ARMAMI ANCORA! – STORIA E GLORIA DEL KALASHNIKOV, IL FUCILE PIÙ VENDUTO AL MONDO: SENZA INCLUDERE LE COPIE NON AUTORIZZATE, IN GIRO NE SONO STATI PRODOTTI PIÙ DI 78 MILIONI – UN SAGGIO RACCONTA TUTTE LE SFACCETTATURE DELL’OGGETTO PIÙ FAMOSO DELLA STORIA SOVIETICA (E RUSSA) - IL SEGRETO? E' UN’ARMA CHE CONTINUA A FUNZIONARE IN CONDIZIONI ESTREME E ANCHE SE SOTTOPOSTA A MALTRATTAMENTI CHE FAREBBERO INCEPPARE QUALSIASI ALTRO FUCILE
Matteo Sacchi per “il Giornale”
Può un’arma fare la storia? L’Avtomat Kalashnikova obraztsa 1947 goda - per tutti Kalashnikov, per i tecnici AK-47, per i soldati russi amichevolmente il Kalash - certamente sì. E sotto diversi profili: strettamente militare, politico, sociale e addirittura in termini di folklore e di cultura di massa.
Tutte sfaccettature che racconta lo scrittore ed esperto di armi (è un ex membro delle forze speciali Usa) Gordon L. Rottman nel suo saggio appena tradotto in Italia e in arrivo a breve per i tipi di Odoya: AK-47 kalashnikov, fucile d’assalto. Come spiega Rottman nessuna arma leggera è stata prodotta in così tanti esemplari nel corso degli ultimi settant’anni.
Giusto per stare sui numeri più banali, in tutto il mondo sono stati prodotti, in più di venti Paesi, più di 78 milioni di veri Kalash. E stiamo parlando solo di prodotti sovietici o russi o su licenza. Senza includere nel conto le copie non autorizzate.
Il celebre avversario dell’AK-47, l’M-16 americano, arriva a stento agli 8 milioni di esemplari prodotti. Insomma quello realizzato dal team di progettatori, guidati dall’allora sergente capo Mikhail T. Kalashnikov (1919-2013), è stato anche un successo commerciale senza eguali. Niente tecnicismi ma andiamo alla radice fattuale di questo successo.
donna con bambino e kalashnikov
Già a partire dalla Prima guerra mondiale ingegneri e comandi militari iniziarono a ragionare sulla necessità di avere armi a braccio con un alto volume di fuoco per spazzare le trincee avversarie o fermare gli attacchi in massa, le mitragliatrici erano pesanti e troppo statiche.
Nacquero le pistolemitragliatrici, come il mitra Thompson americano. Mancavano però di potenza, spesso erano complesse da manutenere e con gittata limitata. I tedeschi risolsero parzialmente il problema, durante la Seconda guerra mondiale, creando il primo vero fucile d’assalto, lo Sturmgewehr 44 progettato da Hugo Schmeisser. Potente poco meno di un vero fucile poteva scatenare una valanga di fuoco sino alla distanza di 400 metri. I soldati sovietici provarono sulla loro pelle che razza di incubo fosse la nuova arma.
Vinta la guerra dove spedirono Hugo Schmeisser? Dritto alle dipendenze di Kalashnikov che nel frattempo aveva surclassato coi suoi prototipi tutta la concorrenza interna ai laboratori di sviluppo sovietici. Il risultato di questa collaborazione forzata fu un’arma che riprendeva tutti i pregi di quella tedesca ma ci aggiungeva qualcosa di molto russo.
Ovvero una progettazione semplificante e tutta mirata all’eliminazione della possibilità di inceppamento. Il Kalash non è il fucile più preciso del mondo (rileva verso l’alto nel fuoco a raffica), non è il più potente, e dopo decenni inizia a mostrare pesanti limiti di peso e di ergonomia.
Ma senza dubbio è un’arma che continua a funzionare in condizioni estreme e anche se sottoposta a maltrattamenti che farebbero inceppare qualsiasi altro fucile. Questo è proprio dovuto al tocco di Mikhail T. Kalashnikov. Tanto per dire riprogettò il grilletto una settantina di volte per evitare inceppamenti (c’è un motivo se era considerato un eroe dai sovietici e continua ad essere considerato un eroe anche dai post sovietici). Lo stesso avvenne per moltissime parti dell’arma, pensate tutte per costare poco ed essere riproducibili con strumenti tecnici minimi.
A questa filosofia di base ne fu subito associata un’altra che spiega perché sfogliando il libro di Rottman vi possa capitare di vedere i membri di una tribù africa na, in tutto simili a cacciatori dell’età della pietra, andare alla guerra con un’altra tribù impugnando il Kalash. Ad addestrare all’uso base dell’arma basta circa un’ora. Per il tiro sino a cento metri e il fuoco di saturazione non esiste niente di più semplice da usare. Gli americani erano soliti dire che Dio ha inventato gli uomini ma Samuel Colt li ha resi uguali. Kalashnikov ha portato il lavoro di Colt all’estremo. E da qui si scivola rapidamente nel sociologico. Non esiste nessun altro fucile che sia finito dentro una bandiera. L’AK-47 sventola assieme ai colori del Mozambico o nella bandiera degli Hezbollah, è presente anche su alcune monete. Lo usano i narcos ma anche i militari che cacciano i narcos, i bracconieri africani ma anche i guardiacaccia che cercano di fermarli.
Nelle infinite varianti sviluppatesi dal modello originale persino i soldati Usa si sono trovati ad utilizzarlo in più di un’occasione con imbarazzante successo. In tempi di Guerra fredda sarebbe stato impensabile ma ora anche il Kalash è stato de-ideologicizzato come molte altre cose. Alla fine per dirla in modo pop anche molti ex nemici condividono il senso della battuta memorabile di Ordell Robbie (Samuel L. Jackson) nel film Jackie Brown (1997): «Ak-47. Il meglio del meglio che ci sia sulla Terra.
signora con kalashnikovabu ahmad con kalashnikov
Quando senti il bisogno di fare piazza pulita una volta per tutte degli scarafaggi che ti circondano, non accettare imitazioni». Però alla fine anche pensando a tutti i bambini soldato che se lo sono trovati per le mani giustamente Rottman, e lo scrivente con lui, preferisce una riflessione dello stesso Mikhail T. Kalashnikov: «Preferirei aver inventato una macchina che la gente potesse usare e che aiutasse i contadini nel loro lavoro, come per esempio un tagliaerba». I tagliaerba russi, così come le loro automobili però non sono mai andati di moda. Invece i servizi segreti per capire se in certi Paesi stanno per partire insurrezioni monitorano solo l’andamento dei prezzi dell’AK-47 sul mercato nero.
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