UN SACCO BULLI – SETTE STUDENTI A PROCESSO A GENOVA PER AVER TERRORIZZATO, UMILIATO E DILEGGIATO UN COMPAGNO DI CLASSE: FIGLI DI PROFESSIONISTI, MEDICI E IMPRENDITORI, CHIAMAVANO IL RAGAZZO “SIMPASCHIAVO” – LA VITTIMA VENIVA DILEGGIATA, PICCHIATA E UMILIATA: UNA VOLTA ERA STATO FATTO USCIRE NUDO IN PIENA NOTTE, IN MEZZO ALLA NEVE, E…”
T. Freg. e M. Ind. per “il Secolo XIX”
Inizia il prossimo 5 febbraio il processo alla banda di bulli rampolli che per mesi ha terrorizzato, umiliato e dileggiato un compagno di classe. Davanti al giudice dell' udienza preliminare compariranno sette studenti - oggi maggiorenni ma minorenni all' epoca dei fatti - figli di industriali, medici e insegnanti che sono accusati a vario titolo di sequestro di persona, estorsione, stalking e lesioni aggravate.
Sia la vittima (assistita dai legali Giovanni Ricco e Alessandro Costa) sia i suoi aguzzini (difesi tra gli altri da Chiara Antola, Alessandro Vaccaro e Paolo Costa) frequentavano la stessa scuola, un istituto ultra esclusivo dove la retta costa 7mila euro l' anno. Nella rubrica di uno degli imputati la vittima era indicata come "SimpaSchiavo", perché, appunto, la banda lo schiavizzava.
Al vaglio dei magistrati ci sono 100mila messaggi in cui lo chiamano «cane», si raccontano uno con l' altro come gli hanno «sparato ai piedi mentre gli dicevamo "balla!"», ricattandolo fino allo «show degli show» che si concretizza durante una vacanza. Nella quale, come scrivono gli inquirenti, un ragazzino di 17 anni finito nel mirino dei compagni di classe aguzzini viene tenuto al guinzaglio «deriso, picchiato e umiliato... fatto uscire in piena notte, nudo, in mezzo alla neve, dileggiato da tutti senza che nessuno si preoccupi di soccorrerlo o mostrare un mi nimo di pietà.
E alla fine viene esposto come un trofeo per le foto di rito». I fatti contestati partono nel novembre 2016 quando gli studenti, che hanno organizzato le comunicazioni su vari gruppi WhatsApp, cominciano a infierire sul loro bersaglio accusandolo di non obbedire agli ordini di tutti i componenti della banda (i nomi sono diversi da quelli reali, per proteggere l' identità della vittima che chiameremo Matteo). Uno dei più violenti è Carlo: «Marco è il tuo padrone ora...», scrive a Matteo. E la vittima: «Io non ho un padrone, a quanto pare a essere gentili si ottiene che si ha un padrone...». Di nuovo Carlo: «Non mentire perché tanto si vede», prima di mandargli una foto in cui mima il taglio della gola.
Matteo è soggiogato e prova a giustificarsi: «Faccio più favori a Massimo semplicemente perché me ne chiede di più, ripeto, lo farei a chiunque altro divoi. E fino a qualche settimana fa eri tu il padrone». Pochi giorni ed è Marco a inviare a Matteo uno degli innumerevoli elenchi di cose da fare per lui, una sorta di routine. «La mia lista: comprami un panino al prosciutto e formaggio, giocami la schedina e vienimi a prendere». Matteo: «Ok, faccio quello che vuoi». Se Matteo non riesce a prenotare il campo da calcio è «una colpa». Ancora Carlo: «Non ti ricordi precisamente cosa ti hanno detto per negare la prenotazione? E ora li richiami tutti!». Stefano interviene: «Fott... tricheco!».
Matteo è in balìa, i familiari capiscono che è in crisi e però non si percepisce fino in fondo ciò che sta subendo. Intanto si avvicina la vacanza sulla neve e lievitano nei suoi compagni «sentimenti di rivalsa perché non si sentono "rispettati" ed "esauditi"». Dopo averlo minacciato ecco le sevizie, che si concretizzano in innumerevoli modi, fra estorsioni e intimidazioni che fanno prendere in considerazione a Matteo l' ipotesi del suicidio, fino all' orrore della settimana bianca: «Colpiscono- scrive la Procura nella richiesta di rinvio a giudizio - il cinismo e il sadismo del gruppo, che mai muove a pietà». E al ritorno da Prato Nevoso, quando iniziano a circolare le foto dei rituali, scatta la denuncia che farà arrestare iba by -bulli.