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DAGOREPORT – PER COME SI ERANO MESSE LE COSE, IL 51% DEI CONSENSI PER URSULA VON DER LEYEN ALL’EUROPARLAMENTO È GRASSO CHE COLA. LA COFANA BIONDA TEDESCA SI È DOVUTA BARCAMENARE TRA MANCATI VOTI E SOPRAGGIUNTI VETI, E HA PAGATO L’ALLARGAMENTO DELLA MAGGIORANZA A GIORGIA MELONI – LA DUCETTA CREDE DI ESSERE DIVENTATA IL NUOVO PERNO DI BRUXELLES, MA I VOTI DI FDI SONO SERVITI SOLO PERCHÉ HANNO FATTO SCAPPARE QUELLI DELLA MAGGIORANZA TRADIZIONALE – IL POVERO TAJANI SI È SBATTUTO PER LA SORA GIORGIA: SONO STATI LUI E WEBER A GARANTIRE PER RAFFAELE FITTO. E IN CAMBIO, IN ITALIA, IL MINISTRO DEGLI ESTERI RICEVE SOLO SCHIAFFONI (DAL CANONE RAI AL RISCHIO COMMISSARIAMENTO CON LA BELLONI…)

DAGOREPORT

GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN ELLY SCHLEIN - VIGNETTA DEL FATTO QUOTIDIANO

Il 51% dei consensi dell’Europarlamento ottenuto da Ursula Von der Leyen sarà anche il peggior risultato di sempre per un presidente di Commissione, ma ha molte cause e spiegazioni. E non è affatto un risultato piovuto dal cielo.

 

La politica tedesca, dal momento della sua ricandidatura, si è ritrovata in mezzo a molti fuochi e veti incrociati. Si è dovuta barcamenare tra l’esigenza di preservare la sua storica maggioranza (Ppe-Socialisti-Liberali-Verdi) e la necessità di contemperare i nuovi equilibri europei emersi dal voto dello scorso giugno.

 

MANFRED WEBER CON ANTONIO TAJANI AL CIRCOLO DEGLI ESTERI

Tenere a sinistra, aprire a destra. Tenere unito il suo fronte, e allo stesso tempo dialogare con i nemici di sempre. Fino al veto finale del Ppe da parte del tedesco Weber, che sarebbe arrivato a minacciare un voto contrario dei popolari se non fosse arrivata la vicepresidenza a Fitto. Insomma, la povera Ursula ha dovuto fare l’equilibrista. Considerato tutto questo, il 51% appare molto meno incomprensibile.

 

L’oscillazione continua a cui è stata costretta Ursula  ha generato una serie di spaccature a cascata. Il Ppe si è diviso tra chi voleva restare nell’abbraccio dei socialisti e chi, come Manfred Weber, avrebbe preferito un allargamento alle destre.

 

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI

Socialisti e liberali, cioè Scholz e Macron, non volevano alcun tipo di concessione a patrioti e conservatori, e la stessa Meloni, che nella maggioranza Ursula alla fine è entrata, ha avuto un comportamento ondivago: prima ha votato contro la candidatura Von der Leyen, poi, dopo aver incassato la vicepresidenza per Fitto ha votato per il bis.

 

Insomma, un grande marasma che ha finito per scontentare tutti. Persino i popolari spagnoli, incazzati con Ursula per il posto di vicepresidente concesso a Teresa Ribera, ministra dell’esecutivo Sanchez accusata di avere molte responsabilità nel disastro dovuto all’alluvione di Valencia.

 

raffaele fitto giorgia meloni - foto lapresse

Il risultato finale di questo caos ha portato Ursula ad avere i voti contati (Romano Prodi nel 1999 fu eletto con l’88% dei voti, lei solo con il 51%) e a illudere Giorgia Meloni di essere stata determinante per la conferma della Von der Leyen.

 

La Ducetta ora vagheggia di essere diventata il perno, il baricentro degli equilibri europei, ma non si accorge della realtà: i suoi voti sono stati utili, ma solo perché è bastata la sua presenza nella maggioranza Ursula a far scappare gli altri. Il sostegno a Von der Leyen dei 24 eurodeputati di Fratelli d’Italia ha infatti scatenato un fuggi-fuggi, con il risultato che sono mancati una settantina di voti tra le sole file di popolari e socialisti (all'interno del Ppe i voti contrari sono stati 25 e gli astenuti 2. Tra i socialisti, i contrari sono stati 25 e gli astenuti 18. Tra i liberali si sono astenuti in sei, nessun contrario).

 

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN AL G7

La sora Giorgia ha anche altre gatte da pelare: deve innanzitutto preoccuparsi del futuro di Ecr. Gli altri partiti del contenitore conservatore (in testa, i polacchi del Pis, nemici pubblici del premier popolare Donald Tusk), a differenza di Fratelli d’Italia, non hanno votato per Von der Leyen. Di conseguenza, il grosso di Ecr, scontento per il camaleontismo della “Thatcher della Garbatella”, potrebbe finire per maritarsi con i “Patrioti” di Salvini e Le Pen.

 

Inoltre, se la Meloni si è ritrovata un vicepresidente esecutivo della Commissione, e ha avuto la strada spianata per avvicinarsi alla maggioranza Ursula, lo deve al lavoro diplomatico di Antonio Tajani.

 

antonio tajani roberta metsola

Il vicepremier si è a lungo speso con il suo amico, Manfred Weber, facendo da garante, verso gli europoteri, sull’affidabilità di Fitto e di Fratelli d’Italia. Peccato che in patria l’ex monarchico si ritrovi a prendere soltanto schiaffoni, su tutti i fronti.

