giovanna cristina vivinetto.

"LA SCUOLA SAPEVA TUTTO PRIMA DI ASSUMERMI" - IL TRIBUNALE DI ROMA HA DATO RAGIONE A GIOVANNA CRISTINA VIVINETTO, PROFESSORESSA TRANSGENDER LICENZIATA DALLA SCUOLA DOVE LAVORAVA PERCHÉ QUALCUNO SI ERA LAMENTATO DELLA SUA CONDIZIONE DI TRANSESSUALE - L'ISTITUTO DOVE LAVORAVA DOVRÀ RISARCIRLA PER UNDICIMILA EURO "LA PRESIDE MI HA DETTO CHE DOVEVO ANDAR VIA PERCHÉ MANCAVO DI PROFESSIONALITÀ. QUANDO SONO TORNATA A CASA, HO PENSATO A QUELLO CHE MI AVEVANO DETTO. HO CAPITO CHE…"

Estratto dell'articolo di Lorena Loiacono per “il Messaggero”

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Non c'era alcun valido motivo per licenziarla. Così i giudici del Tribunale di Roma hanno dato ragione alla professoressa Giovanna Cristina Vivinetto che, nel 2019, è stata allontanata dalla scuola privata in cui era stata appena assunta solo perché qualcuno si era lamentato della sua condizione di transessuale. La docente, […] ha fatto ricorso e ora l'istituto[…] dovrà risarcirla per undicimila euro.

 

Professoressa, in questi anni di battaglia legale si è sentita sola?

«No, la solidarietà che mi è stata dimostrata ha superato l'ingiustizia subita. Le maggiori dimostrazioni di affetto sono arrivate dai miei studenti. Hanno dimostrato di essere maturi e di essersi immedesimati nella mia storia».

 

[…]

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Si erano affezionati?

«In realtà mi hanno visto poco[…]. Praticamente sono stata in classe una decina di giorni in tutto. Dopo tre giorni di malattia, la preside mi ha convocata e mi ha detto che dovevo andar via perché mancavo di professionalità».

 

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Come ha reagito?

«Sono tornata a casa, ho iniziato a pensare e ripensare a quello che mi avevano detto. Ho capito che non era così ma che ero stata discriminata per la mia transessualità».

 

Sapevano della sua situazione?

«Sì, anche perché nel curriculum era riportato il premio letterario per il mio libro in cui parlo proprio di questo. Non è certo un segreto da nascondere, il mio. Sapevano tutto anche prima di assumermi. Qualcuno deve essersi lamentato e mi hanno licenziata».

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Il processo come è andato?

«È stato lungo, ci sono stati tentativi di accordi ma la scuola non ha mai voluto trovare un punto di incontro. Chiedevo un risarcimento, anche simbolico: anche solo 5 euro, per una pura questione di principio. Lo dovevo a tutte quelle persone che, come me, si sentono discriminate sul lavoro. E i giudici nella sentenza hanno scritto che la motivazione del licenziamento è ascrivibile alla mia condizione di transessuale».

 

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[…]

Aveva paura a tornare in classe?  

«Dopo il licenziamento nella scuola paritaria ho insegnato in due scuole pubbliche, una media e una superiore di Roma, dove sono stata accolta senza alcun problema e con la massima discrezione. […]».

 

[…]

La sua famiglia?

«È sempre stata molto aperta. Ho un fratello gemello e siamo stati liberi di esprimerci. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta permettendomi di realizzarmi. La prima vera discriminazione l'ho subita in una scuola, ma quando ero già una professoressa».

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