VADO LIGURE E POI MUOIO – DOPO L’ACCUSA DELLA PROCURA (‘LA CENTRALE A CARBONE HA CAUSATO 400 MORTI’), UN GRUPPO DI MEDICI PENSA DI COSTITUIRSI PARTE CIVILE E IL SINDACO TUONA: ‘VOGLIAMO CAPIRE COSA C’È NELL’ARIA CHE RESPIRIAMO’
Teodoro Chiarelli per âLa Stampa'
Te le trovi davanti all'improvviso, in autostrada, venendo da Genova, subito dopo lo svincolo per Torino. Due camini a strisce bianche e rosse alti 200 metri. Due enormi lance scagliate a ferire l'orizzonte. E' la centrale termoelettrica di Vado Ligure, il mostro che dal 1970, prima sotto il cappello Enel e dal 2002 sotto quello di Tirreno Power, ammorba l'aria della seconda piana della Liguria dopo Albenga. Un gigante vicino alle case e a un pugno di campi di calcio e di impianti sportivi.
Ovviamente Tirreno Power (50% della francese GdF Suez, 50% di Energia Italiana, a sua volta controllata al 78% da Sorgenia del gruppo Cir che fa capo alla famiglia De Benedetti) sostiene di rispettare le prescrizioni di legge.
Dopo mesi di indagini, analisi, studi e ascolto di consulenti, la procura di Savona accusa in modo diretto Tirreno Power di aver ucciso. Per il procuratore Francantonio Granero le emissioni della centrale a carbone di Vado hanno causato 400 morti tra il 2000 e il 2007. «Senza la centrale di Vado tanti decessi non vi sarebbero stati», ha detto. E l'affermazione non si basa su un calcolo algoritmico, come era emerso in passato, ma su dati reali.
Secondo il procuratore, ci sarebbero stati anche tra i 1.700 e i duemila ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 ricoveri di bambini per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012. I consulenti della procura hanno mappato una "zona di ricaduta delle emissioni" della centrale ed hanno escluso come causa delle patologie il traffico automobilistico, altre aziende della zona e i fumi delle navi in porto. Il perimetro della mappa riguarda quasi tutta Savona, Vado, Quiliano, Bergeggi e in parte Albisola e Varazze.
La piana di Valleggia di Quiliano sino alla fine degli anni Sessanta era famosa per le sue albicocche. Da queste parti ricordano ancora i camion che venivano a caricarle destinazione Germania. Ma si era in pieno boom economico, l'Italia chiedeva energia, ferro, petrolio e treni per lasciarsi alle spalle la povertà del dopoguerra. Così i contadini vendono i terreni e diventano operai e tecnici.
Arriva l'Enel (1971), ci sono la Esso, la Montedison, l'Eni, la Carbocoke, la Westinghouse (oggi Bombardier), il porto pompa greggio e sostanze chimiche. E' l'industria pesante, un modello di sviluppo, con regole scarse ma confuse, che dovrebbe condurre al benessere. Vado diventa il paese a maggior concentrazione industriale d'Europa, dipinto dalla retorica industrialista come una piccola Manchester. Poi il boom finisce, le aziende chiudono o smagriscono, ma la devastazione del territorio rimane. E la gente scopre che il (presunto) benessere ha i suoi prezzi, altissimi, da pagare.
Ilaria Mastrorosa ha 28 anni e ha appena finito di combattere con un tumore maligno al sistema linfatico. à una delle pochissime persone disposta a parlare con nome e cognome. Aveva un bar a Savona, dove abita, e nell'ottobre del 2012 le diagnosticano "la bestia". «Sono stata operata, ho fatto la chemio, ho dovuto chiudere la mia attività . Un percorso durissimo, con la chemio ti senti una vecchia di cent'anni, perdi la gioia di vivere. Ho stretto i denti e ora sembra che il tumore sia in remissione.
Non mi sono arresa, ho voluto cercare le cause, capire se derivavano da fattori ambientali. E guarda caso il mio tipo di patologia è favorito dalle emissioni legate al carbone. E prende sempre di più i giovani. Quando facevo la chemio, io di 27 anni ero la più vecchia. Uno strazio. Così ho deciso di farmi fotografare durante la cura senza capelli e con una maglietta con la scritta "no carbone". Bisogna far uscire la gente allo scoperto, denunciare».
Non è facile. Soprattutto in momenti di crisi economica, la contrapposizione lavoro-salute ha un esito scontato. Dario Miedico è un medico legale, specializzato in medicina del lavoro. Vive a Milano e ha una casa di vacanze ad Albissola: si è appassionato alla causa. «Contrariamente a quanto si pensa, le principali conseguenze dell'inquinamento da carbone sono non tanto i tumori, quanto patologie respiratorie e cardiorespiratorie. Stiamo raccogliendo documentazione e cartelle cliniche. Abbiamo seguito una settantina di casi: vorremmo arrivare a una denuncia e alla costituzione di parte civile. L'iniziativa della procura ci fa ben sperare, ma bisogna proseguire a sensibilizzare la gente. L'obiettivo finale?
Spero che la centrale chiuda o si trasformi a metano». Nel frattempo Miedico si è beccato una denuncia da Tirreno Power con richiesta danni da 1 milione di euro.
Un altro medico, referente savonese di "Medicina democratica", Maurizio Loschi, parla di famiglie decimate: padre, figlio e suocero uccisi dalle polveri di carbone. O di quell'operaio che lavorava vicino alla centrale stroncato dall'antracosi, ossia dalla presenza di carbone nei polmoni. Ma anche di malattie esplose in famiglia. «La mia compagna - racconta - abita a Noli, praticamente sul mare. Ora è affetta dall'asma. Dopo di lei è toccato al figlio della sorella, 28 anni. Un giovane che non si è mai mosso da Noli».
Il sindaco di Vado, Attilio Caviglia, tuona: «Vogliamo capire con sicurezza cosa c'è nell'aria che respiriamo, nell'acqua dei torrenti e nel suolo». Alberto Ferrando, sindaco di Quiliano, paese confinante, va giù duro: del resto la sua amministrazione ha fatto ricorso al tar contro l'ampliamento della centrale e contro l'Aia. «Dopo le affermazioni del procuratore mi aspetto che ci siano azioni conseguenti, avvisi di garanzia e un processo. Purtroppo le istituzioni qui in Liguria sono in grave ritardo».
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