la barca della guardia di finanza che rischiava di essere affondato da carola rackete

“SE NON FOSSIMO RIUSCITI A COMPIERE UNA MANOVRA VELOCE SAREMMO MORTI” - LO SFOGO DEI FINANZIERI CHE HANNO RISCHIATO LA PELLE PER COLPA DELLE MANOVRE DI CAROLA RACKETE: “NOI ABBIAMO INTIMATO L’ALT. IL COMANDANTE, DELIBERATAMENTE, NON HA FERMATO LA NAVE E CI È VENUTA ADDOSSO, SENZA CURARSI DELLE CONSEGUENZE. ABBIAMO PASSATO TRE GIORNI A BORDO SENZA DORMIRE PER CONTRASTARE I TENTATIVI DI AVVICINAMENTO, AGENDO NEL RISPETTO DELLE NORME.” - VIDEO

 

 

Virginia Piccolillo per www.corriere.it

 

CAROLA RACKETE

Entrano nel “bar dell’amicizia” e ordinano cinque caffè. Amarissimi. Hanno appena «rischiato di morire» i cinque finanzieri che hanno tentato di fermare la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa e hanno visto arrivarsi contro prima la nave da 650 tonnellate. E poi le accuse di aver «messo a repentaglio al vita dei passeggeri della mega imbarcazione del soccorso migranti».

 

«Noi? Abbiamo solo intimato l’alt. È il comandante che, deliberatamente, non ha fermato la nave e ci è venuta addosso, senza curarsi delle conseguenze. Se non fossimo riusciti a compiere una manovra veloce probabilmente saremmo morti», si sfogano, al termine della notte più lunga della loro vita. Mentre i parlamentari che erano a bordo lanciano accuse sulla loro manovra durante l’attracco del comandante Carola Rackete.

 

LA BARCA DELLA GUARDIA DI FINANZA CHE RISCHIAVA DI ESSERE AFFONDATO DA CAROLA RACKETE

«Noi siamo uomini dello Stato», spiegano con un velo di commozione negli occhi. -«Abbiamo il dovere di far rispettare le leggi. E rispettare noi stessi le direttive che ci vengono date. Abbiamo passato tre giorni a bordo senza dormire un attimo per contrastare i tentativi di avvicinamento. E abbiamo agito nel profondo rispetto di tutte le norme. Senza preoccuparci di mettere a repentaglio la nostra vita perché in quell’incidente potevamo essere morti».

 

La dinamica i cinque finanzieri la spiegano con semplicità: «Ci sono le immagini. La nave non ha rispettato l’alt e ha schiacciato la motovedetta contro il molo. I parabordi hanno causato una sorta di movimento elastico e hanno per un attimo allontanato la nave. Con una mossa rapidissima siamo riusciti a sfruttare quell’istante e a sfuggire via prima che il rimbalzo tornasse indietro, perché a quel punto la Sea Watch avrebbe distrutto la motovedetta e noi saremo rimasti tutti schiacciati».

 

CAROLA RACKETE

A bordo c’erano il comandante, il direttore di macchina, il motorista e due radaristi: due in plancia, uno a poppa e due a prua. In due, con le mani, hanno allontanato la motovedetta dalla banchina. Sono tutti lì a consumare questa ritardata colazione, mentre i clienti pranzano ad arancini e gelati. Anche il finanziere saltato sul molo. Perchè quello scatto? «Dovevo capire se ci fosse spazio sufficiente per una via di fuga. Al mio grido c’è stata l’accelerata. Ha funzionato prima che fosse troppo tardi».

 

Ma perché frapporvi tra la Sea Watch e l’attracco? «Ci siamo messi a protezione della banchina. Il nostro compito è non far attraccare le navi prive di autorizzazione e la Sea Watch si è avvicinata manovrando con le eliche di prua, spinta dal vento. Da bordo ci hanno detto “spostatevi” e nient’altro, il comandante non ha fatto nulla per evitarci».

CAROLA RACKETE

 

Dalla nave fanno sapere che non c’era intenzione di speronarli e rendono note le scuse del comandante. Ma si è ventilata l’ipotesi di contestare il tentato naufragio. Eccessivo? «Sarà il magistrato a valutare le ipotesi. Noi siamo fortunati che oggi non si parli di omicidio». Dalla tv nel locale Salvini parla di «atto di guerra». I militari si sottraggono a commenti politici: «Siamo grati a chi ci difende».

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