FACCIAMO I BRAVI (MICHELE) - DAI BULLI CHE LO CHIAMAVANO “MICHECCA” A "X FACTOR" FINO AL FLOP DEL PRIMO DISCO CHE LO MANDO’ IN CRISI, MICHELE BRAVI SI RACCONTA A "OGGI": “LA DISCOGRAFIA È UN MONDO BRUTALE. CRITICARONO ASPRAMENTE LA MIA MUSICA E IO LO VISSI COME STESSERO ANNIENTANDO ME” – LA MANOVRA IN AUTO CON CUI HA PROVOCATO LA MORTE DI UNA DONNA, IL NUOVO AMORE, IL DUETTO CON CARLA BRUNI E IL MOTIVO PER CUI NON PIEGA PIÙ I PANTALONI PRIMA DI FARE L’AMORE…
Fiamma Tinelli per Oggi - Estratti
Michele Bravi è un nerd gentile. Educato di quell’educazione che sembra ti carezzi, buffo come solo chi è intelligente. Maglione di lana rosa, finta sigaretta sempre accesa e occhiali quasi gramsciani, ha l’aria dell’intellettuale. «Macché bohémien, è miopia». Cantautore, attore, giudice ad Amici, Bravi ha composto un nuovo disco, Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi. Per scriverlo, s’è messo in ginocchio sui ceci. Letteralmente.
Da quella vittoria sul palco di X Factor con gli occhioni sgranati sono passati 10 anni, molta acqua, tanti ponti. «Ho sbagliato, risbagliato, imparato. Qualcosa, almeno». Da ragazzino, a Città di Castello, i bulli lo chiamavano “Michecca” e lo prendevano a spintoni. Oggi, sui social (1,1 milioni di follower), i fan gli scrivono: «Sei un privilegio». Nella sua vita c’è un baratro che rimbomba: cinque anni fa, una sua manovra in auto ha provocato la morte di una donna.
È una cosa con cui non farà la pace, mai. Mentre racconta di sé - di un duetto con Carla Bruni, di pantaloni piegati al momento sbagliato, di un sogno nuovissimo e segreto - fa gesti ampi, come a dipingere i pensieri. Poi, quando dice una cosa poetica, ci ride su. «Lo so, sono un po’ melodrammatico». Se il suo nuovo album parla soprattutto di sentimenti, non è un caso.
È innamorato.
«Sì. Sto con un ragazzo da due anni, è un po’ più grande di me. Una storia bella, finalmente. Un tempo mi facevo prendere da relazioni tossiche, fusionali. Credevo fosse colpa degli altri, ma il problema ero io».
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Il suo ultimo disco è di tre anni fa.
«Dopo ho avuto un blocco, m’inventavo mille scuse. Finché ho letto un libro, La via dell’artista. 12 settimane di esercizi creativi, il primo: calarsi in un lavoro mai svolto. Ho scelto il sarto, giravo col metro in mano e prendevo le misure a chiunque. Ho provato pure la settimana da asceta, testimonio che stare in ginocchio sui ceci fa un male cane. Ma ha funzionato: ho scritto tutto in un mese e mezzo».
Nella sua Malumore francese duetta con Carla Bruni. Com’è, Carlà?
«Una donna generosa. La adoro, i suoi dischi me li sono consumati. Quando ho scritto quel brano ho pensato subito a lei, ma mi sono detto: figurati se ci sta. E invece una settimana dopo era a Milano a incidere con me. È una star, eppure ha un’anima giocosa. In studio sembravamo due bambini».
Nella sua intervista a Belve, Bruni ha rivelato di avere un problema con l’alcol. Che impressione le ha fatto?
«È stata onesta, è una cosa rara. Ed elegante nel toccare il tema. Parlare di dipendenza non è facile per nessuno, eppure è un problema che accomuna tanti. Io non bevo, ma combatto ogni giorno per non fumare come un turco. Di fronte alle dipendenze, di qualsiasi tipo esse siano, ci si sente in colpa. E invece, parlare delle proprie debolezze è utile. “Io faccio questa cosa, capita anche a te?”. Sapere di non essere soli aiuta a gestire l’ansia».
È ansioso, lei?
«Da morire. Sul lavoro è come una benzina, ma nella vita faccio fatica».
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Dopo X Factor le dissero che era finito, il suo primo disco era stato un flop. E lei andò in crisi.
«La discografia è un mondo brutale. Ero giovane, criticarono aspramente la mia musica e io lo vissi come stessero annientando me. Ora ho le spalle più larghe, ma, se sei un giovane artista, commenti così ti devastano. Da giudice, ad Amici, faccio sempre molta attenzione a come mi esprimo».
Che rapporto ha con Maria De Filippi?
«Le devo tutto, mi ha dato fiducia. Quando parto con le mie paranoie assurde lei mi stoppa: “Meno ansia”. Così, secca».
Qualche puntata fa, ad Amici, ha votato per un’esibizione a tema Barbie e Ken dicendo: «Sono troppo omosessuale per non scegliere loro».
Il mondo queer, sui social, ha fatto la ola. Anni fa sarebbe riuscito a farla, quella battuta?
«Di certo non davanti a una telecamera, ero timidissimo. Nel privato, invece, della mia sessualità ho sempre parlato apertamente. Anche a mia mamma, anche di autoerotismo».
Piega ancora i pantaloni prima di fare l’amore?
«Meno di un tempo. Era il mio modo per nascondere il pudore».
Eppure il sesso le piace, ha detto.
«Mi piace la libertà del corpo senza pensieri. Adoro la passione inaspettata, quella che ti coglie all’improvviso, anche sul tappeto».
È fedele?
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«Ora, sì».
«Sono stato un figlio tremendo».
Perché?
«Ero un ragazzino inquieto. A 16 anni ho preso e sono partito per gli Usa, da solo. Volevo fare il regista. I miei mi hanno sempre lasciato molto libero, ma non capivano dove andassi a parare. Sono due medici, per me s’immaginavano un’altra vita. Scalpitavo, ma se ci rifletto adesso mi rendo conto che ero faticoso. E che fare il genitore non è facile».
Ci pensa mai, a un figlio suo?
«Sì. È un’idea ancora sfumata, nel mio caso è complicato, significherebbe ricorrere all’adozione, alla maternità surrogata...».
Ma?
«Fino a poco tempo fa neanche mi passava per la mente, oggi è una domanda che mi faccio. E mi piace».