MA SE IL CAPO PUÒ GODERSI IL VILLONE VISTA OCEANO PERCHÉ NON POSSONO FARLO ANCHE I DIPENDENTI? – SE LO STANNO CHIEDENDO I LAVORATORI DELLE GRANDI COMPAGNIE DOPO CHE I LORO CEO SONO RIUSCITI A OTTENERE MEGA INGAGGI PUR RIMANENDO IN SMART WORKING – D’ALTRA PARTE, AGLI AZIONISTI NON FREGA UNA MAZZA DA DOVE LAVORI: L’IMPORTANTE È PORTARE A CASA IL RISULTATO – IL CASO DI BRIAN NICCOL, IL NUOVO CEO 50ENNE DI STARBUCKS, CHE INCASSERA’ 113 MILIONI DOLLARI PER…
Estratto dell’articolo di Massimo Basile per “la Repubblica”
Da Starbucks capita che un cliente, quando si alza dal proprio posto per andare in bagno, chieda alla persona vicina di dare un occhio al suo laptop. Il nuovo Ceo appena nominato alla guida della catena di locali più famosa d’America ha aggiunto un’altra differenza rispetto ai clienti: non solo incasserà più di 113 milioni di dollari, tra stipendio, bonus e azioni, cioè quattro volte più del suo predecessore, ma non avrà neanche la seccatura di dover lasciare il suo laptop incustodito.
Brian Niccol, 50 anni, californiano di Orange County, ha chiesto e ottenuto di poter lavorare in remoto, dalla sua magione di Newport Beach, nel sud della California, libero di poter fare un tuffo in piscina. Strappato da Starbucks alla catena di fast food messicano Chipotle, Niccol ha messo in chiaro nel suo contratto che non avrebbe lasciato il sole della California per trasferirsi in pianta stabile nella piovosa Seattle.
Lo farà al massimo tre volte la settimana, come richiesto a tutti i colletti bianchi dell’azienda, avrà un appartamento tutto suo e la compagnia gli metterà a disposizione un jet privato per gli spostamenti. Il suo predecessore, Laxman Narasimhan, invece, guadagnava un quarto e aveva dovuto lasciare Londra per trasferirsi a Seattle.
Se vi state chiedendo cosa ne pensino gli azionisti, la risposta è: può fare quello che vuole, basta rimetta i conti a posto.
Per ora funziona: il titolo Starbucks ha chiuso in crescita la sua settimana a Wall Street. E Niccol è diventato il simbolo dei super manager ricercati, pagati a peso d’oro, e lasciati liberi di lavorare a bordo piscina e con vista sull’oceano. Perché non è il solo. A Ron Johnson, chiamato a risollevare le sorti della catena di negozi JC Penney, venne chiesto di trasferirsi a Plano, Texas, per seguire da vicino la crisi del gruppo, in drammatico calo di vendite, ma lui ottenne di starsene comodo a Palo Alto, in California
. Il nuovo capo della Boeing, Kelly Ortberg, per esempio, vivrà a Seattle, dove vengono fabbricati i 737, gli aerei finiti sotto accusa per una serie di problemi strutturali, e non ad Arlington, in Virginia, dove si trova la sede della compagnia. Scott Kirby, amministratore delegato della United Airlines, trascorre il suo tempo tra la sua casa a Dallas, in Texas, e la sede dell’azienda a Chicago, nell’Illinois. Hillary Super, passata dall’occuparsi del brand di lingerie di Rihanna a dirigere il gigante Victoria’s Secret, non ci pensa proprio a trasferirsi a Reynoldsburg, Ohio, dove si trova la base. Farà la spola tra la sua California e la molto più glamour New York e ogni tanto salirà su un jet privato per andare in Ohio. Per tutto il resto c’è il computer.
Secondo alcuni analisti finanziari, è possibile che questo trend possa uscire dai confini dorati dei super manager e avere riflessi sulle relazioni sindacali tra compagnie e dipendenti. Se il capo, pagato più di mille volte rispetto a un impiegato, può lavorare a bordo piscina, sarà più difficile convincere il dipendente della necessità di vederlo in ufficio ogni giorno. Considerato che dopo la pandemia, le richieste di lavorare in remoto sono quadruplicate, sarà un tema che tornerà, anche se a livello di comuni mortali.
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