E SE L’ATTESA DELL’ATTACCO FOSSE ESSA STESSA L’ATTACCO? – QUIRICO: “TEHERAN PUÒ CONTINUARE A MANTENERE LA PRESSIONE SU ISRAELE COME FA DAL 7 OTTOBRE. NON DEVE FIRMARE NESSUN ATTACCO ESPLICITO PERCHÉ LO TRASCINEREBBE IN UNA GUERRA A CUI HA SOLO DA PERDERE” – “GLI ISRAELIANI SONO OCCIDENTALI, QUESTO È IL LORO PUNTO DEBOLE. RISCHIANO DI ESSERE SCONFITTI DI FRONTE AL FIUME MILLENARIO DELLA ATTESA ORIENTALE, DELLO SCORRERE VUOTO DEL TEMPO. NON SONO I MISSILI O I DRONI O LA DIPLOMAZIA ARABA CHE ASSERVE L'OCCIDENTE COMPRANDOLO CHE DEVONO SPAVENTARLI: SEMMAI IL SENTIRSI PROVVISORI…”
1 - MESSAGGI ESPLICITI E MANOVRE MILITARI: CON I PASDARAN È GUERRA DI NERVI
Estratto dell’articolo di Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
ALI KHAMENEI AI FUNERALI DI ISMAIL HANIYEH
Nella «guerra di nervi» l’attenzione si sposta continuamente tra il teatro locale e quello internazionale. […] Gli israeliani avrebbero fatto arrivare agli avversari un messaggio esplicito: se ci attaccherete risponderemo prendendo di mira il territorio iraniano, teniamo d’occhio le vostre mosse.
I pasdaran hanno «replicato» con alcune esercitazioni nel Nord del Paese, il consueto rullo di tamburi a beneficio dei media e della continua invocazione di vendetta. A Teheran preferiscono per ora sottolineare come i ripetuti moniti […] stiano tenendo sulla corda gli avversari.
In questa fase il regime si «accontenta» di una tattica che costa poco ma solleva attenzione e, in fondo, va bene così anche al governo Netanyahu. Ciò non significa che il fuoco sia spento. Da qui i raid aerei israeliani nel Libano sud, lancio di missili da parte delle milizie, gli scontri a Gaza, l’elenco quotidiano di vittime.
[…] Israele, intanto, continua a cercare Yahya Sinwar e, di recente, ha lanciato nuove operazioni nella Striscia. Il leader di Hamas, pur nascondendosi in un quadrante ristretto, è riuscito a sottrarsi alla caccia grazie a mosse prudenti.
attacco israeliano a khan yunis striscia di gaza 5
Il quotidiano arabo Asharq al Awsat ha confermato alcuni dettagli sulle tattiche adottate.
Primo. Nessuno dei collaboratori più stretti è a conoscenza dei suoi movimenti, non hanno idea se sia ancora a Gaza o all’estero […]. Però qualcuno sa come contattarlo per ricevere disposizioni.
Secondo. La sicurezza dovrebbe essere garantita dal fratello Mohammed, anche lui nella lista dei grandi ricercati […]. Terzo. Il capo politico del movimento comunica con ordini scritti ma in alcune occasioni ha utilizzato una linea telefonica definita «protetta».
Come è stato più volte detto Sinwar dirige, detta la strategia, è in controllo. Ruolo ancora più decisivo in questa fase con il vertice del 15 agosto sulla tregua, summit in parallelo a una rete di contatti riservati. Per alcuni siamo all’ultima possibilità.
[…] L’emittente al Arabiya è tornata sulla presunta uccisione di Mohammed Deif, il comandante delle Brigate Ezzedine al Qassam. Gli israeliani ne hanno rivendicato l’eliminazione, i guerriglieri non hanno mai confermato. Secondo la tv lo Shin Bet lo avrebbe scovato grazie alla collaborazione di un messaggero, un corriere di fiducia di Mohammed Shabaneh, responsabile della «Brigata Rafah». Il «postino» avrebbe passato agli israeliani l’informazione precisa sull’edificio dove era in corso una riunione di Deif con un gruppo di «ufficiali», tra cui Rafat Salamah. Una soffiata seguita poi dal raid aereo. Nei giorni successivi allo strike (e anche di recente) sono comparse ricostruzioni con notizie di possibili arresti, da parte di Hamas, di traditori .
ismail haniyeh con ali khamenei
2 - KHAMENEI TEMPOREGGIA PER LOGORARE IL NEMICO
Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “La Stampa”
La frase era chiara: «L'attesa fa già parte della punizione di Israele». Raramente un piano di guerra è stato enunciato pubblicamente in modo più breve aderente incisivo. Hassan Nasrallah è una delle menti più lucide, e quindi più pericolose, del vicino Oriente. Eppure le sue parole sono state commentate con geopolitici sghignazzi, anche d'autore: ecco, vedete, il capo di Hezbollah e il suo padrone Khamenei hanno paura, prendono tempo, minacciano a chiacchiere perché sanno che sono impotenti a vendicare lo schiaffo della uccisione a Teheran del capo di Hamas...
[…] Proviamo a credere a ciò che ha detto Nasrallah, ovvero che la strategia sciita consista proprio nella imposizione della attesa, nell'apparizione voluta, imposta dagli iraniani di un tempo depotenziato, fisso in un eterno tormentoso presente, immobile usura. È il superamento del tempo della guerra nella sua duplice profondità del prima e del poi.
