
“VOLEVA ESSERE UN DURO, MA È DIVENTATO MOLTO DI PIÙ: UN PURO” – AIUTO! MARCO TRAVAGLIO SI È INNAMORATO DI LUCIO CORSI! DOPO AVER ASSISTITO A UN CONCERTO DELL’ARTISTA: “LO VEDI LÌ SUL PALCO CHE CANTA E SUONA CON LA CHITARRA A TRACOLLA, L’ARMONICA A BOCCA AL COLLO, LE DITA CHE DANZANO SULLA TASTIERA DEL PIANOFORTE-ORGANO, IL CORPO SOTTILE DA FAUNO STRETTO NELLE SPALLINE TIPO ALI DI FARFALLA, NELLA TUTINA ADERENTE BIANCO-ROSSA TIPO CALCIO MEDIEVALE FIORENTINO O PETER PAN...” – LA PASSIONE DI MARCOLINO PER IL KARAOKE – VIDEO
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Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto Quotidiano”
LUCIO CORSI E TOPO GIGIO - FOTO LAPRESSE
Lo vedi lì sul palco che canta e suona con la chitarra a tracolla, l’armonica a bocca al collo, le dita che danzano sulla tastiera del pianoforte-organo, il corpo sottile da fauno stretto nelle spalline tipo ali di farfalla, nella tutina aderente bianco-rossa tipo calcio medievale fiorentino o Peter Pan di Disney, nelle scarpine col tacco bianche come il volto impomatato da Pierrot, e intanto cambia abiti e cappelli, balla, salta, corre come tarantolato, travolgendo casse, strumenti, musicisti, leggii e cavalletti dei microfoni, trascinandosi dietro i cavi elettrici intrecciati ai piedi senza inciampare per fiondarsi addosso al pubblico delle prime file che lo tiene su con le mani alzate, inseguito da un assistente disperato che raccoglie i cocci, e pensi: questo Lucio Corsi non è una delle tante meteore che brillano a Sanremo e poi si spengono qualche mese o anno dopo. Ne sentiremo parlare ancora a lungo.
Voleva essere un duro, ma è diventato molto di più: un puro. Un folletto maremmano che non si monta la testa dopo il secondo posto a Sanremo, l’Eurovision in arrivo, il Disco d’oro, i 30 milioni di clic su Spotify, i sold out di questo Club Tour e delle date estive negli ippodromi di Roma e Milano. Non perde la naïveté. Si prende tutte le libertà che vuole.
Non cerca effetti speciali né regie costruite né scenografie laccate che mettano ordine in quel casino del palco troppo piccolo e troppo affollato (almeno all’Atlantico di Roma, dove l’abbiamo visto venerdì). [...]
La sua forza sono la freschezza dell’invenzione, la frenesia dell’esibizione e l’imperfezione dell’improvvisazione, inclusi i microfoni che ogni tanto fischiano mentre svita e avvita le manopole dell’amplificatore. I brani si susseguono senza pause, quasi l’uno dentro l’altro.
[...]
Lucio Corsi ha l’argento vivo addosso: vuol far ascoltare più pezzi possibile e li esegue un po’ più veloci che nelle versioni incise. Piacevoli, spassosi, ironici, ora dolci ora scorretti (“sigarette sigarette... fumerò per sempre”), miniere di paradossi e ossimori (“per stare soli servono carezze”, “nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi”).
Alterna rock duro, brani più melodici per sola voce e piano, la cover di Nel blu dipinto di blu di Modugno (a Sanremo ci aveva duettato con Topo Gigio), gli omaggi per palati fini a Lucio Dalla (una strofa di E non andar più via), alla canzone popolare della sua terra (Maremma amara) e al suo mito Randy Newman (la versione italiana e scorrettissima di Short people: “La gente bassa”, che “non ha ragione di vivere”).
Le contaminazioni e le citazioni sono dichiarate, rivendicate: cambi d’abito e dissacrazioni ricordano il Renato Zero delle origini, i frullati sarcastici di nomi letterari e storici vengono dal primo Battiato, il primato delle chitarre da Graziani, da Bennato e da un pezzo di un altro Lucio (Battisti). Che, con Corsi e Dalla, forma una splendida trilogia, almeno nell’omaggio. “Non sono altro che Lucio”: hai detto niente.
LUCIO CORSI - VANITY FAIR
MARCO TRAVAGLIO E IL KARAOKE
MARCO TRAVAGLIO E IL KARAOKE - VERONICA GENTILI
lucio corsi
LUCIO CORSI - VANITY FAIR
LUCIO CORSI - VANITY FAIR
LUCIO CORSI - VANITY FAIR
LUCIO CORSI E TOMMASO OTTOMANO - VANITY FAIR