LE DITA NEL MASO (PIETRO) – LE SORELLE DELL’UOMO CHE UCCISE I GENITORI PER L’EREDITA’ PERDONANO IL COMPLICE DEL FRATELLO: “ORA SI RIFACCIA UNA VITA”- L’AVVOCATO DI NADIA E LAURA: “LE MIE CLIENTI NON HANNO MAI CHIESTO RISARCIMENTI” – LE SORELLE PARLANO DI PIETRO: “DI LUI NON SAPPIAMO PIÙ NULLA, DOVE SIA, COSA FACCIA. SPERIAMO RITROVI LA SERENITÀ”
Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
Squillò il telefono, dall' altra parte una voce sconosciuta: «Sono Giorgio Carbognin...». Brivido. Nadia non pensava che potesse succedere. Ma era proprio lui, quello del massacro. Carbognin cercava le parole giuste per introdurre un discorso molto difficile.
Voleva cancellare dalla sua fedina penale la terribile macchia nera: il delitto di Rosa e Antonio, genitori di Pietro Maso, del quale lui è stato complice e del quale Nadia e Laura sono le sorelle maggiori. Chiedeva clemenza e una firma in calce a un documento nel quale lei e Laura avrebbero dichiarato, come parti offese, di non aver più nulla da pretendere. La legge lo consente: si tratta di un atto notorio necessario per ottenere la cosiddetta «riabilitazione penale». A Carbognin sarebbe servito per non avere problemi di lavoro, soprattutto all' estero dove intendeva andare.
Nadia e Laura, che non lo vedevano dal 1992, cioè dai tempi del processo concluso per lui con una condanna a 26 anni, non hanno avuto dubbi e hanno dato il loro nulla osta.
Si sono così ritrovati tutti e tre davanti a un ufficiale dello Stato civile del Comune di San Bonifacio, dove vivono, e hanno sottoscritto l' atto. «Le sorelle hanno consentito a Carbognin anche il cambio di cognome», precisa l' avvocato Agostino Rigoli che le assiste da sempre. La notizia trapela solo oggi ma le firme sono state messe qualche tempo fa.
«Le mie clienti non hanno mai detto nulla perché sperano che sulla vicenda cali il silenzio, per il rispetto di tutti».
Tutti segnati dalla notte di sangue del 17 aprile 1991, quando Pietro Maso con l' aiuto del fido Giorgio e di altri due amici uccisero sua madre e suo padre, 48 e 56 anni, nella loro casa di Montecchia di Crosara. Movente: l' eredità.
Carbognin si accanì sulla donna a colpi di padella, per poi chiuderle la bocca con un sacchetto di plastica: «Non potevo più sopportare le sue urla, mi davano un fastidio terribile». Parole scolpite nella memoria del processo, come quelle su Pietro, il suo mito: «Da quando l' ho incontrato la mia vita è cambiata totalmente, è diventata entusiasmante». Aveva 19 anni e passò per essere un debole, attratto dalla spavalderia smargiassa del capobanda, che imitava un po' in tutto. Dandy Pietro e dandy lui, il ciuffo, il gel, il foulard.
Freddo Pietro e freddo lui, entrambi imperturbabili dietro le sbarre del «gabbio». Ma da allora, di Carbognin, più nulla. Mai interviste, una parola, una foto. Si è saputo solo di un diploma di ragioniere ottenuto nel carcere di Bergamo, dal quale è uscito dopo 7 anni per buona condotta. Oggi ne ha 46 e si scopre che ha famiglia, due figli e che il suo obiettivo era l' estero: Londra. «Si faccia la sua vita, quel che potevamo fare noi l' abbiamo fatto. Non vorrei dire altro e mi spiace molto per lui che si pubblichi questa vicenda. Non avrei mai voluto», sospira Nadia.
Lei e Laura, entrambe sposate con figli, famiglie unite e affiatate. Al centro della loro vita hanno messo la fede. «Ci ha aiutato a perdonare tutto e con grande naturalezza».
Condividono un curatissimo negozietto di erboristeria nel Veronese. «Vorrei ricordare che potevano chiedere il risarcimento del danno subito ma non l' hanno mai fatto, pensando anche alle conseguenze che poteva avere un' azione del genere per i due ragazzi minorenni del gruppo, cioè la rovina economica delle loro famiglie». Non volevano speculare sulla tragedia. «Perché sono persone molto perbene, direi esemplari», precisa Rigoli.
Pietro e le sorelle, «il male», come ha scritto lui stesso nella sua autobiografia, e il bene.
Sempre insieme, Nadia e Laura hanno cercato di stare vicino al fratello nel corso dei 22 anni di detenzione. Missione riuscita solo in parte. Uscito di galera, Pietro è ricascato nella droga e nel 2006 è finito pure indagato per una vicenda nata da un esposto di Nadia e Laura, che tentavano di impedirgli una nuova caduta. L' indagine è stata archiviata ma rimane il disagio di Pietro e la loro preoccupazione. «Di lui non sappiamo più nulla, dove sia, cosa faccia. Speriamo ritrovi la serenità». Sperano che ora sia Pietro, il mito, a imitare Carbognin il debole.
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