turandot aida opera

L'OPERA E’ L’ULTIMA ISOLA FELICE DEL POLITICAMENTE SCORRETTO – AUGIAS: "DA OTELLO A TURANDOT, NEI VERSI DI ALCUNE DELLE ARIE PIÙ FAMOSE CI SONO RIFERIMENTI POCO LUSINGHIERI A "NEGRI", "FEMMINE" E ALL’“ORGOGLIO MUSULMANO SEPOLTO IN MAR”- MA FORSE TUTTO VA ACCETTATO E RICONDOTTO A UN'EPOCA IMPARAGONABILE CON LA NOSTRA" - QUANDO IL SOPRANO AMERICANO TAMARA WILSON FU PROTESTATA DA UN'AIDA ALL'ARENA PERCHÉ S'ERA RIFIUTATA DI SCURIRSI LA FACCIA - LA GRANDE ANNA NETREBKO, AL CONTRARIO, RIBADÌ: “LA MIA AIDA NON SARÀ MAI BIANCA”

Corrado Augias per la Repubblica - Estratti

 

TURANDOT

Se davvero volessimo dare ascolto al politicamente corretto – o cultura woke, come ormai si dice – alcune opere liriche, o ampi brani di esse, sarebbero irrappresentabili. Ne rendono inopportuna la messa in scena situazioni, personaggi, versetti. Non c'è dubbio che Otello, il Moro di Venezia, sia per l'appunto moro, con quale gradazione di scuro si può discutere, resta che il protagonista della tragedia è sicuramente meno pallido di un inglese o d'una veneziana. Infatti il padre di Desdemona, il buon Brabanzio, teme che Otello abbia stregato sua figlia per convincerla alle nozze.

 

All'inizio del testo di Shakespeare sono Jago e Roderigo a insinuargli il sospetto: «Proprio ora un caprone nero sta coprendo la vostra candida pecorella», dice Jago e poco dopo: «Vi ritroverete con la figliola coperta da uno stallone di barberia ... avrete una discendenza di puledri». Roderigo, di rincalzo: «La vostra figliola è andata a concedersi agli amplessi brutali d'un moro libidinoso». C'è poco da sottilizzare, quello che intendeva Shakespeare è chiaro.

AIDA VERDI

 

Passando a Verdi, una lunga tradizione vuole che i tenori per lo più "bianchi" si tingano di nero per interpretare il ruolo. La Metropolitan Opera di New York sta abbandonando questa pratica. Pesa la tradizione americana detta del "Black face" quando cantanti e ballerini bianchi si tingevano di nero per mettere in caricatura, gli interpreti di colore.

 

Così per esempio uno dei più celebri, Al Jolson, tinto di nero a fini parodistici verso gli afroamericani che non avevano certo bisogno di essere caricaturizzati. Nemmeno oggi, del resto.

 

Turandot San Carlo

Due o tre estati fa, il soprano americano Tamara Wilson fu protestata da un'Aida all'Arena perché s'era rifiutata di scurirsi la faccia per interpretare quel ruolo. La grande Anna Netrebko, al contrario, tempo fa ribadì: «La mia Aida non sarà mai bianca». Aida è egiziana quindi il suo colorito non dovrebbe comunque avere il nero profondo di un africano, tenderebbe piuttosto al bronzeo, per un regista che volesse richiamare un realismo francamente non necessario.

 

Al Metropolitan di New York, sensibilissimo a questo tipo di problemi, è apparsa sui programmi di sala di Turandot la dicitura che l'opera: «Rigurgita di contraddizioni, distorsioni e stereotipi razziali». Il povero Puccini che non riuscì nemmeno a completarla, con quest'opera chiuse la sua splendida carriera mai immaginando, nel 1920, i dubbi che oggi attanagliano gli americani.

AIDA TEATRO OPERA ROMA 55

 

A Toronto Ping Pang e Pong, sempre nella stessa Turandot, sono stati rinominati Jim, Bob e Bill per allontanare il sospetto che si volesse mettere in caricatura la potente Repubblica popolare cinese o la Cina immaginaria della favola.

 

A Londra, due anni fa, è stata cambiata la messinscena di Butterfly per la stessa ragione, rendere cioè il Giappone nel modo più realistico, come se non bastasse la storia turpe di quel turista sessuale che è Pinkerton, ufficiale della marina degli Stati Uniti, che illude la povera Cio Cio San e la mette incinta dopo averla sposata con nozze (per lui) da burla.

 

Turandot - San Carlo

Se passiamo dalle situazioni alle parole le cose non cambiano, anzi; se le prime possono stridere, le seconde, cioè le parole, letteralmente gridano.

 

Mozart, Così fan tutte, libretto di Lorenzo da Ponte. Siamo a Napoli, il saggio ma cinico don Alfonso intona il celebre «È la fede delle femmine come l'araba fenice che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa».