 

La Lega prova a fargli ingoiare la riduzione al canone Rai, gli alleati dicono no al “suo” ius scholae, gli scazzi sull’autonomia differenziata, il rischio commissariamento se arrivasse Belloni agli affari europei, le deleghe di Fitto sul Pnrr che rimarranno a Palazzo Chigi.

 

tajani weber

Insomma, quel merluzzone del ministro degli Esteri si è tanto speso per Fitto e Meloni da sperare in uno strapuntino in Italia, che non è mai arrivato. E così è entrato in modalità belligerante e ha coinvolto il suo amico Weber per ricordare a Meloni e Salvini il suo ruolo cruciale nello sdoganamento in Europa di Fratelli d’Italia. Oggi il crucco, presidente del Ppe, in un’intervista alla “Stampa” ha portato acqua al mulino del forzista: “L’Italia con Fitto ha ottenuto il posto che merita in Europa. Io e Antonio lo abbiamo difeso fino all’ultimo dagli attacchi ed è grazie al Ppe che la sua nomina alla fine è stata confermata”

 

Ps. Non bisogna inoltre dimenticare che Tajani, oltre al rapporto consolidato con Weber, è il padrino politico di Roberta Metsola, che del Parlamento europeo è presidente. E questo legame tra i due ha, e avrà, un peso nelle future dinamiche a Bruxelles e a Strasburgo…

 

MANFRED WEBER - PARTITO POPOLARE EUROPEO - PPE

MANFRED WEBER: “LA LINEA UE DI SALVINI È FALLIMENTARE. CON I CONSERVATORI INTESE POSSIBILI”

Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”

 

Il Partito popolare europeo «è il centro di gravità politico» di questa Europa ed è da questa posizione privilegiata che intende governarla. Lo spiega a La Stampa Manfred Weber, leader del Ppe e capogruppo al Parlamento europeo […]

 

Il voto ha portato a una ridefinizione dei confini della maggioranza?

GIORGIA MELONI MANFRED WEBER

«Fatico a capire questo ragionamento. Già a giugno, Von der Leyen aveva presentato un programma molto chiaro basato sulle priorità del Ppe, con in testa la competitività, la sicurezza e lo stop all’immigrazione illegale. Le stesse che poi abbiamo inserito nella piattaforma programmatica.

 

La composizione della Commissione riflette quelli che sono i temi sul tavolo e le priorità. Non c’è nemmeno un commissario dei Verdi, mentre con Fitto abbiamo un vicepresidente esecutivo italiano che è membro dei Conservatori. La realtà in Europa è che il Ppe è il centro di gravità politico e con questo approccio noi la governeremo».

 

GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN

Sì, ma quali sono i confini della maggioranza? […]

«La gente per strada mi ferma per chiedermi degli oneri burocratici di cui gli agricoltori devono farsi carico, dei costi per l’industria legati alla trasformazione dell’economia, dell’inflazione... Queste sono le vere preoccupazioni che dovrebbero spingerci ad occuparci della sostanza. Abbiamo costituito una piattaforma politica con liberali e socialdemocratici e partirò chiaramente sempre da qui, dal centro. Ma dobbiamo anche rispettare la cultura politica di questo Parlamento europeo, che richiede un maggior coinvolgimento, non separando sempre in modo netto maggioranza e minoranza, ma dando a ogni eurodeputato un ruolo».

 

IL VOTO DI MELONI ALLA VON DER LEYEN - VIGNETTA BY GIANNELLI

Quindi non se la sente di garantire ai suoi partner socialisti e liberali che non cederete alla tentazione di dar vita a maggioranze alternative con l’estrema destra?

«Il Ppe è il partito dei padri fondatori dell’Europa, abbiamo delle linee rosse molto chiare. C’è una barriera netta: nessuno dei Patrioti o del gruppo Esn ha un ruolo istituzionale in Parlamento.

 

Gli estremisti non avranno alcun potere sui contenuti, sui negoziati e sulla definizione dell’agenda di questo Parlamento. Sono isolati e senza alcuna influenza. Ma gli eurodeputati del partito di Orban, di Salvini e di Le Pen sono stati eletti e hanno diritto di voto: non possiamo privarli di questo.

 

Per avere un centro che funzioni, abbiamo bisogno che i socialdemocratici mantengano un atteggiamento costruttivo. Cosa che troppo spesso non accade perché su molti aspetti sono guidati dall’ideologia e non capiscono le sfide enormi che abbiamo davanti nell’Europa di oggi, come la recessione economica, l’inflazione e l’immigrazione illegale».

 

ROBERTA METSOLA E ANTONIO TAJANI A CATANZARO

Per voi del Ppe, c’è una barriera con i polacchi del PiS, ma non con Fratelli d’Italia: come è possibile stabilire una cooperazione con il gruppo dei Conservatori?

«[…] Consideriamo la parte democratica ed europeista dei Conservatori come un possibile partner per progetti legati alle politiche, il che è il caso anche in Italia con il governo di Giorgia Meloni. Ma ovviamente, nel gruppo Ecr, non sono tutti come Meloni e Fiala».

 

Gli eurodeputati leghisti hanno votato contro la Commissione: se l’aspettava?

«È un chiaro segnale di frustrazione da parte di Salvini: la sua propaganda anti-Ue si è rivelata fallimentare. Tajani ha dimostrato che far parte di una grande famiglia politica europeista è nell’interesse dell’Italia, che con Fitto ha ottenuto il posto che merita in Europa. Io e Antonio lo abbiamo difeso fino all’ultimo dagli attacchi ed è grazie al Ppe che la sua nomina alla fine è stata confermata». […]

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