I MEDICI SI SO' ROTTI IL CAZZO: "E' AVVILENTE VEDERE CHE CI SONO PERSONE CHE NON HANNO CAPITO L'IMPORTANZA DELLA VACCINAZIONE" - NEI REPARTI COVID DEGLI OSPEDALI CRESCE L'INSOFFERENZA DEL PERSONALE SANITARIO VERSO I RICOVERATI NO VAX - MASSIMO GIRARDIS, DIRETTORE DELLA TERAPIA INTENSIVA A MODENA: "INFERMIERI E MEDICI NON SI RASSEGNANO A VEDERE GENTE CHE SI COMPORTA COSì. QUI ABBIAMO AVUTO OLTRE 500 PAZIENTI IN TERAPIA INTENSIVA"
Chiara Baldi e Franco Giubilei per “La Stampa”
L’aria che si respira nei reparti Covid italiani trasuda l’insofferenza crescente del personale sanitario, già messo a durissima prova da diciotto mesi di pandemia, verso i pazienti no vax costretti al ricovero dopo essersi rifiutati di vaccinarsi.
Un clima che, come osserva il direttore della Terapia intensiva del Policlinico di Modena, Massimo Girardis, potrebbe pure sfociare in episodi spiacevoli: «Soprattutto fra gli infermieri c’è una sorta di sentimento difficile da gestire, perché non capiscono il comportamento di questi pazienti. Rivivono una grande sofferenza fisica ed emotiva, non si rassegnano a vedere gente che si comporta così. Non mi meraviglierei se ci fosse qualche screzio fra malati e curanti. Il personale viene da un anno e mezzo di lavoro pesantissimo, qui abbiamo avuto oltre 500 pazienti in terapia intensiva».
L’insofferenza degli operatori
CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA
Oggi a Modena nove ricoverati in intensiva su dieci non sono vaccinati, circostanza che alimenta l’insofferenza degli operatori. L’anestesista spiega che quanti sono costretti a rivolgersi al suo reparto oggi si dividono in due gruppi: «Indecisi che aspettano fino all’ultimo di vaccinarsi e arrivano qui molto spaventati e un 30% di negazionisti che pensano sia un complotto per vendere farmaci. Questi ce li ritroviamo in ospedale quando non ce la fanno più a respirare».
Al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, il direttore del «Covid intensive care» Andrea Zanoni riferisce di nove pazienti su dieci non vaccinati in terapia intensiva: «Le persone che approdano qui o hanno addosso l’angoscia, oppure sono informati in modo molto grossolano: quando proponiamo la terapia o l’intubazione, si oppongono.
Solo quando non respirano più giungono a più miti consigli, ma c’è una presunzione nel conoscere le cose anche fra i parenti. Vorrebbero fosse dato il plasma iperimmune o gli anticorpi monoclonali e piantano grane». Parla di «nervosismo, perché la loro libertà di non vaccinarsi lede la nostra».
Stesse sensazioni all’ospedale di Parma, dove se la videro bruttissima durante la prima ondata pandemica: «Nei reparti siamo tutti stanchi, anche perché i tre pazienti in terapia intensiva, così come i sette in semi-intensiva, sono tutti non vaccinati - spiega Sandra Rossi, direttrice di Anestesia e rianimazione -. Poi ci sono quelli che come ultima cosa prima di essere intubati ti dicono “se mi vaccinate vi denuncio”.
E poi c’è molta gente superficiale che alla domanda sul perché non si è vaccinata risponde che preferiva aspettare, o che doveva farsi un viaggio in Spagna». Fra gli operatori sanitari non siamo all’aperta ostilità, «ma all’insofferenza sì».
Giovanni Migliore, direttore generale del Policlinico di Bari e presidente della Federazione aziende ospedaliere e sanitarie italiane, sottolinea un aspetto: «Abbiamo calcolato che, per ogni paziente in terapia intensiva in meno, avremmo risorse per dieci sedute operatorie. Se con il vaccino avessimo i nove decimi di malati in meno, potremmo impiegare le risorse in modo diverso».
All’ospedale Sacco di Milano la situazione peggiora di giorno in giorno e per accogliere i pazienti Covid si è dovuto riconvertire un reparto. «Nell’85% dei casi si tratta di malati non vaccinati per scelta», spiega l’infettivologo Amedeo Capetti. «Alcuni sono anche molto gravi». Anche all’ospedale di Crema, in prima linea già a marzo 2020, è tornata l’angoscia.
«Eravamo diventati Covid-free, poi da qualche giorno abbiamo tre pazienti in terapia sub-intensiva, tutti con il casco. Due non sono vaccinati e uno ha una sola dose. Il quarto, un 84enne, è morto: anche lui non era vaccinato», racconta il direttore sanitario Roberto Sfogliarini. «È avvilente vedere che ancora ci siano persone che non hanno capito l’importanza della vaccinazione».
Obbligo vaccinale necessario
A Bergamo, il direttore sanitario del Papa Giovanni XXIII Fabio Pezzoli è ancora più duro: «Chi sta fuori a fare campagna contro i vaccini dovrebbe vedere cosa sta succedendo nei reparti». Oggi la sua struttura ospita 14 pazienti di cui 11 senza neanche una dose, «numeri sconfortanti». In Liguria, a fronte di 13 positivi in rianimazione, il 90% è no vax.
«La fascia più ostinata è quella tra i 50 e i 70 anni, infatti l’età media dei ricoverati è 61 anni. Curare loro, che avrebbero potuto evitare il ricovero, ci obbliga a sottrarre forze a tutte le altre cure», spiega Angelo Grattarola, coordinatore del dipartimento emergenza regionale. Che rimpiange l’obbligo vaccinale: «Lo abbiamo per tanti altri vaccini ma non per quello contro il Covid, che è stata una tragedia sanitaria, economica e sociale. È incomprensibile».