I MEDIA E L’ANORESSIA? "SEMPRE IL SOLITO DEPRIMENTE, FALSO, VUOTO, IGNORANTE CLICHÉ" – LETTERA DI PIERLUGI PANZA A DAGOSPIA: “UNA EX MODELLA, O UNA EX ATLETA CHE, PER SCELTA (NON PER OBBLIGO), HA FATTO PARTE DI UN MONDO DOVE È RICHIESTA LA MAGREZZA, QUANDO DA QUELL’AMBIENTE VIENE RESPINTA, SE NE ESCE CON LE ACCUSE RICEVENDO, IN CAMBIO, NOTORIETÀ, PAGINATE, LIKE. MA L’ANORESSIA È UN’ALTRA COSA E QUESTE COMPARSATE, CON IL LORO CARICO DI PUBBLICITÀ AI PARTECIPANTI, UMILIANO MIGLIAIA DI FAMIGLIE – STIAMO PARLANDO DI UNA MALATTIA NON MODERNA CHE…" - IL LIBRO
Lettera di Pierluigi Panza a Dagospia
Tutte le volte che le tv, le riviste, i giornali parlano di anoressia è sempre il solito deprimente, falso, vuoto, ignorante cliché. Una modella o ex modella, o una ex ballerina, o ex un’atleta che, per scelta (non per obbligo), ha fatto parte di un mondo dove è richiesta la magrezza quando da quel mondo viene respinta se ne esce con le accuse rivolte a quel suo ex ambiente della moda o della danza e alle, stranote, ipocrisie.
Ricevendo, in cambio, notorietà, paginate, like e solito circo digitale con accompagnamento di commenti che, nel migliore dei casi, sono superficiali e a volte accompagnati dall’indicazione di centri privati di cura.
L’anoressia è un’altra cosa e queste comparsate, con il loro carico di pubblicità ai partecipanti, umiliano migliaia di famiglie alle prese da un anno, dieci, cinquanta con una figlia diventata un’adulta anoressica.
Anzitutto, la vera anoressia (e non il parlare del proprio rifiuto temporaneo del cibo per seguire dei modelli) è una malattia non moderna, quando moda e modelle manco esistevano.
Si ritrova, anzitutto, nelle sante medioevali, come Caterina da Siena (mangiava ogni tre giorni e vomitava) o Veronica Giuliani (vomitava per mantenere puro il corpo per Cristo), quasi tutte anoressiche come descritto nei loro diari e come studiato in un libro di Daniel Bell intitolato “La Santa anoressia”. Nel 1689 il medico londinese Richard Morton, nel suo trattato “Phthisiologia, seu Exercitationes de Phthisis” aveva descritto la anoressia come una sorta di “consunzione nervosa” che portava spesso alla morte riferendo di due casi del Seicento parlando di “amenorrea”, “estremo dimagrimento”… “uno scheletro rivestito solo di pelle”.
In un trattato intitolato “Ninfomania, ovvero trattato sul furore uterino”, pubblicato a Venezia nel 1786, il dottor Bienville aveva descritto alcuni fenomeni di anoressia parlando di “uterine ammalate d’amore… che si rotolano come maiali nel fango” ovvero di fanciulle “che un’educazione troppo rigida ha reso vittime del bene pubblico”.
Philippe Pinel, capo della Salpétrière di Parigi, aveva collocato l’anoressia nei suoi trattati sull'isteria e sulle cosiddette nevrosi genitali, identificandola come una specie di “nymphomania”.
E nel suo “Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale” aveva evidenziato come la sostituzione delle catene di ferro con il gilet de force aveva favorito l’esistenza di chi aveva contratto un delirio per l’esasperazione d’amore.
Infine, nel 1873, Ernest Charles Lasègue, professore di Clinica Medica all'Università di Parigi, pubblicò sul numero 21 dell’ “Archive générel de médicine” un articolo intitolato “De l’anorexie hystérique” individuando la causa della anoressia non nel semplice disgusto o l’astensione volontaria dal cibo ma “da ricercarsi in una perversione intellettuale dovuta a una forte emozione, confessata o repressa”.
E già allora Lasègue evidenziava un decorso della malattia assai noto ai familiari delle ammalate: “La prima fase caratterizzata da turbe digestive e rifiuto degli alimenti; la seconda da un rapido dimagrimento accompagnato da una perversione mentale che sconvolge l'equilibrio familiare; la terza da un dimagrimento estremo con amenorrea, cachessia, astenia, stipsi” che poteva “portare alla morte”.
Aggiungeva: “La famiglia è sconvolta. Preghiere e minacce ottengono una più ostinata resistenza. Gli interessi dell'ammalata si esauriscono e insorgono idee ipocondriache e deliranti. Il medico ha perso la sua autorità, i farmaci risultano inutili: vengono accettati solo i lassativi. Con tutto ciò, le ammalate continuano ad affermare di non essersi mai sentite meglio”.
Questa è la vera anoressia che, talvolta, persino i medici – nei loro scaricabarili specialistici – faticano a comprendere. Nasce da un disagio delle ragazze (quasi sempre) a diventare adulte le quali, per mantenere una infinita attenzione su di esse da parte della madre e ricevere da lei sempre amore, martirizzano il loro corpo nel tentativo, che riesce quasi sempre, di richiamare attenzione e tenere la madre e la famiglia sotto ricatto. Se non mi amate incessantemente io mi lascio morire di fame, pare dire l’anoressica, e qualunque amore mi diate non è mai abbastanza. Le vere anoressiche arrivano a pesare non 43 chili, bensì 25-30 al massimo. La fenomenologia dei loro comportamenti è nota: esistono solo loro e il loro continuo ricatto per richiamare amore. Vale tutto.
Se ogni terapia psicologica fallisce e sopravvivono, è bene ricordare a cosa vanno incontro le famiglie delle vere anoressiche e le anoressiche stesse: ricoveri continui in medicina generale e psichiatria, ricoveri anche in terapia intensiva, perdita di denti e capelli, diffusa osteoporosi che, nel giro di qualche decennio porta alla frattura delle ossa (spesso dei femori e delle anche), quindi immobilità, carrozzella, invalidità civile 100%, dialisi per il cessato funzionamento delle reni ed altro. Spesso questo iter, che può durare molti decenni, si conclude con un collasso cardiocircolatorio. Forse, ogni cento anoressiche o pseudo tali che si intervistano in tv con relativo circo barnum si potrebbe anche raccontare che cosa sia davvero l’anoressia mentale.
Pierluigi Panza