
MA LO SAPETE CHE OGNI GIORNO VENGONO PUBBLICATI PAPER SCIENTIFICI FARLOCCHI? LA PRODUZIONE SCIENTIFICA, ORMAI BULIMICA, CONTA 119MILA ARTICOLI A SETTIMANA PER SEI MILIONI DI SCRITTI L’ANNO TRA CUI SI ANNIDANO ARTICOLI REDATTI DAI “PAPER MILL”, ORGANIZZAZIONI CHE PRODUCONO TESTI FASULLI PER POI VENDERLI A RICERCATORI SENZA SCRUPOLI CHE SE NE INTESTANO LA PATERNITÀ IN CAMBIO DI SOLDI – UNA MACCHINA ALIMENTATA DA UN SISTEMA DI MERITO FALLIMENTARE: NELLE UNIVERSITÀ VA AVANTI SOLO CHI PUBBLICA E…
Estratto dell’articolo di Simone Valesini per www.wired.it
Il numero di paper scientifici fraudolenti che vengono pubblicati ogni giorno su riviste scientifiche più o meno credibili è in continuo aumento.
[…]
E gli effetti iniziano a farsi sentire concretamente, come documenta un’indagine realizzata da Frederik Joelving, editor del sito Retraction Watch, e dagli informatici Cyril Labbé – dell’università di Grenoble-Alpes – e Guillaume Cabanac – dell’istituto di ricerca informatica di Tolosa – descritta negli scorsi giorni su The Conversation.
[…] Quel che descrivono i tre ricercatori nel loro articolo è una situazione prossima al punto di non ritorno. Una produzione scientifica bulimica, alimentata dal fenomeno – mai risolto – del publish or perish (la necessità di pubblicare il più possibile per fare carriera nelle università), produce ormai a livello globale 119mila articoli a settimana, sei milioni l’anno. In questo ecosistema sempre più competitivo, in cui ormai la quantità conta spesso molto più della qualità, fioriscono da anni quelle che in inglese vengono definite paper mill, o fabbriche di articoli scientifici: organizzazioni che producono e pubblicano articoli fasulli, e permettono a ricercatori senza scrupoli di comprarne la paternità, in cambio di denaro.
Il risultato? Stando ai dati forniti dagli stessi editori delle riviste scientifiche, almeno il 2% delle ricerche che vengono sottoposte per la pubblicazione ogni anno è probabilmente fasullo. Non parliamo delle ricerche effettivamente pubblicate, è vero, ma un tale volume di fuoco da parte dei paper mill ha necessariamente delle conseguenze anche sulla letteratura scientifica: ad oggi sono circa 55mila articoli ritirati da riviste peer reviewed, e si stima che quelli fraudolenti ancora pubblicati potrebbero essere diverse centinaia di migliaia.
I paper mill non sono un fenomeno recente, visto che il primo articolo ritirato attribuibile a una simile organizzazione nei database di Retraction Watch risale al 2004. Ma negli ultimi anni hanno guadagnato terreno sempre più velocemente, anche grazie a programmi che permettono di automatizzare la produzione dei falsi articoli con estrema facilità.
E con risultati credibili quel tanto che basta per ingannare peer revirewer poco attenti, oberati di lavoro (è un compito che si svolge molto spesso gratuitamente), se non, a volte segretamente, complici dei truffatori.
L’indagine pubblicata su The Conversation cita l’esempio di una società lettone, sospettata di operare per un paper mill russo, che lo scorso anno sul proprio sito internet pubblicizzava la pubblicazione di oltre 12.600 articoli a partire dal 2012. La stessa tecnologia che semplifica il lavoro dei falsari, però, aiuta anche ad andare a caccia delle loro malefatte. Uno dei tre autori dell’indagine, Guillaume Cabanac, ha realizzato ad esempio un algoritmo capace di screenare 130milioni di paper scientifici a settimana, alla ricerca di indizi che possono indicare un articolo fasullo o comunque problematico.
Lo strumento è stato adottato da diversi editori, e ha già prodotto il ritiro di oltre mille articoli fasulli. Questo Problematic Paper Screener si basa su nove tipi di indizi, di cui il principale è la presenza di frasi “torturate”, segno inequivocabile dello zampino di un’ai.
Ad oggi, il programma ha permesso di identificare 19mila paper contenenti almeno cinque frasi “torturate”, più di 280 completamente senza senso scritti con un programma, SciGen, realizzato nel 2005 dai ricercatori dell’Mit, 764mila articoli che citano lavori scientifici ritirati dalle riviste, e quindi potenzialmente inaffidabili, circa cinquemila che ne contengono almeno 5 nella propria bibliografia, e per finire, 70 articoli che contengono nel testo tracce marchianamente evidenti dell’utilizzo di Chat.gpt e simili ai generative, come ad esempio “genera un’altra risposta”, o “Sono solo un modello linguistico, non posso aiutarti con questo”.
paper scientifici 8
paper scientifici 10
paper scientifici 11
paper scientifici 9
paper scientifici 3