UN INSOLITO TRANS TRANS – ALLARME NELLE CARCERI DEL REGNO UNITO: NEGLI ULTIMI TEMPI PRIGIONIERI TRANSGENDER HANNO COMPIUTO BEN SETTE ASSALTI CONTRO DONNE, CON CUI CONDIVIDEVANO LA STESSA CELLA – OLTREMANICA I TRANSESSUALI POSSONO SCONTARE A PENA IN UN CARCERE FEMMINILE, PER EVITARE LE "INSIDIE" DI QUELLO MASCHILE. I GIUDICI ACCONSENTONO PERCHÉ TEMONO LE REAZIONI DELLA COMUNITÀ LGBT. E IN ITALIA…
Patrizia Floder Reitter per “la Verità”
Se a fine luglio dovesse passare il disegno di legge contro l' omotransfobia a firma del piddino Alessandro Zan, scenari come quelli descritti dal Daily Mail saranno l' ennesima mostruosità con la quale convivere anche nel nostro Paese. Pochi giorni fa, il giornale inglese riferiva che negli ultimi tempi prigionieri transgender hanno compiuto ben sette assalti sessuali contro donne, con le quali condividevano la stessa cella.
Nel Regno Unito, infatti, dal 2016 è consentito scontare la pena in un istituto penitenziario femminile quando rinneghi il tuo essere uomo e rivendichi un sesso diverso da quello biologico. Dichiari che non puoi stare in un carcere maschile perché vuoi trasformarti in donna e subiresti violenze, i giudici generalmente danno ascolto.
Accade, però, che non tutti i maschioni insoddisfatti del proprio irrequieto gender si plachino nelle vesti femminili, ma ritornino a essere attratti dalle donne. In una cella, per le altre detenute questo diventa un dramma. Già nel 2017 Karen White, stupratore e pedofilo, dopo aver ottenuto di entrare nel carcere femminile di New Hall, nel West Yorkshire, anche se non aveva subìto alcun intervento chirurgico, dimostrò che era ancora legalmente un uomo violentando due compagne di prigionia. L' ex ministro delle carceri Rory Stewart ha riferito di «situazioni di detenuti maschi che si identificano come femmine e poi violentano il personale in prigione».
Eppure le richieste dei transgender continuano a essere accettate, lo scorso anno sette su quattordici ottennero di finire in un carcere femminile. Capita anche che un giudice si trovi spiazzato, davanti a un uomo che strilla di essere donna ma non può dimostrarlo e per questo decida di lasciarlo in libertà.
Sempre nel regno di Sua Maestà Elisabetta II, il pregiudicato tossicodipendente e transgender Leila Le Fey, 40 anni e una cinquantina di condanne accumulate nella sua esistenza di maschio violento e insoddisfatto, lo scorso novembre venne arrestato per aver minacciato con un martello da carpentiere il personale di un negozio di liquori a Brighton. Voleva far scorta di super alcolici, si era seccato perché gli avevano chiesto di pagare il conto e ha reagito con rabbia brandendo l' arma definita «terrificante» dal giudice Stephen Mooney, che a febbraio l' aveva condannato a sei mesi di carcere.
Dopo un' ora ci ha ripensato e sospeso la sentenza perché l' avvocato del bruto sosteneva che Le Fey non aveva ancora ottenuto il certificato di riassegnazione del genere, quindi sarebbe stato mandato in un carcere maschile. Si poteva procedere a una visita fisica, ma venne considerata un' opzione «non dignitosa». Il giudice Mooney ha preferito dichiarare che «erano sorti problemi» e forse temendo un linciaggio mediatico da parte della comunità Lgbt, ha giustificato il cambio della condanna in 30 sedute di riabilitazione con una sconcertante ammissione: «Viviamo in una società che riconosce e abbraccia la diversità e consente e incoraggia le persone a vivere la vita che vogliono».