VIAGGIO AL TERMINI DI UNA CITTÀ – DENTRO LA STAZIONE DELLA CAPITALE LUCI E NEGOZI MA FUORI È LO SFACELO: SPORCIZIA, PUSHER, BIVACCHI DI ALCOLIZZATI: ALLA FINE LA COSA PIÙ BELLA È LA STATUA DI PAPA WOJTYLA…

Marco Lodoli per "La Repubblica"

La stazione Termini è decisamente migliorata negli ultimi anni: la grande galleria pedonale è piena di negozi e di attività, si percepisce tutta l'energia che deve esserci nella stazione di una grande metropoli, quel viavai di partenze e di arrivi che ogni giorno rinnovano la vita della città. D'altronde, è bene ricordarlo, la nostra stazione centrale è la seconda in Europa per traffico di viaggiatori, dopo la Gare de Nord di Parigi. Sui grandi tabelloni elettronici ruotano puntuali le informazioni sui treni, i posti di ristoro sono numerosi e ben forniti, le biglietterie classiche e quelle automatiche funzionano perfettamente, la pulizia è costante e la polizia vigila affinché non ci siano furti, borseggi, risse.

Insomma, la Stazione Termini è diventata un luogo abbastanza sicuro e gradevole, tant'è che ormai per molti viaggi a media distanza i romani scelgono il treno piuttosto che l'aereo, proprio perché sentono che è più comodo arrivare a Termini e salire su un convoglio Freccia Rossa piuttosto che scapicollarsi fino a Fiumicino. Tutto bene, dunque?

Direi di sì, ma poi, uscito dalla stazione, direi subito di no. Appena fuori inizia il degrado, regna la sporcizia, cresce la paura. Tutto intorno a Termini s'allargano la pena, il disagio, l'apprensione. Qualche sera fa una signora anziana con cui avevo condiviso il viaggio mi ha chiesto se potevo accompagnarla fino all'albergo, dietro piazza Indipendenza. Aveva una valigia voluminosa e un certo timore. Siamo usciti dal lato di via Marsala, dove ci aspettava una Roma buia e minacciosa, un percorso pieno di insidie. C'è uno stacco nettissimo tra le luci della galleria e le tenebre della città, tra la vivace frenesia interna e il cupo sfacelo esterno. Subito una larga chiazza di vomito sul marciapiede dissestato ci ha avvertito che da lì iniziava un altro viaggio.

Sotto la basilica del Sacro Cuore di Gesù ci aspettano una decina di alcolizzati, bottiglie e cartoni in mano e a terra, alcuni intontiti dal vino, altri ringalluzziti, che gridano parole sconnesse e ci chiedono soldi a brutto muso. Trascino valigia e signora più avanti, per via Vicenza, ora sottosopra per dei lavori stradali. Per terra c'è una borsa rubata chissà a chi e completamente svuotata, una sacca nera col manico spezzato, lasciata lì come il teschio della vacca sul bordo del deserto, come un monito inquietante.

Tutti i palazzi sembrano sporchi e fatiscenti, quinte di un teatro della desolazione: e tra due macchine parcheggiate c'è un uomo che defeca, accucciato come un cane. Una fila di motorini è crollata sul fianco, come tessere di un domino meccanico. Raso muro camminano ombre furtive, gente che scivola via, che s'incontra e si separa furtivamente. Davanti a noi due uomini si stanno scambiando denaro e bustine come se niente fosse: uno dei due è agitato, l'altro prova a calmarlo. Si spingono, urlano, poi riprendono la contrattazione. Altri venti passi e troviamo un disgraziato buttato per terra a dormire, i piedi nudi e le ginocchia strette al petto, un nodo di pena che neanche il sonno scioglie. Ovunque buste di spazzatura abbandonate, ammucchiate, rovesciate, un fetore che stringe lo stomaco.

In poco più di duecento metri, tra l'efficienza della stazione e la tana dell'albergo, una sequenza di situazioni disperate, una serie di cartoline dall'inferno. La signora, arrivata alla meta, mi ringrazia, e poi mi domanda: «Ma Roma è tutta così?», e io provo a rassicurarla, a garantirle che questa, nonostante lo squallore del primo approccio, è una città bellissima. Saluto, prendo la mia Vespa che ho lasciato parcheggiata per un paio di giorni, e imbocco il traforo che porta su via Giolitti. Nel tunnel, tra pilastro e pilastro, su cartoni e stracci riposa un'umanità derelitta, il popolo degli umiliati e offesi che rimangono attorno alla stazione, come se quello fosse il porto da cui un giorno sognare di poter ripartire verso una vita migliore. Anche su via Giolitti deambulano anime perse, sotto i faraglioni alti e scuri di palazzi mai risistemati.

A piazza dei Cinquecento di giorno ci sono bancarelle che vendono merce taroccata, magliette con i nomi dei calciatori famosi, souvenir dozzinali: di notte è un lago buio, terra di marchettari e balordi. Alla fine la cosa più bella è la statua di Papa Wojtyla creata da Oliviero Rainaldi, mirabilmente corretta dopo le tante critiche. È imponente e leggera, e sembra voler accogliere e proteggere sotto il suo manto ventoso tutta l'infelicità che gira attorno alla stazione Termini.

 

VOLANTINAGGIO ALLA STAZIONE TERMINI DELLE HOSTESS ALITALIA STAZIONE TAXI DESERTA ALLA STAZIONE TERMINI jpegtermini TERMINI images stazione resize Stazione Termini jpeg

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…