Israele e i protagonisti delle guerre classiche capitalizzano vittorie e anche disfatte come il sette ottobre. Da questa capitalizzazione, non importa se gloriosa o dolorosa, traggono buon parte della energia necessaria per continuare a battersi. Il tempo tradizionale della guerra presuppone una datazione, una sequenza esplicita: attacco di Hamas, rappresaglia di Israele, raid clamoroso a Teheran, vendetta e poi vendetta della vendetta.
Ma qui niente di simile. Niente ora X. Niente apocalisse di droni. O attentato. Niente contrattacco punitivo sulle centrali atomiche iraniane. […] Tra qualche mese sarà perfino difficile dire: È successo il giorno… perché è difficile sgattaiolare da questo tempo morto, da questo tempo temporeggiatore e ubiquo, da questa temporalità astratta che è evidentemente la guerra che gli iraniani vogliono. L'unica che converrebbe loro, l'unica che potrebbero vincere.
Teheran può semplicemente continuare a mantenere la pressione su Israele come fa dal sette di ottobre dopo l'attacco di Hamas. Non deve firmare nessun attacco esplicito perché sa lo condannerebbe a una gigantesca rappresaglia forse non solo israeliana, lo trascinerebbe in una guerra a cui ha solo da perdere (almeno fino a quando non disporrà dell'atomica).
Il fronte sud in Palestina ha già fruttato molto, «Tzahal» da dieci mesi è insabbiato in una guerra totale, sanguinosa e sterile, che lo ha isolato dalle opinioni pubbliche senza aver estirpato il problema. L'enormità del non vincere esiziale per quello che si definiva un esercito perfetto. Una parte degli israeliani […] è di fronte a un dubbio che li lascia senza fiato: e se per la prima volta l'ebreo non fosse lui? […] Se il vero ebreo della nuova Storia fosse il suo nemico, il palestinese?
Poi c'è il nord, il Libano di Hezbollah. Una parte del territorio israeliano è stata abbandonata sotto lo stillicidio dei bombardamenti quotidiani […], che peraltro non scavalcano mai la soglia «dell'ordinaria amministrazione», sono goccia non bufera proprio per non scatenare una rappresaglia «anormale». Ma bastano per disorganizzare.
Passano i mesi, le crepe sotterranee nella politica e nella società di Israele si allargano forse più in fretta di quelle che noi desideriamo nell'ordine degli ayatollah, l'economia di un paese sviluppato e moderno è più fragile se sottoposta all'usura di una popolazione mobilitata e sempre più insofferente.
attacco israeliano a khan yunis striscia di gaza 4
La società reagisce con calma e determinazione finora. Nel breve periodo certo, ma le guerre grosse di Israele sono durate poche settimane, una addirittura solo sei giorni. Gli israeliani sono troppo occidentali, questo è il loro punto debole. Questa è un terra di millenni. È un mondo in cui nessuno, soprattutto i fanatici, ha fretta. Ciò di cui dovrebbero aver paura è sentire il passare di giorni in cui non succede nulla di enorme ma anche di liberatorio, in cui il tempo sembra incastrato dal sette ottobre, e che essi possano essere un episodio.
drone iraniano sui cieli di israele
Il loro punto debole è di essere la Storia, con le sue approssimazioni geniali, di essere la ragione dell'Occidente. Rischiano di essere sconfitti di fronte al fiume millenario della attesa orientale, dello scorrere vuoto del tempo. L'egiziano Nasser una volta disse: impiegheremo mille anni ma cacceremo gli ebrei, e non era un jihadista o un fanatico sciita. Non sono i missili o i droni o la diplomazia araba che asserve l'Occidente comprandolo che devono spaventarli: semmai il sentirsi provvisori, di avere l'aleatorietà della Storia contrapposta al mito, al perenne.
LEGA ARABA E STATO DI ISRAELE - NUMERI A CONFRONTO
Pensate, se volete un esempio della tattica temporeggiatrice dell'Iran, alla corrida, che è un lento affievolire il toro prima di arrivare al «descabellar», all'ucciderlo quando è moribondo. Prima è un lungo lavoro di «picar»e di «banderillas». E di «quite», uno dei grandi momenti della corrida, l'atto di portar via, di distrarre il toro. A questo sono impiegati Hezbollah, gli Huthi, Hamas.
Ad aver bisogno disperatamente di un attacco iraniano è Netanyahu. È lui che lo cerca, lo invoca, ha appeso il suo futuro a questo duello finale non più con i complici ma con il vero nemico, Teheran, trascinando nella mischia anche l'incerto, balbettante alleato americano. Per i guardiani della rivoluzione, invece è vitale resistere alla tentazione, pazientare, inchiodare Israele alla lenta, invisibile agonia del giorno dopo giorno. Imitare quei rivoluzionari francesi che spararono agli orologi per esser sicuri di sospendere e rovesciare il corso di un tempo che sapevano sarebbe stato sempre il tempo del più forte, cioè di Israele.
ali khamenei prega per raisikhamenei nelle vignette di charlie hebdo 6Yahya Sinwar droni iraniani abbattuti da israele 2ali khamenei khamenei nelle vignette di charlie hebdo 2khamenei nelle vignette di charlie hebdo 15