GIAN ANTONIO STELLA UCCELLA I PROF CHE FRIGNANO PER IL TRASFERIMENTO AL NORD: ''GLI STUDENTI SONO LI'. SPOSTIAMO LORO AL SUD?'' - PASCOLI ANDO' A MATERA ED IL PADRE DI MONTANELLI A NUORO - AL NORD MANCANO 17 MILA INSEGNANTI. AL SUD CE NE SONO 16.500 DI TROPPO...
Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”
Allora: spostiamo gli studenti al Sud? A leggere certi strilli sulla «deportazione» dei docenti meridionali al Nord cadono le braccia. Certo, è possibile che il famigerato «algoritmo» che ha smistato maestri e professori abbia commesso errori. E vanno corretti.
Ma i numeri sono implacabili: 8 insegnanti su 10 sono del Mezzogiorno però lì c' è solo un terzo delle cattedre disponibili. Non per un oscuro complotto anti meridionalista: perché gli alunni delle «primarie» e delle scuole di I° grado sono oggi mezzo milione in meno di vent' anni fa.
Lo studio capillare che spazza via certi slogan urlati in questi giorni è di Tuttoscuola .
Che grazie a un monitoraggio capillare, nome per nome, regione per regione, dimostra: «Solo il 37% degli studenti italiani risiede al Sud, Isole incluse (18 anni fa era il 47%); mentre ben il 78% dei docenti coinvolti in questa tornata di trasferimenti è nato nel Meridione».
Risultato: la scuola italiana è come una «grande nave con un carico molto più pesante a prua (il Nord del Paese), che fa scivolare gradualmente verso quella prua una quota crescente del personale, collocato in misura preponderante a poppa (al Sud)». E non c' è algoritmo che, quella nave, possa raddrizzarla. Almeno in tempi brevi.
Il guaio è che, prima ancora della frana 2013/2015, con più morti che nascite come non accadeva dalla influenza spagnola del 1918, il Sud subisce da tempo un' emorragia demografica. Conseguenza: «Meno studenti, meno classi attivate, meno personale docente. Confrontando i dati degli alunni iscritti nelle scuole del primo ciclo nel 1997-98 con quelli degli anni successivi, risulta una flessione costante». Nel '97-'98, ad esempio, gli iscritti meridionali alle materne, alle elementari e alle medie erano 2.032.338 cioè il 46,6% del totale nazionale.
Quest' anno 1.586.589, pari al 37,5%. Quasi mezzo milione, come dicevamo, in meno.
Contro un aumento parallelo di 320.809 alunni al Nord. Di qua +14%, di là -22%.
Va da sé che l' equilibrio domanda e offerta ne è uscito stravolto. E questo «squilibrio», prevede la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra, sarà registrato «per altre migliaia di professori della secondaria di II grado».
È la conferma che «il Mezzogiorno, da decenni avaro di posti di lavoro, privilegia come valvola di sfogo occupazionale l' insegnamento, mentre i giovani delle altre aree territoriali sembrano non prioritariamente interessati a questa professione, grazie forse a più favorevoli offerte di lavoro locali».
Problema: non c' è bicchiere capace di contenere un litro d' acqua. I docenti meridionali sono 30.692 ma i posti a disposizione al Sud sono 14.192: «Come possono 14.192 sedi accogliere 30.692 insegnanti? Neanche Einstein avrebbe potuto inventare un algoritmo in grado di risolvere un' equazione simile».
Maestri e professori «in eccedenza» nel Mezzogiorno sono complessivamente 16.500, quelli che mancano al Centro-Nord 17.628. Di qua quasi il 67% in meno, di là quasi il 54% di troppo. Con addirittura un picco del 64,3% di insegnanti in eccesso in Sicilia. La quale copre da sola oltre un terzo dei docenti costretti ad andarsene dalla propria regione.
Capiamoci: come dicevamo, e come sono stati costretti ad ammettere la stessa Stefania Giannini o Davide Faraone, l' algoritmo usato per distribuir le cattedre in base a vari parametri (anzianità di servizio, titoli, specifiche esigenze familiari...) «incrociati» con l' ordine delle province preferite (ogni docente poteva metterne in fila cento, dalla propria a quella più lontana o più scomoda da raggiungere) può aver commesso errori.
Anzi, vere e proprie ingiustizie che hanno premiato qualcuno a danni di altri. E quelle ingiustizie, come dicevamo, vanno riparate. Partendo dalla massima trasparenza chiesta a gran voce da chi contesta le graduatorie.
Mediamente, spiega Tuttoscuola , «soltanto il 38% di docenti meridionali ha trovato sede nella propria regione, mentre il 62% è rimasto fuori. Al contrario, il 74% dei docenti nati nel Centro-Nord è rimasto nella propria regione».
Colpa di quella nave sbilanciata a prua. Ma se un pugliese finisce in Sicilia e un siciliano in Puglia, dato che non pesava il merito professionale ma solo l' algoritmo, poteva probabilmente esser fatto di meglio.
Ed è vero che, in cambio del posto fisso, viene chiesto a molte persone non più giovani, dopo anni di supplenza, con figli e famiglie radicate, un sacrificio pesante. A volte pesantissimo.
Detto questo, le urla contro «la deportazione coatta», i lamenti per «una misura indecente e inaccettabile», le denunce degli «esiti nefasti della mobilità nella scuola», gli appelli contro «l' esodo biblico», sono esasperazioni che si rifiutano di tener conto di un dato di fatto: non potendo spostare scuole e studenti, devono spostarsi i docenti.
Come accettò di andare a insegnare in un liceo dell' allora lontanissima Matera Giovanni Pascoli. O dell' ancor più lontana Nuoro Sestilio Montanelli, che si portò dietro tutta la famiglia, a partire dal nostro Indro. E centinaia di migliaia di altri docenti.
Consapevole oggi dei disagi, dei problemi, dei drammi familiari, però, il governo potrebbe cogliere l' occasione, come invita Tuttoscuola , per dare una svolta alla scuola meridionale, marcata dall' altissima dispersione e da «scadenti risultati nei test Invalsi e Pisa». Alla larga dall' assistenzialismo, ma vale davvero la pena di tener aperte le scuole meridionali, incentivare il tempo pieno, puntare sull' istruzione.
Soprattutto nelle aree a rischio.