INCREDIBILE: TUTTO SI DILUISCE QUANDO CI SONO DI MEZZO I MAGISTRATI - L’INDAGINE SUL “CASO STRIANO” E I PRESUNTI DOSSIERAGGI (REALIZZATI CON ACCESSI ABUSIVI AI DATABASE DELLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA) PUO' ESSERE TRASFERITA DA PERUGIA A ROMA FIN DALLA PROSSIMA SETTIMANA – CON LA CONSEGUENZA DI RICOMINCIARE SOSTANZIALMENTE DACCAPO - LA RAGIONE È IN UNA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE DEPOSITATA GIORNI FA – L’INCREDIBILE RIMPALLO QUANDO BISOGNA STABILIRE LA PROCURA COMPETENTE PER LE INDAGINI CHE COINVOLGONO (COME INDAGATO O PARTE LESA) LE TOGHE…
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Di deciso non c’è ancora nulla, ma è molto probabile che l’indagine sul «caso Striano» e i presunti dossieraggi dietro lo scudo della Direzione nazionale antimafia venga trasferita da Perugia a Roma. Fin dalla prossima settimana. E debba ricominciare sostanzialmente daccapo.
La ragione è in una sentenza della Corte di cassazione depositata giorni fa, che afferma un principio chiaro e — per adesso — definitivo: lo spostamento in una sede diversa da quella «naturale» dei procedimenti penali in cui è coinvolto un magistrato in servizio presso la Dna (che sia indagato, imputato o parte lesa) deve avvenire solo se quel magistrato è stato applicato in una Procura distrettuale che risulti incompatibile secondo quanto stabilito dal codice; negli altri casi valgono le regole normali, a cominciare da quella che indica la competenza nel luogo dove è stato commesso l’ipotetico reato.
L’inchiesta sugli accessi abusivi dai terminali della Dna riguarda, insieme al tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, il magistrato Antonio Laudati che fino all’aprile scorso, quando è andato in pensione, lavorava come sostituto procuratore nazionale antimafia proprio negli uffici romani di via Giulia.
Per questo motivo a marzo 2023, quando emerse una sua possibile implicazione nelle attività contestate a Striano (in quel momento solo gli accessi abusivi riguardanti il ministro della Difesa Guido Crosetto), il fascicolo è stato trasmesso da Roma a Perugia.
GLI INCONTRI DI PASQUALE STRIANO CON ALTRI INDAGATI
Lì il procuratore Raffaele Cantone, all’esito di approfonditi accertamenti che hanno scoperchiato il «verminaio» di decine di migliaia di ricerche considerate illegali e files indebitamente estratti dalle banche dati riservate, ha deciso di iscriverlo nel registro degli indagati, insieme ad altre persone. Arrivando a chiedere, per Laudati e Striano, gli arresti domiciliari negati dal giudice dell’indagine preliminare; vicenda ancora aperta, giacché per ottenere la misura respinta la Procura s’è rivolta al tribunale del Riesame, che deve ancora pronunciarsi.
Ora però è arrivata la «bomba» che rischia di far saltare tutto e rispedire l’incartamento alla casella di partenza di Roma. La Cassazione s’è pronunciata in un altro procedimento per diffamazione e calunnia in danno di alcuni magistrati napoletani, tra i quali lo stesso Cantone e Federico Cafiero De Raho, poi divenuto procuratore nazionale antimafia proprio nel periodo in cui Striano e Laudati avrebbero commesso gli illeciti contestati.
Per competenza quella causa approdò a Roma (come tutti i procedimenti sulle toghe partenopee) e da lì, a causa di Cafiero trasferitosi alla Dna, sarebbe dovuta andare a Perugia; dove però nel frattempo era arrivato Cantone, quindi ha preso la strada di Firenze. E sono stati i magistrati fiorentini a contestare il principio, ribadito finora, che per le toghe della Dna valgono le stesse regole in vigore per i magistrati romani.
Ora la Cassazione ha detto che hanno ragione. Ribaltando una opposta pronuncia della Procura generale presso la stessa Corte che nei mesi scorsi, per un’altra diffamazione ai danni dell’attuale procuratore nazionale Giovanni Melillo, aveva invece ribadito la competenza perugina (contestata dal pg locale Sergio Sottani).
È possibile che le diverse interpretazioni giuridiche sfocino in futuro in altre e diverse decisioni, ma al momento la quasi certa conseguenza sembra un’istanza degli avvocati di Laudati e Striano e la dichiarazione di incompetenza da parte del gip di Perugia; forse già nell’udienza di venerdì prossimo, in cui dovrebbe sciogliere alcune questioni procedurali prima di pronunciarsi sulla richiesta d’arresto. Stesso destino subiranno tutti gli altri fascicoli dove compaiono le toghe della Dna.
Da quando è passata a Perugia, l’inchiesta sui dossieraggi è lievitata fino ad oltre 5.000 pagine di atti, facendo emergere una realtà molto più vasta e preoccupante di quella immaginata all’inizio, sulla quale ha avviato un’indagine anche la commissione parlamentare antimafia. E se pure gli atti compiuti fin qui conservano validità, i nuovi pm dovranno studiare e rivalutare tutto. Rinviando ulteriormente le risposte alle domande che il «caso dossieraggi» ha sollevato in sede giudiziaria e politica.