IL GIALLO DEL NORD-EST- CHI HA UCCISO LA COPPIA PIÙ BELLA DI PORDENONE: UNO SPASIMANTE RESPINTO O LA MALAVITA? - LA NONNA DI LUI: “SI ERA RIBELLATO ALLA SACRA CORONA UNITA”
teresa costanza trifone ragone
Alessandro Dell’Orto per “Libero Quotidiano”
Quando - martedì sera a Pordenone - sono stati trovati i corpi senza vita di Trifone Ragone (29 anni) e Teresa Costanza (30 anni), uccisi a colpi di pistola dentro l’auto di lui, il primo pensiero è stato a un omicidio-suicidio, a una crisi di coppia sfociata nella follia. Ben presto però, dopo i primi rilievi, quella che appariva una tragedia familiare è diventato qualcosa di più complesso. Un duplice omicidio. Un’esecuzione. Un vero giallo.
Perché né all’interno dell’auto né nel parcheggio circostante è stata trovata la pistola calibro 7.65 che ha sparato i cinque colpi uccidendo, a freddo, i ragazzi: lui, militare del 132esimo Ariete carri di Cordenons, originario di Monopoli, una passione per la palestra e una fascia locale, quella di Lignano al concorso di Mister Friuli Venezia Giulia; lei, nata ad Agrigento, una laurea alla Bocconi nel 2010 in Marketing Management e ora subagente della compagnia Zurich. Trifone e Teresa, Teresa e Trifone. Belli, innamorati, tranquilli, senza precedenti penali e senza strani giri: vivevano insieme da poco più di un anno, dopo che la ragazza si era trasferita da Milano a Pordenone.
Esclusa la pista dell’omicidio-suicidio (ieri sono stati effettuati anche rilevamenti balistici per determinare la direzione degli spari), dunque, gli inquirenti stanno cercando di capire quale può essere stato il movente per un delitto tanto efferato. Gelosia? Questioni di droga? Malavita? Difficile formulare ipotesi ora (di sicuro l’intento era quello di uccidere entrambi, perché la ragazza era in auto ad aspettare, da sola, già da molti minuti), ma ciò che è sicuro è che i due ragazzi sono stati sorpresi dal killer e non hanno avuto tempo di reazione.
«Dalle prime verifiche non sono emerse situazioni particolari o minacce più o meno recenti nei confronti della coppia, che pare conducesse una vita normale - ha spiegato Marco Martani, il procuratore della Repubblica di Pordenone - I controlli proseguono senza soluzione di continuità e non tralasciamo alcuna pista».
Trifone Ragone, sottufficiale dell’Esercito, era noto negli ambienti della pesistica dove aveva ottenuto anche buoni risultati agonistici e anche martedì pomeriggio si era presentato alla palestra Skorpion, in via Mendola, per allenarsi. Poco dopo lo aveva raggiunto la fidanzata, che «era arrivata sorridente e aveva detto che sarebbe ripassata più tardi dopo essere andata a fare la spesa», spiegano i compagni di pesi. Alle 19.30 Trifone è uscito dalla palestra, ancora in ciabatte, per raggiungere Teresa nel parcheggio del vicino Palasport. Ma non è più rientrato.
Alle 20 sono stati lanciati i primi allarmi. Un ragazzo si è presentato alla portineria dei vigili del fuoco, davanti al palazzetto: «Chiamate l’ambulanza, ci sono due feriti, non si muovono». Negli stessi istanti un’istruttrice di yoga appena uscita dalla palestra, nell’aprire la propria auto ha sentito «dei vetri sotto le scarpe. Ho alzato la testa e visto il finestrino sfondato e due ragazzi riversi. Non mi sono ulteriormente avvicinata, sono corsa in palestra e ho chiesto aiuto». Era la scena del delitto: nella Suzuki Alto di color bianco, al posto di guida e con la testa accasciata a sinistra sul finestrino rotto, c’era Teresa; sul sedile del passeggero, supino, Trifone.
Sul posto, in pochi minuti, due ambulanze del 118 e l’automedica, i carabinieri della Compagnia di Pordenone con la scientifica, i vigili del fuoco (che con una fotoelettrica hanno illuminato a giorno il parcheggio nord del palasport), il pubblico ministero Pier Umberto Vallerin e il medico legale Giovanni Del Ben. Dopo aver rimosso i corpi è stata smontata l’auto - nel cui bagagliaio vi erano diverse valigie e nessun biglietto – alla ricerca dell’arma (di uso civile e non militare) che aveva esploso cinque colpi sui sette disponibili (due bossoli sono stati ritrovati a terra). Ma la calibro 7.65 non è stata trovata e quello che, apparentemente, sembrava un dramma di coppia, si è immediatamente trasformato nel giallo del duplice omicidio.
2. IL GIALLO DEI FIDANZATI UCCISI NELLA LORO AUTO “VITE SENZA UN’OMBRA”
Franco Vanni per “la Repubblica”
Due cadaveri, cinque colpi, nessuna pistola. Quello che inizialmente era stato classificato dagli inquirenti come omicidio- suicidio col passare delle ore si è trasformato in un giallo. «Niente arma, niente movente, nessun aiuto dalle telecamere di sicurezza», sintetizza un investigatore. «Una sola certezza: è stato un agguato in stile criminale», taglia corto il procuratore capo di Pordenone, Marco Martani. I corpi trovati martedì sera nel parcheggio della palestra Skorpion, a bordo di una Suzuki Alto bianca, sono di Teresa Costanza e Trifone Ragone. Lei assicuratrice di 30 anni. Lui sottufficiale dell’esercito di 29. Si amavano, ripetono i parenti. Difficile trovare un’ombra nelle loro vite, hanno detto per ore gli amici ai carabinieri.
