SCIPPO VICENTINO - TRE CAPOLAVORI “PRESTATI” DA PRATO RESTANO A VICENZA (E I TOSCANI S'INCAZZANO)
Dario Di Vico per il "Corriere della Sera"
I pratesi sono infuriati e questa volta non ce l'hanno con i cinesi del distretto parallelo del tessile. La mobilitazione dell'orgoglio cittadino ha come obiettivo quella che viene definita «l'arroganza» della Banca Popolare di Vicenza (Bpv), che ha inferto alla città un'umiliazione senza precedenti.
I veneti, come ha scritto per primo il Corriere Fiorentino, non vogliono restituire un Caravaggio, un Bellini e un Lippi, tre quadri di grande prestigio che hanno preso in prestito alla fine del 2011 e che non sono mai tornati al loro posto, nella Galleria degli Alberti di Prato. Il filo che lega la città del Bisenzio con quella di Palladio è bancario perché nel 2010 la Popolare vicentina presieduta da Gianni Zonin ha incorporato definitivamente la Cassa di Risparmio di Prato, che nei suoi 180 anni di attività aveva vissuto momenti di grande splendore ma aveva pagato errori di gestione e la crisi del settore tessile.
I quadri hanno lasciato la Toscana perché nel dicembre 2011 a Vicenza viene organizzata una mostra dal titolo «Capolavori sacri e profani» alla quale la banca tiene moltissimo e di conseguenza Zonin chiede di poter utilizzare i tre capolavori ex proprietà della Cariprato e passati in portafoglio alla Bpv.
Tutto va avanti regolarmente, senza strappi e nessuno immagina cosa accadrà . La mostra si è chiusa nel febbraio del 2013 ma i tre dipinti, «La coronazione di spine» del Caravaggio, «La Madonna col bambino» di Filippo Lippi e il «Crocifisso con cimitero ebraico» del Bellini, non hanno ripreso la strada di casa. Sono passati inutilmente dei mesi e alla fine il conflitto è esploso.
Da Prato chiamano Vicenza e si sentono rispondere che i quadri sono ormai di proprietà della Bpv che deciderà cosa farne, persino di venderli senza comunque dover rendere conto alle istituzioni di Prato.
I toscani si sentono umiliati. Il sindaco Roberto Cenni e il presidente della Provincia Lamberto Gestri, uno di centrodestra e l'altro di centrosinistra e che al tempo non avevano digerito la fusione bancaria Prato-Vicenza, cominciano a farsi sentire. «Il nostro distretto ha contribuito al successo dei veneti e ci ripagano così?» dichiara il sindaco e in città si comincia a parlare di «un nuovo sacco di Prato».
Persino la Confindustria tuona. Il presidente Andrea Cavicchi esce dallo specifico dei beni culturali e comincia a parlare di «sciopero del territorio» e presto in città prende corpo l'idea di chiudere i conti correnti della banca di Zonin.
A complicare la vicenda e in qualche maniera a motivare la dura presa di posizione dei vicentini c'è un dettaglio di carattere artistico. Il quadro del Bellini è ambientato nella campagna veneta e sullo sfondo si vede il Duomo di Vicenza. Ma basta a giustificare l'intransigenza dei palladiani? Cavicchi da imprenditore dietro il comportamento dei vicentini ci vede un modo distorto di intendere la banca del territorio. «Fanno raccolta qui ma poi pensano solo ad investire altrove».
Edoardo Nesi, scrittore e neoparlamentare di Scelta Civica, pensa che la Bpv «abbia perso un'occasione per star vicino a Prato, ha sfoggiato un comportamento padronale che non aiuta nessuno e accende solo conflitti».
E così dietro la disfida dei quadri rapiti e le larghe intese politiche contro i veneti si intravede la frustrazione di una città che sia con la Cariprato sia con le sue imprese aveva rappresentato l'eccellenza del business e oggi è costretta a leccarsi le ferite. I cinesi di Prato per ora sono rimasti a guardare, avrebbe del paradossale se anche loro si mobilitassero per difendere il patrimonio artistico della città .
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