
VI RICORDATE QUANDO PAPA FRANCESCO TUONÒ CONTRO LA ‘NDRANGHETA ANNUNCIANDO LA SCOMUNICA PER I MAFIOSI? A PIÙ DI DIECI ANNI DI DISTANZA, QUELLE PAROLE RIMANGONO LETTERA MORTA: LA SCOMUNICA DEI CORROTTI NON È MAI ESISTITA, E LA SVOLTA VOLUTA DAL PAPA È STATA OSTACOLATA DALL’INTERNO DEL VATICANO – DA CHI? TUTTI TACCIONO MA LA COMMISSIONE VOLUTA DAL PAPA È STATA SCIOLTA E I DOCUMENTI PROMESSI MAI PUBBLICATI – BERGOGLIO VOLEVA FARE PULIZIA, MA È RIMASTO SOLO. E A ISOLARLO SONO STATI I…
Estratto dell’articolo di Lirio Abbate per "la Repubblica"
Quando in terra di Calabria Papa Francesco tuonò contro la ‘ndrangheta annunciando «i mafiosi sono scomunicati» sembrò una svolta epocale. Era il 2014 e per la prima volta un pontefice utilizzava una delle sanzioni più gravi della Chiesa per colpire la criminalità organizzata. A distanza di anni, quella dichiarazione è lettera morta, un proclama solitario rimasto senza seguito canonico né applicazione. Un gesto forte ma sospeso. Come un grido lanciato nel vuoto. Francesco voleva cambiare. Il sistema non ha voluto essere cambiato.
Un progetto ambizioso Papa Francesco aveva un piano chiaro: colpire mafia e corruzione non solo a parole, ma anche nei codici della Chiesa. Aveva fatto avviare commissioni, convocato summit internazionali in Vaticano, promosso il lavoro di dicasteri come quello per lo Sviluppo umano integrale di cui allora era prefetto il cardinale Peter Turkson. Si era persino cominciato a studiare una forma giuridica concreta per rendere effettiva la scomunica ai corrotti. Il Papa usava parole forti: definiva la corruzione «un cancro», «una radice velenosa », «una bestemmia sociale». E ha proseguito a farlo.
Nel 2021 una nota del Dicastero comunicava l’istituzione di un gruppo di lavoro sulla “scomunica alle mafie” […] Si stava elaborando un testo giuridico condiviso per ufficializzare la scomunica per mafia e corruzione. […] Nell’ottobre 2021 il gruppo consegnò una relazione al Papa.
Chi ha fermato tutto?
In seguito al lavoro del gruppo sulla “scomunica alle mafie” nulla è stato fatto in Vaticano. Il progetto di Papa Francesco come afferma uno dei componenti che faceva parte del gruppo, don Luigi Ciotti, intervistato da Repubblica Palermo dice: «Purtroppo a un certo punto si è interrotto. Non l’attenzione di Papa Francesco che è rimasta viva su questi argomenti, ma internamente al Vaticano c’è stato un freno». Non ci sono spiegazioni ufficiali, solo silenzi. Ma chi conosce i meccanismi interni alla Santa Sede, racconta di una resistenza sotterranea, feroce.
Ed è qui che la vicenda assume contorni paradossali: a ostacolare l’iniziativa, secondo fonti interne, potrebbero essere stati proprio i vertici vaticani nominati da Francesco. I cosiddetti “progressisti”, coloro che dovevano incarnare la svolta. E invece, nella prassi, hanno represso l’impulso riformatore del Papa su questo tema. «Attenzione però», dice don Ciotti, «perché l’intenzione del Papa, e del gruppo di cui anch’io facevo parte, non è mai stata quella di emarginare le persone o chiudere la porta alla possibilità di una loro conversione. Quanto è ferma la condanna dei comportamenti e delle organizzazioni, altrettanto lo è la speranza di un ritorno dei singoli nella comunione».
La Chiesa italiana ha avuto i suoi martiri antimafia: monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel marzo del 1980 mentre celebrava la messa, è stato proclamato beato, don Pino Puglisi, beatificato; Rosario Livatino, il “giudice beato”. Ma sono esempi lasciati al margine, come se si trattasse di scelte personali eroiche. Colpisce un fatto: mentre la dottrina sociale della Chiesa ha prodotto testi su ogni ambito – economia, giustizia, ecologia, famiglia, guerra e pace – sulla mafia non c’è alcun documento dottrinale. Zero.
Né encicliche, né esortazioni apostoliche, né lettere pastorali. Sulla corruzione, appena due righe nei testi ufficiali. È l’unico tema rimasto ai margini, come se toccarlo implicasse rischi troppo alti.
Vescovi latinoamericani – interpellati in confidenza – raccontano che ci potrebbero essere diocesi che ricevono fondi da gruppi che possono avere indirettamente collegamenti con i narcos, o di alleanze opache con governi corrotti. Anche negli Stati Uniti, la rete delle donazioni ecclesiali talvolta si intreccia con clan e lobby. È un reticolo difficile da disfare, e può spiegare perché, a un certo punto, qualcuno in Vaticano abbia chiuso la porta. […] Le spinte contrarie, durate almeno tre anni, hanno avuto la meglio.
[…] L’occasione mancata Francesco voleva cambiare. Ma il sistema non ha voluto essere cambiato. Così il Papa è rimasto solo. Di nuovo. Oggi, la scomunica ai mafiosi resta una frase impressa in qualche articolo che ricorda le parole di Bergoglio, ma mai codificata nei canoni. La scomunica ai corrotti, invece, non è mai esistita davvero. La commissione voluta dal Papa è stata sciolta. I documenti promessi, mai pubblicati. Papa Francesco ha provato a fare pulizia. Ma nella lotta alla mafia e alla corruzione, è rimasto solo. E il più grande silenzio della Chiesa del nostro tempo, oggi, pesa come una colpa.
reliquia rosario livatino 6
la traslazione di papa francesco in vaticano 3
papa francesco
la traslazione di papa francesco in vaticano 2
don pino puglisi