell’amatissima paccottiglia subculturale. Percepita come avvincente, rassicurante, pronta a colmare ogni dubbio circa l’essere il non essere e il divenire. E gli strumenti stessi in possesso d’ogni individuo. Sia rispetto all’umano ordinario sia rispetto a ogni questione politica. Quanto all’arte, sembra ormai legittimarsi unicamente nella sua accezione glamour; ma ora non è il caso di scantonare anche nell’estetica.
In questo senso, non sembri un riferimento improprio, abbiamo comunque l’obbligo di detestare il lascito di Andy Warhol, l’artista che nell’ideale ex voto della già citata semplificazione dialettica, campeggia in alto circonfuso di luce, lì fisso a far le veci da ogni possibile Maria Immacolata. Pronto ad affermare la tautologia del, perdonate l’apparente volgarità, “… e ‘sti cazzi?” (cit.) implicitamente sempre più chiamata in causa ogni qualvolta c’è da sciogliere un nodo complesso. In assenza di Warhol, infatti, il linguaggio stesso oggi non mostrerebbe le voragini di molti suoi penosi, tautologici, significanti, cascami di citazioni ordinarie, a buon mercato.
meme sulla crisi di governo mattarella e conte
Sono amico e stimo Elio, le leggendarie sopracciglia delle Storie Tese, eppure avere letto che il leghista Bagnai, parlando dell’esecutivo in bilico di Giuseppe Conte, lo abbia definito: “Governo dai piedi di balsa che campa su una storia falsa” o giù di lì, confesso di averlo trovato devastante, la conferma di un analfabetismo diffuso che viene colmato dal ricorso a un repertorio ordinario. Non dico che dovesse citare, che so, un remoto Cesare Merzagora o piuttosto Thomas Hobbes o chissà quale altro cinto erniario del pensiero politologico, mettendo così a rischio la propria attendibilità presso l’ampio pubblico di nutrie che seguono il “campionato” e il “calcio-mercato” della politica, resta però che tutto questo si presenta come la prova ulteriore dell’abominevole precipizio della semplificazione, pronta a negare l’esistenza della memoria culturale stessa.
meme sulla crisi di governo conte versione di caprio
Lo stesso vale per un grillino, Di Nicola, che, restando in tema di governo, attinge al catalogo di Vasco Rossi accennando al suo tentativo di trovare un senso a questa crisi, “ma un senso questa crisi non ce l’ha”. Altri ancora hanno mostrato il proprio spessore come il leghista Centinaio che sempre riferendosi al premier Conte e al suo Governo: “Lei mi sembra l’Arturo Brachetti della politica, quell’illusionista che si cambia d’abito alla velocità della luce. Poi ieri ascoltando il suo intervento alla Camera mi è venuto in mente quando ero bambino, c’era la pubblicità di un giocattolo: i Playmobil. Questa pubblicità che diceva mille vite Playmobil, con un omino potevi fare tanti personaggi”.
Ora capite il perché Warhol deve essere ritenuto l’ispiratore-mandante morale di questo grado zero della possibile citazione? E lo stesso vale per Giorgia Meloni, che aveva invece paragonato Conte a un Barbapapà. Lo stesso grado zero che ha reso celebre il lessico di un film quale “Amici miei”, pellicola dallo stesso Monicelli ritenuta non meritevole del successo ottenuto.
Tuttavia il picco massimo, lo scoglio, e qui qualcuno penserebbe a una canzone di Mogol- Battisti (d’altronde, anche le Brigate Rosse, nonostante quell’insostenibile bagaglio leninista, in un loro “comunicato” citarono “le discese ardite e le risalite”, quindi in cosa vogliamo sperare?), lo scoglio peggiore su cui si infrange ogni nostra speranza di sussistenza della filosofia coincide con l’abuso plebiscitario dell’espressione “rosicare” in tutte le sue declinazioni, peggio ancora quando si attesta nell’esperanto romanesco redazionale e insieme social: “… sta a rosicà!”, “… rosicone”, “… che rosicamento” ecc.
GIORGIA MELONI E IL VIDEO CON IL PESCE
La semplice evenienza che in luogo delle forme lessicali degradate nella prosaicità da tavernetta si possa invece citare, metti, un Gaetano Salvemini o perfino un Emanuele Severino, appare ormai risibile a un uditorio attestato sulla linea del bagnasciuga dei “cazzari”, salvo dover ricorrere a necessaria nota a piede di pagina per colmare le lacune dell’analfabetismo adulto diffuso. Vorrà pur dire qualcosa il ricorso da parte di molte principali rubriche politiche giornalistiche a “Le più belle frasi di Osho”?
meme sulla crisi di governo conte non schioda
Acme massima, almeno ai nostri occhi, di una insostenibile semplificazione qualunquistica che vede ogni risata accompagnarsi a una mano tenuta rigorosamente sul “pacco”. Di fronte a ogni meme di Osho l’intera storia del pensiero, della filosofia, e della satira stessa, svanisce, muore, innalzando semmai al suo posto la sagoma spettrale di una sala-corse h24. P.S. E anche tutto questo gran parlare sui guanti artigianali di Bernie Sanders risponde al medesimo pietoso vaniloquio.
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