KAMALA HA UN DOPPIO PROBLEMA: SI È PERSA OPERAI E MUSULMANI – NEL MICHIGAN GOVERNATO DAI DEMOCRATICI, UNO DEGLI STATI DECISIVI PER LE ELEZIONI DEL 5 NOVEMBRE, TIRA UNA BRUTTA ARIA PER LA HARRIS – PESA LA RABBIA DELLA COMUNITÀ ARABA (LA PIÙ CONSISTENTE D’AMERICA) PER L’APPOGGIO DELLA CASA BIANCA A ISRAELE – A DETROIT I SINDACATI SONO SUL PIEDE DI GUERRA PER I LAVORATORI CHE SI SENTONO IMPOVERITI DOPO MEZZO SECOLO DI AMMINISTRAZIONE DEM – KAMALA SORRIDE PER LA RACCOLTA FONDI: HA INCASSATO UN MILIARDO DI DOLLARI IN 3 MESI...
1. RECORD RACCOLTA FONDI PER HARRIS, 1 MILIARDO IN 3 MESI
(ANSA) - La campagna di Kamala Harris ha stabilito il record per la raccolta fondi più alta di sempre questo trimestre, raccogliendo 1 miliardo di dollari al 30 settembre. Lo riporta il New York Times La campagna della vice presidente e i comitati di partito hanno raccolto oltre 359 milioni di dollari solo il mese scorso rispetto ai 160 milioni di dollari dichiarati dalla campagna di Donald Trump.
2. NEL MICHIGAN (DECISIVO) CHE VOLTA LE SPALLE AI DEM
Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
«Non è una questione di polarizzazione. Qui c’è sempre stata. Negli anni Venti a Detroit erano forti i comunisti e anche l’estrema destra: per pochi voti non fu eletto un sindaco del Ku Klux Klan. Qui, nella Saginaw industriale, il sindacato Afl-Cio per il quale faccio proselitismo è democratico.
Eppure molti dei nostri voteranno Trump. Si sentono impoveriti e delusi dopo mezzo secolo di amministrazione democratica: di nuovo un clima da forgotten men, come nel 2016».
In questa città industriale decaduta nel nord del Michigan, Carly Hammond, sindacalista e candidata democratica alle elezioni municipali, disegna un quadro allarmato per le prospettive del suo partito. Confermato da Evan Allardyce, dirigente di Ibew, il sindacato dei lavoratori elettrici. […]
Più a sud a Dearborn, la città (in realtà un grande sobborgo di Detroit) di Henry Ford, tuttora sede della Casa automobilistica e di diverse sue fabbriche, i democratici devono vedersela, prima ancora che col malessere degli operai, con la rabbia della comunità araba (la più consistente d’America) per quello che ai loro occhi appare un appoggio incondizionato della Casa Bianca al massacro di palestinesi e libanesi da parte dell’esercito israeliano.
«Quattro anni fa ho votato Biden ma ora non conosco nessuno che voterà per la Harris che, come Biden, non fa nulla per arrestare quello che è ormai un genocidio. Certo, non sosterremo uno come Trump, ma non veniteci a dire che la nostra piccola comunità con la sua astensione apre la strada a un islamofobo, quando ci sono 75 milioni di americani che lo votano», dice Hassan Qazwimi, imam di Dearborn e capo dell’Islamic Institute of America.
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L’imam, originario dell’Iraq, è sciita, come gran parte della comunità araba del Michigan, libanesi compresi. Conferma Osama Siblani, editore di The Arab American News , il giornale della comunità: «Julie Rodriguez, campaign manager di Biden, è venuta qui ad aprile, ed è tornata altre volte, a chiedere il voto di noi musulmani, promettendo che i massacri a Gaza sarebbero finiti. Invece continuano e sono iniziati anche quelli delle nostre famiglie in Libano.
Conosco gente che ha già perso otto parenti: uccisi da bombe americane, pagate con le nostre tasse. Solo promesse: ci hanno preso in giro. Voteremo democratico per le elezioni locali, ma non per la presidenza. Harris dice di aver incontrato la comunità musulmana a Detroit. Il comunicato non dice chi ma io li conosco: pakistani, albanesi, comunità lontane dal mondo arabo e dalla causa palestinese».
A Detroit, poi, città a maggioranza nera che nel 2020 ha votato al 95% per Biden, la compattezza del fronte democratico rischia di essere scalfita, come abbiamo raccontato sul Corriere una settimana fa, dai 12 pastori di comunità afroamericane che hanno scelto di sostenere Trump.
Col forte rischio di perdere Georgia e Arizona — gli Stati del Sud tendenzialmente repubblicani che Biden ha conquistato a sorpresa quattro anni fa per poche migliaia di voti — per Harris è indispensabile tenere il cosiddetto blue wall del Nord. Qui dei tre Stati in bilico – Pennsylvania, Michigan e Wisconsin – il più sicuro dovrebbe essere proprio il Michigan dove tutto è democratico: la governatrice Gretchen Whitmer, i due rami del parlamento dello Stato, i due senatori al Congresso di Washington.
Nel 2020 Biden vinse con un margine limitato (150 mila voti su 8,2 milioni di elettori) ma non sul filo del rasoio come al Sud. Però la rabbia della comunità araba (circa 200 mila elettori), il rischio di una sia pur limitata emorragia di voti neri e il malessere di un proletariato impoverito, sono crepe pericolose nel blue wall.
Elissa Slotkin, candidata a prendere il seggio senatoriale lasciato dalla 74enne Debbie Stabenow, ha detto ai finanziatori della campagna democratica che dai sondaggi riservati del partito emerge che Kamala è underwater, sott’acqua. […]
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