verdini renzi

VERDINI DIETRO LE SBARRE? - CONDANNATO IN APPELLO A 6 ANNI E 10 MESI PER IL CRAC DEL CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO, L’EX BRACCIO DESTRO DI BERLUSCONI E GRANDE AMICO DI RENZI RISCHIA IL CARCERE - VERDINI USO’ L'ISTITUTO PER FORAGGIARE IMPRENDITORI AMICI E I SUOI GIORNALI DANDO SOLO, “OLTRE OGNI LOGICA CREDITIZIA”, AL GRUPPO FUSI CHE STAVA ANDANDO A ROTOLI

Fabio Amendolara per “la Verità”

 

verdini berlusconi

Management e revisori erano appiattiti sulle sue decisioni. E il Credito cooperativo fiorentino di Campi Bisenzio, del quale è stato presidente dal 1990 al 2010, si era trasformato nella banca del presidente, ossia di Denis Verdini, l' ex deputato di Forza Italia che poi ha fondato Ala, la stampella del governo guidato da Matteo Renzi.

 

Quella Bcc a guida Verdini aveva perso la sua natura mutualistica e si era trasformata nel bancomat con cui il presidente finanziava le imprese dei suoi amici d' affari e tutte le sue attività editoriali fallimentari.

VERDINI

 

Ora il crac del Credito cooperativo fiorentino gli costa, in appello, 6 anni e 10 mesi di reclusione. È la pena, scontata (in primo grado Verdini si era beccato 9 anni tondi tondi), decisa ieri dai giudici della Corte d'appello di Firenze (che hanno accolto anche i patteggiamenti dell' ex direttore generale, Pietro Italo Biagini, a 3 anni 10 dieci mesi e di numerosi membri del consiglio d'amministrazione e del collegio dei revisori dei conti a 1 anno e 8 mesi). A questo punto - appena la sentenza sarà definitiva - per il politico c'è rischio concreto di finire dietro le sbarre. In totale le condanne sono venti. I giudici hanno rifilato 5 anni e 10 mesi ciascuno agli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei.

denis verdini

 

Erano a capo di un gigante immobiliare e alberghiero e di un' impresa considerata per diversi anni il quinto colosso italiano delle costruzioni. Un colosso malato, però, visto che proprio Fusi in un altro processo ha dichiarato che la sua azienda andava a rotoli già nel 2007.

 

Condizione questa che avrebbe dovuto spingere la banca di Verdini a una maggiore prudenza nel sostenere quell' impero imprenditoriale decadente, come già nel 2007 aveva ammonito la Banca d' Italia, definita nel corso di una delle udienze «esoterica», «perché», disse Verdini, «scrive una cosa e anche il suo contrario». E ora che le sentenze sono state emesse, Verdini è in una posizione scomoda: «Non è vero che volevo far fallire la banca. Io ho dato tutto per quella banca.

Simonetta Fossombroni Denis Verdini

 

Ho preso le ceneri di una piccola banca e l' ho fatta sviluppare, trasformandola in una comunità». Quasi una fotocopia delle dichiarazioni fatte in tribunale solo qualche settimana fa al processo per il fallimento della società editoriale che guidava: «Ho solo dato a questo giornale, l' ho sempre fatto, dall' inizio alla fine per tenerlo in vita. Mi fa enorme dispiacere che, con un debito sanato e lo sforzo compiuto, siamo arrivati lo stesso al fallimento».

 

Alla fine della requisitoria i procuratori generali Fabio Origlio e Luciana Singlitico avevano chiesto di condannare Verdini a 8 anni di reclusione. Una pena inferiore a quella di primo grado perché a Verdini è stata riconosciuta proprio una continuazione tra il reato di bancarotta per il Credito cooperativo fiorentino e la parte del processo che riguarda l' editoria. Il secondo filone giudiziario costa 1 anno e 5 mesi all' altro ex parlamentare di Ala e braccio destro di Verdini, Massimo Parisi.

RENZI VERDINI

 

La Procura generale, inoltre, aveva contestato il reato di associazione a delinquere a Verdini, che per quell' accusa era già stato assolto in primo grado. Stessa contestazione anche per Fusi e Bartolomei per i quali sono stati chiesti rispettivamente 6 anni di reclusione e 6 anni e 3 mesi. Alla loro azienda venivano erogati sostegni a go go, senza che alla base delle richieste ci fossero le garanzie necessarie. Un aspetto della gestione che ha permesso ai giudici di primo grado di definirla «imprudente quanto ambiziosa, seguita dalla consapevolezza, maturata dapprima dal senatore Verdini e subito dopo anche dal management, di un imminente disastro, ormai inevitabile e reso poi palese dall' ispezione della Banca d' Italia del 2010».

 

Nonostante lo sfascio e nonostante la crisi del gruppo Fusi-Bartolomei fosse nota, la banca di Verdini aveva continuato a sostenere i due imprenditori, «nella piena consapevolezza della precarietà della loro situazione». Le imprese attive, ha ricostruito il processo di primo grado, vivevano sul filo del rasoio.

 

VERDINI

Le ragioni per cui, nonostante tutto, il Credito cooperativo fiorentino continuò a finanziare «oltre ogni logica creditizia» i due imprenditori vanno ricercate, secondo l' accusa, proprio in quei rapporti «forti e intensi» fra Verdini e Riccardo Fusi, documentati fra l' altro da numerose intercettazioni. Gli affari andati in fumo sono stati quantificati complessivamente in 100 milioni di euro di finanziamenti decisi da Verdini e deliberati dal consiglio d' amministrazione senza battere ciglio. «Un danno enorme», secondo l' accusa, «causato dalla patologia dei finanziamenti concessi, dall' indifferenza verso la vigilanza e dallo spregio delle regole».

 

maria elena boschi denis verdini

La difesa di Verdini, sostenuta dagli avvocati Franco Coppi ed Ester Molinaro, ha giocato la sua ultima carta, cercando di far leva sui pregiudizi e hanno sostenuto in aula: «È bastato il nome di Verdini, purtroppo, per la colpevolezza». Il gioco, però, è andato male e la loro tesi non ha convinto i giudici. Ora non resta loro che attendere le motivazioni della sentenza e sperare di poter ricorrere in Cassazione.

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO…