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LA RIVOLTA DEI CENTAURI BLOCCA BOGOTA’ – NELLA CAPITALE COLOMBIANA TROPPI DELITTI E RAPINE COMPIUTI A BORDO DELLE MOTO, IL SINDACO IMPONE LO STOP AI MEZZI CON CILINDRATA SUPERIORE A 125 CAVALLI: TUTTI IN STRADA E LA CITTÀ IMPAZZISCE – LE MOTO ERANO IL SIMBOLO DELLA GUERRA DI PABLO ESCOBAR ALLO STATO
Daniele Mastrogiacomo per la Repubblica
La chiamano la " rivolta dei centauri". In realtà è una protesta che sta mettendo a soqquadro il già congestionato traffico di Bogotà. Colpito dalle statistiche che gli hanno consegnato gli esperti, pressato dalle famiglie che ancora contano e comandano in Colombia, il sindaco della capitale Enrique Peñalosa ha voluto rimanere fedele al suo motto di vita e di principi: « La felicità è di per sé un bene comune a cui tutti devono aspirare » .
Felicità, in questo caso, sta per sicurezza. Perché le due ruote, usate qui da almeno otto milioni di persone ogni giorno, sono diventate il simbolo della criminalità spiccia. Le statistiche sono chiare: i delitti commessi da gente in sella ad una moto sono aumentati del 75 per cento tra il 2016 e il 2017.
La settimana scorsa il sindaco ha ordinato la chiusura di un quadrilatero vitale per i trasporti nel cuore di Bogotà. Il divieto di circolazione riguarda le moto superiori ai 125 cavalli per un arco di tempo che occupa, nei fatti, tutta la giornata: dalle 8 alle 19.
È bastato un post su Twitter per scatenare la tempesta.
« La mia non è una misura per criminalizzare una categoria, voglio combattere l' aumento della criminalità » , ha spiegato Peñalosa.
L' associazione dei motociclisti ha chiamato alla mobilitazione e migliaia di centauri ( c' è chi dice fossero quasi 10 mila) si sono ritrovati nel centro storico.
Di qui si sono sparpagliati per gruppi e hanno invaso le principali arterie di collegamento.
Bogotà è rimasta paralizzata. Le conseguenze sono state così pesanti da costringere il Comune a organizzare un incontro con i motociclisti e aprire una trattativa.
Ad essere colpito è il 10 per cento degli oltre 500mila possessori di un due ruote.
La misura del sindaco si somma alle 176 restrizioni applicate in 88 municipi della regione. Oltre ai costi che comporta avere una moto: dall' assicurazione, alla revisione tecnico- meccanica obbligatoria ogni anno, ai controlli costanti, quasi ossessivi, che la polizia effettua nei confronti di ogni centauro, alle multe. Tutte più care di quelle normali.
« Ci sentiamo perseguitati » , lamenta César Celis, portavoce dell' Organizzazione motociclisti. « Possedere una motocicletta a Bogotà implica costi maggiori di avere un' auto. A conti fatti, spendiamo metà dello stipendio » .
Il " cavallo di ferro" in Colombia resta il mezzo principale di locomozione.
In 20 anni il loro numero è quadruplicato. Nel 1998 erano un milione, nel 2016 superavano i 7,2 milioni. Uno ogni sette cittadini la usa.
Ogni famiglia ne possiede almeno una. La utilizzano sempre più studenti e donne. Il 54 per cento per lavoro e trasporto.
La moto si è trasformata in uno strumento popolare, tanto da creare altri 70mila impieghi nel settore e nell' indotto.
Ma sono gli assalti e gli omicidi, commessi a maggioranza da criminali in sella, a spingere per la linea dura. I centauri rievocano gli spettri dei sicari di Pablo Escobar: dalla seconda metà degli Anni ' 80 le moto furono il simbolo della sua guerra personale contro lo Stato. Giravano come cavallette e sparavano all' impazzata contro agenti, avversari, magistrati, ministri, alti funzionari.
Persino lo stesso capo del Cartello di Medellín le adorava. Aveva un suo piccolo cimelio: una splendida Harley Davidson che aveva importato illegalmente in Colombia. La regalò al suo inseparabile cugino Juan Enrique Urquijo Gaviria.
Oggi, quella Harley, spicca sotto una teca nel museo della polizia di Bogotà.