 

Parole oltraggiose che fanno il paio con quelle del duca di Mantova in Rigoletto (libretto di Francesco Maria Piave) «La donna è mobile qual piuma al vento muta d'accento e di pensier». Vero che si tratta d'una canzone spensierata, una di quelle frasi che possono per dir così scappare al di là d'una esplicita e ribadita volontà. C'è comunque un precedente in Petrarca che aveva deliberato ai suoi dì «Femina è cosa mobil per natura». Del resto il duca dichiara la sua disdicevole "spensieratezza" già in apertura quando intona «Questa o quella per me pari son».

 

PLACIDO DOMINGO OTELLO VERDI

Siamo sullo stesso registro di Leporello (Mozart, Don Giovanni, ancora Lorenzo da Ponte librettista) che nell'elencare le conquiste del suo padrone come se fossero cacciagione, dice senza mezzi termini «purché porti la gonnella voi sapete quel che fa».

 

La donna, la femmina, è sempre preda, il massimo livello che le è dato raggiungere è d'essere nobilmente innamorata e fedele, pronta al sacrificio. Lo stesso sostantivo ‘femmina' la sminuisce. La sua etimologia, secondo la filosofia scolastica, sarebbe una crasi tra fides e minus, individuo cioè di fede attenuata, scadente. Uno dei padri della Chiesa, Tertulliano, era andato ancora più in là definendo le donne Janua inferi, porta dell'inferno.

 

(…)

 

turandot

Non mancano, anzi abbondano, i veri e propri insulti. Ne prendo due da Il Trovatore (libretto Salvatore Cammarano): «Abietta zingara, fosca vegliarda» raddoppiato da: «Tua prole, o turpe zingara». C'è nel Ballo in maschera (libretto Antonio Somma) il versetto dedicato a «L'immondo sangue dei negri» talvolta espunto o modificato.

 

Otello in apertura dell'opera sbarca vittorioso e intona pieno di baldanza (con uno squillante salto di sesta maggiore) la prima delle sue arie: «Esultate! L'orgoglio musulmano sepolto è in mar. Nostra e del ciel è gloria».

 

corrado augias ricevimento quirinale 2 giugno 2024

Questa breve rassegna, per la quale ringrazio Alberto Mattioli sommo esperto e prodigo di consigli, potrebbe continuare ma non faremmo che ripetere il già detto. La scelta nel caso della lirica è secca e a priori: si può decidere che situazioni e versetti concepiti in un'epoca in cui la visione del mondo, dei "neri", delle "femmine", era imparagonabile con la nostra, va accettata per ciò che era, ovvero storicamente; oppure possiamo decidere che, storia o no, parole e situazioni sono diventate comunque intollerabili alla prevalente sensibilità contemporanea.

 

Però consapevoli, in questo caso, di privarci di una delle massime e più gradevoli espressioni della creatività musicale. Confesso di preferire la prima ipotesi, restando ognuno libero di scegliere.

 

 

 

 

anna netrebkoTAMARA WILSON

Ultimi Dagoreport

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO DI GIORGIA MELONI, L’ITALIA È SPARITA DALLA LEADERSHIP DELL’UE - LA DUCETTA PREFERISCE ACCUCCIARSI AI PIEDI DI WASHINGTON (CHE VUOLE VASSALLI, NON ALLEATI ALLA PARI) CHE RITAGLIARSI UN RUOLO IN EUROPA - FRIEDRICH MERZ, PROBABILE NUOVO CANCELLIERE TEDESCO, HA "ESPULSO" L'ITALIA DAL GIRO CHE CONTA: A CHI GLI HA CHIESTO QUALE PAESE ANDREBBE AGGIUNTO A UN DIRETTORIO FRANCO-TEDESCO, HA CITATO LA POLONIA, GUIDATA DAL POPOLARE DONALD TUSK (NEMICO NUMERO UNO DEL PIS DI MORAWIECKI E KACZYNSKI, ALLEATI DELLA DUCETTA IN ECR) - “I AM GIORGIA” SOGNAVA DI ESSERE IL “PONTE” TRA USA E UE E SI RITROVA A FARE LA CHEERLEADER DELLA TECNO-DESTRA DI MUSK E TRUMP…

ignazio la russa giorgia meloni daniela santanche lucio malan

DAGOREPORT - DANIELA SANTANCHÈ A FINE CORSA? IL CAPOGRUPPO DI FDI IN SENATO, LUCIO MALAN, È A PALAZZO CHIGI E POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO MINISTRO DEL TURISMO, AL POSTO DELLA “PITONESSA” – IERI L’INCONTRO TRA IGNAZIO LA RUSSA E GIORGIA MELONI: LA DUCETTA POTREBBE AVER CHIESTO AL PRESIDENTE DEL SENATO, IN QUANTO AVVOCATO DELL’IMPRENDITRICE, RASSICURAZIONI SULLA SENTENZA DI PRIMO GRADO. LA RISPOSTA? CARA GIORGIA, NON TI POSSO GARANTIRE NIENTE. COME SAI, LA LEGGE PER I NEMICI SI APPLICA, E PER GLI AMICI SI INTERPRETA. MORALE DELLA FAVA: LA “SANTA” HA UN PIEDE E MEZZO FUORI DAL MINISTERO - LA SMENTITA DI PALAZZO CHIGI