A chiamare i soccorsi è stato un istruttore di judo che alle 20, finita la giornata di lavoro, ha trovato l’auto con dentro i due cadaveri. Ha urlato e sono arrivati a piedi i vigili del fuoco, che hanno la centrale a cento metri da lì. Teresa era riversa sul volante con il cranio forato da due colpi di 7.65. «Non è un calibro militare», mettono le mani avanti i carabinieri. Trifone era seduto dal lato del passeggero, con tre fori in testa. «Ma due erano coperti da sangue e tessuti», sostengono gli inquirenti.
Questo spiegherebbe l’errore iniziale dei carabinieri: un solo colpo in testa a bruciapelo equivale a suicidio. Un’equazione sbagliata, costata chissà quanto all’indagine. Trifone aveva appena finito di allenarsi, la fidanzata era andata a prenderlo. Insieme avrebbero raggiunto casa. L’arma che ha tolto loro la vita è una piccola semi automatica da sette colpi.
Chi ha sparato aveva pianificato tutto nei dettagli. In una delle città più video-sorvegliate d’Italia, ha agito in una zona non coperta da videocamere e poco illuminata. In un luogo frequentato da decine di atleti, come il parcheggio del Palazzetto dello Sport, ha scelto un momento in cui nessuno poteva vedere. Qualcuno ha sentito rumori, niente più. La dinamica è chiara, «oltre ogni dubbio», dicono ora i carabinieri.
L’assassino arriva vicino all’auto, apre la portiera del passeggero, uccide Trifone temendo possa reagire. Poi spara a lei. I colpi fanno esplodere un vetro. Un bossolo è stato ritrovato sull’asfalto, gli altri in auto. «Ha sparato in piedi, da vicino. Quando è stato sicuro di avere finito il lavoro, si è allontanato». Una sola persona, forse. Ma non si esclude possa esserci un complice. Se il movente dovesse essere la gelosia — pista possibile e non probabile, come ogni altra — non si tratterebbe di un raptus. La nonna materna di lui avanza tutt’altra ipotesi: «Lo ha ucciso la mafia — dice — in Puglia mio nipote si era ribellato alla sacra corona unita». Poi aggiunge disperata: «Ma non lo so, non so più niente».
I proiettili si sono portati via il progetto di vita di Trifone, nato a Monopoli e dal 2012 alla caserma del 132° Reggimento Carri a Cordenons: passare alla guardia di finanza. «Voleva fare le indagini, non la guerra — raccontano gli amici — ci stava lavorando, era iscritto al concorso, ce l’avrebbe fatta». Il primo passo sarebbe stata un’operazione interforze a Milano, da aprile, per il piano “strade sicure” di Expo. Un impegno di qualche mese, poi sarebbe tornato a Pordenone dalla donna che amava. Il sogno spezzato di Teresa era comprare casa e vivere con Trifone per sempre.
Nata ad Agrigento, era fresca di master in Bocconi. A Milano aveva lasciato due fratelli, madre e padre, imprenditore edile. Un anno e mezzo fa aveva raggiunto il suo uomo in Friuli. Una scelta di compromesso: lei lo aveva convinto a non partire in missione all’estero, scegliendo la tranquillità della vita famigliare, lui l’aveva persuasa a raggiungerlo a Pordenone. Teresa due settimane fa aveva trovato lavoro come “sub agente” alle assicurazioni Zurich.
Martedì, prima di prendere l’auto, aveva fissato un appuntamento con un vivaista a Musile di Piave. Sarebbe stata la sua terza polizza venduta. «Un inizio promettente, era brava», dice Marco Nicoli, titolare dell’agenzia di via Fratelli Bandiera che la ha salutata per sempre alle 18.15.
Ieri i parenti di Teresa e Trifone sono arrivati a Pordenone da Milano, dalla Puglia e da Agrigento. Per tutta la giornata sono stati sentiti dai carabinieri. «Lefamiglie sono unite e vicine fra loro », dice Alberto Cassini, avvocato dei soli Costanza. I Ragone hanno scelto un altro legale. Il quadro di vita che emerge dai racconti dei parenti è chiaro quanto apparentemente inutile alle indagini: nessuna minaccia, nessun nemico. Niente vizi. Anzi: lui era appassionato di palestra e del proprio corpo, al punto da arrivare in finale ai concorsi di bellezza.
teresa costanza trifone ragone
La casa di via Chioggia in cui i due vivevano in affitto, ora sotto sequestro, è ordinata e arredata. Mobili squadrati in tinte chiare. Gli investigatori cercano lì, oltre che dall’analisi di tabulati telefonici e traffico Internet, qualche indizio. «Chi sa qualcosa ce lo dica», ha detto il procuratore Martani in tv. L’autopsia sui corpi sarà eseguita venerdì. Le Tac craniche non hanno fatto che confermare ciò che era evidente: sono stati uccisi con freddezza e senza pietà.