E COSA SUCCEDE ORA ALL’INDOTTO ILVA? TRA MECCANICA E SERVIZI, CI SONO 150 IMPRESE DIETRO LA FABBRICA - I PAGAMENTI DA ARCELORMITTAL NON SONO ARRIVATI. SI PARLA DI 50 MILIONI DI CREDITI SCADUTI AD IMPRESE CHE DANNO LAVORO A CIRCA 6.000 DIPENDENTI - DA DOMANI SARANNO IN SCIOPERO: PER NON AFFOSSARE DEFINITIVAMENTE I BILANCI, MEGLIO FERMARE TUTTO…
Rita Querzè per il “Corriere della sera”
Blocco delle portinerie. Aziende chiuse. Dipendenti in ferie forzate. Da domani a «scioperare» saranno gli imprenditori dell' indotto Ilva. Intenzionati a tenere saracinesche abbassate e cancelli blindati. I pagamenti da ArcelorMittal non sono arrivati. Si parla di 50 milioni di crediti scaduti divisi su 150 imprese che danno lavoro a circa 6.000 dipendenti. E allora, per non affossare definitivamente i bilanci, meglio fermare tutto.
Lucia Morselli, l' amministratore delegato di Arcelor Mittal Italia, ha promesso che i soldi arriveranno. Lo ha assicurato ai sindacati e al presidente della Regione, Michele Emiliano. Ma non a Confindustria Taranto che in più occasioni ha già chiesto un incontro. Da notare: AM è associata alla stessa Confindustria Taranto, ma da mesi la multinazionale ha interrotto i contatti. «Gradiremmo sapere come e quando ArcelorMittal intende onorare i crediti verso i fornitori. Ci sono delle promesse, ma al momento mancano i fatti - dice il presidente di Confindustria Taranto, Marinaro -. Da oltre due mesi molti nostri associati non percepiscono il dovuto. Chiediamo un incontro urgente».
OPERAI FUORI DALLA FABBRICA ARCELOR MITTAL A TARANTO
L'altro appello Marinaro lo rivolge ai commissari: «Prendano consapevolezza che dal 4 dicembre toccherà a loro condurre lo stabilimento. AM non li fa entrare in azienda?
Se il mio inquilino non mi fa entrare in casa mia chiamo i carabinieri. I commissari devono entrare e avviare subito una due diligence. Banalmente, dovrebbero subentrare nelle utenze altrimenti dal 4 la fabbrica si ferma». Le aziende danneggiate dell' indotto operano nella logistica, nelle manutenzioni, nella meccanica. Ma anche nel commercio e nei servizi.
«I negozi stanno soffrendo tantissimo, soprattutto chi vende beni non di stretta necessità come gli alimentari. Si profila un Natale tra i più tristi. Negli ultimi nove mesi hanno chiuso circa 250 negozi e ciascuno dà lavoro in media a tre persone», spiega Angelo Colella, direttore di Confcommercio Taranto. «E magari il danno si fermasse qui - allarga le braccia Colella -. Il problema è che questa crisi genera un danno "reputazionale" per tutta la città.
Sul piano del turismo e della vendita dei nostri prodotti agroalimentari, per esempio.
Questa emergenza continuerà a produrre frutti avvelenati per mesi e mesi».