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“LA FRAGILITÀ MENTALE HA BISOGNO DI RETI STRUTTURATE. L’AMORE DELLA FAMIGLIA NON BASTA” – IL SENATORE DI FORZA ITALIA, MARIO OCCHIUTO PARLA DEL “MALE INTERIORE” DEL FIGLIO FRANCESCO, CHE SI È UCCISO LANCIANDOSI DALLA FINESTRA DELLA SUA CASA: “PORTAVA UN PESO CHE NESSUNO POTEVA VEDERE. HA COMBATTUTO UNA BATTAGLIA SENZA FAR TRAPELARE NULLA ALL’ESTERNO” – IL 30ENNE SI ERA LAUREATO IN PSICOLOGIA: “LEGGEVA MOLTISSIMO, CERCAVA RISPOSTE DENTRO SÉ STESSO. VOLEVA CAPIRE, FORSE ANCHE SALVARSI” – “AI GENITORI CHE SI TROVANO IN QUESTE SITUAZIONI DICO DI LOTTATE PER I PROPRI FIGLI, MA NON DI NON FARLO DA SOLI”
Estratto dell’articolo di Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”
Cosenza Un lungo post per ricordare il figlio Francesco, 30 anni, psicologo, morto sei giorni fa, precipitando dalla finestra della sua abitazione. Il senatore di Forza Italia Mario Occhiuto ha voluto descrivere le qualità di un figlio «speciale» che ha combattuto in silenzio «una battaglia interiore senza far trapelare nulla all’esterno».
Senatore, perché Francesco ha lottato in solitudine contro il suo dramma umano?
«Francesco era un ragazzo straordinario: dolce, brillante, sensibile. Aveva tutto: una famiglia che lo amava, una carriera avviata, tanti sogni da realizzare. Eppure, dentro di sé, portava un peso che nessuno poteva davvero vedere».
Quando ha colto i primi segnali del suo disagio?
«Nel tempo. Una volta mi disse: “Papà, io sogno a occhi aperti e immagino di essere un supereroe”. La presi come una fantasia giovanile, gli dissi che lo facevo anche io da ragazzo. Ma per lui non era un semplice gioco della mente, era qualcosa che scavava più in profondità. Studiava psicologia, leggeva moltissimo, cercava risposte dentro sé stesso. Voleva capire, aiutare. Forse anche salvarsi».
Da psicologo gli è stato difficile comprendere sé stesso?
«Sì. Secondo me conoscere la mente umana non significa automaticamente sapersi salvare. Capire gli altri è più semplice che guardarsi dentro».
Francesco era uno studioso: si era appassionato alla psicologia.
«Si è laureato a Bologna e aveva superato l’esame di abilitazione con il massimo dei voti. Da poco aveva ottenuto un contratto di ricerca all’Università di Roma. Ogni traguardo era una vittoria contro la sua fatica interiore».
[…]
Francesco era consapevole del suo disagio?
«Era circondato da affetto, aveva tanti amici, ma sapeva di essere diverso. Un giorno mi confidò: ”Papà, forse alcuni mi vedono distante, chiuso, ma nessuno immagina che il mio è un malessere interiore. Nessuno sa quanto sto lottando”. Non credeva nei farmaci, come unica soluzione. Diceva che la scienza aveva fatto progressi enormi per le malattie del corpo, ma ancora troppo poco, quasi niente, per quelle della mente. Credeva nella psicologia, nel potere dell’ascolto, nella terapia».
Disponibile verso gli altri.
«Voleva essere lui ad aiutare gli altri. Eppure, quando è arrivato il momento più difficile, nemmeno tutto il suo sapere lo ha salvato».
L’ultima cosa che vi siete detti?
«Le ultime parole tra noi sono state una supplica a non perdere la speranza. Gli dicevo che il malessere che stava vivendo in questo momento era temporaneo e dovuto alla sospensione troppo veloce dei farmaci; che si sarebbe stabilizzato in pochi giorni, che i dottori dicevano che era solo questione di tempo».
Invece?
«Lui non riusciva più a vedere via d’uscita. La crisi in atto aveva già strutturato un pensiero ossessivo. Le mie parole non lo hanno raggiunto, non sono riuscite a fargli vedere uno spiraglio di luce. E questa è la cosa più dura da accettare. Come può una persona così intelligente, così piena di sogni, essere travolta da un solo pensiero?».
La famiglia, gli affetti, gli amici, lo studio. Cos’altro è importante in questi casi?
«Pensiamo sempre che l’amore di una famiglia basti.
Ma la verità è che, a volte, non è sufficiente. L’affetto, la vicinanza, il supporto sono fondamentali, ma chi soffre di una fragilità mentale ha bisogno di molto di più: sistemi strutturati, reti di sostegno, di cure che non si attivino solo nell’emergenza. Oggi la salute mentale è ancora considerata un argomento marginale».
Cosa si sente di dire ai genitori che si trovano in queste situazioni?
«Lottate per i vostri figli, ma non fatelo da soli» .