SANITÀ DA BONIFICARE - SEQUESTRATI DUE PADIGLIONI DEL POLICLINICO DI BARI PERCHÉ INFETTI DA LEGIONELLA - I PM INDAGANO SUI DECESSI DI QUATTRO PAZIENTI, AVVENUTI TRA IL 2018 E IL 2020, MORTI DOPO AVER CONTRATTO IL BATTERIO - L’IPOTESI E’ CHE LA NECESSARIA BONIFICA NON SIA STATA EFFETTUATA DOPO IL PRIMO DECESSO E CHE GLI ALTRI SAREBBERO STATI CAUSATI DALLA NEGLIGENZA DEI VERTICI DEL POLICLINICO, ORA INDAGATI
Da https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it
I carabinieri del Nas hanno sequestrato, con facoltà d’uso, due interi padiglioni del Policlinico di Bari - Chini e Asclepios - perché «infetti da batteri di legionelle». Il decreto di sequestro preventivo è stato disposto nell’ambito di una indagine sui decessi di quattro pazienti, avvenuti tra il 2018 e il 2020, morti dopo aver contratto il batterio. Nell’inchiesta sono indagati cinque dirigenti del Policlinico, per i reati di omissione di atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro delitto, tra i quali il direttore generale Giovanni Migliore.
Gli indagati
Sono indagati anche il direttore sanitario del Policlinico, Matilde Carlucci, il direttore amministrativo Tiziana Di Matteo, il responsabile della Sanità pubblica dipartimentale Giuseppe Calabrese e il direttore Area tecnica Claudio Forte. Il provvedimento di sequestro è firmato dal gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis. L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli con la pm Grazia Errede e la supervisione del procuratore facente funzione Roberto Rossi.
Il giudice ha disposto «che tutti i reparti in funzione in ambedue le strutture in sequestro possano essere utilizzati da tutti gli utenti, personale e degenti, in modo da garantire il normale svolgimento dell’attività sanitaria sinora in corso al loro interno», precisando però, nel provvedimento, che la facoltà d’uso potrebbe «essere revocata nel momento in cui ci si renda conto che l’infezione di legionella in tali ambienti è così grave e diffusa da dover implicare la chiusura inevitabile».
Le accuse
I dirigenti del Policlinico di Bari, dopo il primo decesso causato da una infezione da legionellosi il 10 giugno 2018, non avrebbero adottato «alcuna misura di controllo e bonifica per l’eliminazione del batterio, la cui presenza era stata accertata», già all’epoca, «nell’acqua prelevata dai rubinetti del reparto di Medicina interna Frugoni», nel padiglione Chini dove il paziente era stato ricoverato dal 5 al 15 maggio 2018.
Dopo quella vicenda, gli indagati avrebbero «omesso di redigere e attuare, nell’ambito delle procedure per la prevenzione e controllo della legionellosi deliberate nel maggio 2019, l’analisi del rischio, il piano di sicurezza delle acque e il registro delle manutenzioni», atti ritenuti «urgenti per ragioni di igiene e sanità pubblica».
Questo - secondo la Procura di Bari - avrebbe causato la morte di altri tre pazienti, il 6 maggio 2019, il 26 novembre 2019 e il 7 agosto 2020, ricoverati in periodi diversi nei reparti di Reumatologia universitaria, Medicina fisica e riabilitazione, all’interno del padiglione Asclepios e, di nuovo, nel reparto Frugoni del Chini. Agli atti dell’indagine ci sono le denunce dei familiari delle quattro vittime, l’esito degli accertamenti dei carabinieri del Nas e delle indagini batteriologiche eseguite dall’Arpa Puglia nei diversi reparti dove i pazienti erano stati ricoverati.
L’apertura delle strutture
I quattro decessi accertati per infezione da legionella nei due padiglioni sequestrati nel Policlinico di Bari «potrebbero essere solo la punta dell’iceberg», ma per scongiurare «la totale paralisi del funzionamento della già provata struttura sanitaria e in un periodo di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attualmente vivendo» il Tribunale di Bari ha disposto che i reparti ritenuti infetti restino aperti. Una scelta che il gip definisce di «buon senso» per evitare «un rimedio peggiore del male accertato».
«Sarebbe troppo facile - scrive il gip - argomentare che i quattro casi conosciuti potrebbero essere solo la punta dell’iceberg e che in realtà i deceduti per polmonite per i quali nessuno ha fatto denuncia potrebbero essere molti di più dei quattro accertati e in molti più reparti. Ma tralasciando le ipotesi e venendo strettamente a quanto emerso dalle indagini, non costituisce certo una ipotesi peregrina sostenere che sussista all’attualità il rischio elevatissimo di nuova verificazione di ulteriori decessi per infezione da legionella. Se a tale concreto rischio per i polmoni - prosegue - si aggiunge la considerazione sul grave periodo di emergenza sanitaria collegato alla pandemia da Covid, l’afflusso presso tali strutture sanitarie di pazienti aventi comorbilità riguardanti l’apparato respiratorio determinerebbe una situazione contingente di rischio ancora più allarmante».
Tuttavia il giudice compara «la gravità del fatto» con il rischio di «totale paralisi del funzionamento della già provata struttura sanitaria e in un periodo di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attualmente vivendo». Secondo il giudice, quindi, in caso di sequestro senza facoltà d’uso - come chiesto dalla Procura - «il numero dei decessi per mancata somministrazione delle cure necessarie per le persone attualmente ricoverate e ricoverabili in quei padiglioni potrebbe essere addirittura superiore, con tutte le devastanti ricadute sull’utenza».
La richiesta di interdizione
La Procura, infine, ha chiesto anche l’interdizione per i cinque dirigenti indagati. Questi compariranno venerdì 27 novembre dinanzi al gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis per sottoporsi a interrogatorio. I cinque indagati rispondono dei reati di omissione di atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro delitto.