TUTTE LE DONNE A BORDO DELLA DICIOTTI SONO STATE STUPRATE DAI TRAFFICANTI IN LIBIA – CONFERMATI CASI DI TUBERCOLOSI E POLMONITE - IL PRESIDENTE DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO SI DIMETTE: "NEGATE CURE INDISPENSABILI" - ECCO COME VERRANNO DISTRIBUITI I MIGRANTI TRA ALBANIA, IRLANDA E STRUTTURE MESSE A DISPOSIZIONE DALLA CEI
Dino Martirano per il Corriere della Sera
Alle 00.15 sono iniziate le operazioni di sbarco degli ultimi 137 migranti salvati dalla Guardia costiera a Ferragosto e poi «trattenuti» per 9 giorni a bordo della nave «Diciotti» per ordine del ministero dell' Interno. A terra poco prima della mezzanotte - dopo il via libera del Viminale - è apparsa l' incredibile macchina dell' accoglienza Italiana: Croce rossa, polizia scientifica per il foto segnalamento, organizzazioni umanitarie per le domande di asilo hanno accolto i migranti sul molo di Levante.
I più fortunati, la maggior parte di nazionalità eritrea, sono stati trasferiti a Messina in una struttura messa disposizione dalla Conferenza episcopale italiana che ha avuto un ruolo decisivo per sbloccare lo stallo. In 20, dal futuro più incerto, verranno selezionati non si sa in base a quale criterio e mandati in Albania. Altri 20 infine termineranno il loro lungo viaggio in Irlanda.
Gli immigrati salvati dalla Guardia costiera erano 192: dopo Ferragosto, 15 di loro, malati, sono stati sbarcati a Lampedusa, poi giovedì sono potuti scendere i 27 minori e ieri l' autorità sanitaria del porto di Catania ha ordinato il ricovero immediato in ospedale di altri 16 immigrati. Per tutte le 11 donne presenti a bordo, i medici della sanità portuale, hanno confermato le violenze sessuali subite in Libia e per alcuni degli uomini sottoposti a visita medica sono stati evidenziati casi di tubercolosi e di polmonite. Sui numeri però c' è ancora qualche margine di incertezza tanto che in serata in porto circolava la voce non confermata che due immigrati mancherebbero all' appello.
Solo 7 delle 11 donne presenti sulla «Diciotti» hanno deciso di accettare il ricovero nell' ospedale Garibaldi. Tutte (come avevano chiesto) sono state sottoposte a una visita ginecologica e il referto è stato comune con l' accertamento della violenze subite prima e dopo l' arrivo in Libia. Quattro di loro dunque erano rimaste a bordo accanto ai loro parenti perché terrorizzate dalla separazione. E hanno avuto intuito perché poco dopo si è appreso che il gruppo sarebbe stato smembrato.
Monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato della Conferenza episcopale siciliana per le migrazioni, ha detto: «Occorre mobilitarsi, magari andando sulla "Diciotti" per fare lo sciopero della fame con i migranti?». Il Monsignore ha parlato di «un' iniziativa di solidarietà di una Chiesa impegnata fattivamente». E così è stato. Ieri sulla nave è potuto salire pure l' ex generale dell' Arma Antonio Pappalardo (già deputato del Psdi e leader dei Forconi). Sul molo, USB, Amnesty, Legambiente, Rete antirazzista e altre sigle (contestato il Pd) hanno fatto arrivare il grido «liberateli» fino sul ponte della «Diciotti». Un gruppo di manifestanti ha provato a sfondare il cordone della polizia: ferito un agente. Altri manifestanti si sono gettati in mare e hanno nuotato fin sotto la nave.
IL PRESIDENTE DELL'AGENZIA DEL FARMACO SI DIMETTE
Margherita De bac per il Corriere della Sera
Una voce del mondo scientifico, autorevole a livello internazionale, si leva per denunciare il trattamento riservato agli «ospiti» della nave Diciotti. Con un gesto risoluto Stefano Vella, presidente dell' Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ha rassegnato le proprie dimissioni «irrevocabili».
Le ha inviate con una lettera al ministro della Salute Giulia Grillo, medico catanese, e agli assessori regionali della Sanità, cioè le autorità che lo hanno designato alla presidenza del Cda dell' ente preposto all' autorizzazione e alla definizione del prezzo dei medicinali. «Uomini e donne si vedono negare la possibilità di ricevere cure indispensabili e vengono lasciati in condizioni igieniche intollerabili.
Questa sequenza di fatti rende deontologicamente incompatibile la mia permanenza ai vertici di un' istituzione che si occupa di salute, inclusa quella delle persone più fragili e marginalizzate», argomenta Vella su carta intestata di Aifa. Non è una mossa di natura politica, dunque, e di presa di posizione sulle politiche del governo che però «nel portare avanti il condivisibile principio di un' equa accoglienza dei migranti nell' Ue mette di fatto a repentaglio la vita di persone nate in Paesi economicamente svantaggiati o segnati da conflitti infiniti».
Vella è conosciuto dalla comunità scientifica mondiale come capo del centro di salute globale all' Istituto Superiore di Sanità e soprattutto per gli incarichi di primo piano sul fronte della lotta all' Aids. Spiega al Corriere: «Il gesto mi pesa molto, lascio con rammarico un incarico di prestigio che penso di aver ricoperto con impegno e serietà. Ho però scelto di esprimere il dissenso utilizzando uno strumento concreto, le dimissioni, anziché cavarmela con un tweet».
È il primo rappresentante della comunità medico scientifica istituzionale a dichiararsi contrario «per sensibilità etica e deontologica» alla linea antisbarchi. E il silenzio mantenuto dai suoi colleghi? «Mi attendevo si facessero sentire. Per noi abituati a prenderci cura di chiunque manchi di salute dovrebbe essere normale».