TOGHE BORBONICHE – SILVANA SAGUTO, L’EX PRESIDENTE DELLA SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE DEL TRIBUNALE DI PALERMO, USAVA LA SCORTA PER ANDARE A PRENDERE LO SMALTO E IL FILO INTERDENTALE
Riccardo Arena per “la Stampa”
Al telefono col figlio chef Elio Caramma, il giudice Silvana Saguto non usava mezzi termini: «Siamo indebitati persi. Non è possibile, non si può fare, non esiste stipendio che possa garantire queste cose». È il 9 luglio e l'allora presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo si sfoga con veemenza: «La nostra situazione economica è arrivata al limite totale, non è possibile più, completamente! Ci sono sempre nuove cose! Voi non potete farmi spendere 12, 13, 14 mila euro al mese, noi non li abbiamo questi introiti».
È per rimediare - in parte - a questa gravissima crisi familiare, alimentata dalle eccessive richieste dei figli, sostiene la Procura di Caltanissetta, che il magistrato antimafia avrebbe ottenuto denaro, portato in un trolley a casa sua, la sera del 30 giugno, dall' amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara. Dopo una serie di contatti telefonici e di presenza, in cui il giudice e l' avvocato avrebbero utilizzato un linguaggio («i documenti, la documentazione, i provvedimenti») che è mutuato da quello degli indagati a cui la Saguto sequestrava e confiscava i beni.
L' indagine della polizia tributaria e dei pm nisseni scoperchia il sistema degli incarichi multimilionari, di cui Cappellano Seminara sarebbe stato uno dei protagonisti, assieme al marito della Saguto, Lorenzo Caramma, nominato coadiutore in una serie di amministrazioni per «ringraziare» la moglie.
Ma c' è anche un sistema fatto di spregiudicatezza, in cui il presidente utilizzava la scorta per gli usi più disparati: «Quelli non fanno mai un c...», diceva al telefono e spediva gli agenti in farmacia, a prendere una ricetta nell' ambulatorio medico e a portarla alla madre, mandava un sms per chiedere di prendere «lo spazzolino Elmex verde, il filo interdentale nn cerato Oral-B e un dentifricio Mentadent non granulare» per il figlio Francesco. E se il giudice era dall' estetista, ma le mancava lo smalto, non c' era problema: «Viene Carmine (agente, ndr) a prenderlo», diceva al marito.
Dubbi e perplessità erano stati espressi da altri due giudici della sezione, pure loro indagati, Lorenzo Chiaramonte e Fabio Licata: «A Silvana gliela faranno pagare - diceva - A lei non gliene frega niente di fare carriera, che la sua carriera è finita qui». «Lei pensa alle sue cose personali - rispondeva Chiaramonte - Ne sta facendo una malattia, ma è convinta di sfangarsela».
Il sospetto più grave è quello della tangente, la cui consegna viene minuziosamente ricostruita dai finanzieri, grazie a pedinamenti e intercettazioni da cui erano emerse una serie di richieste di rientro da scoperti per migliaia di euro, avanzate da Banca Nuova e American Express ai coniugi Caramma.
Tra il 22 e il 27 giugno la presidente chiama più volte, Cappellano, parlando di «documenti, li hai fatti, li hai preparati...? Già siamo in ritardo, se no non ci arrivo più». Il 29 l' avvocato, pressato, cerca di «prendere questa documentazione» e chiama l' architetto Pippo Caronia, pure lui inserito nel sistema, ma che non è pronto con il denaro: «Io stasera ho metà... dei documenti.
Non è che me li danno a vista: il tempo lo devo avere, non è che sono Harry Potter» Il 30 giugno, alle 18.13, nuovo sollecito della banca a Caramma.
ELIO CARAMMA, FIGLIO DI SILVANA SAGUTO
Due minuti dopo la Saguto chiama il marito e alle 18.16 la presidente richiama l' amministratore: «Puoi venire a casa?». Alle 18.45 Caronia va allo studio di Cappellano. Alle 22.35 Cappellano arriva sotto casa Saguto-Caramma.
Porta con sé un trolley. Sale. Torna in strada alle 23.10, sempre col trolley. «Dopo l' incontro - annota la Finanza - per diversi giorni la Saguto non contatta più insistentemente Cappellano per parlare della documentazione e i dipendenti di Banca Nuova non contattano più Caramma Lorenzo».