“GIORGIA MELONI? UNA TRADITRICE SCHIFOSA, AMICA DI SION, BISOGNA SPARARLE IN TESTA” - FU UN INCONTRO TRA LA PREMIER E LA SENATRICE A VITA LILIANA SEGRE A SCATENARE LE IRE DEL GRUPPO NEONAZISTA “WERWOLF DIVISION”, CHE PENSO’ A UN PIANO PER ELIMINARE LA PREMIER: “NON SIAMO NAZISTI DA TASTIERA” - 12 PERSONE SONO FINITE IN CARCERE PER ASSOCIAZIONE TERRORISTICA. LE ESERCITAZIONI PER IMPARARE A SPARARE AVVENIVANO IN UN POLIGONO DI TIRO ABUSIVO, UNA CASA ABBANDONATA ALLA PERIFERIA DI BOLOGNA – GLI INSULTI A SALVINI E LE IMMAGINI DEGLI OGGETTI SEQUESTRATI – VIDEO
Marco Madonia per il “Corriere della Sera” - Estratti
Fu in particolare un incontro tra la premier e la senatrice a vita Liliana Segre a scatenare le ire del gruppo neonazista «Werwolf Division», che in più chat e telefonate faceva riferimento — come emerso dall’inchiesta che ha portato in carcere 12 persone per associazione terroristica — a possibili piani per eliminare Giorgia Meloni.
La presidente del Consiglio, a causa di un evento con Liliana Segre, è una «traditrice», «amica di Sion», «schifosa».
Oltre a parlare di «spararle in testa» e di «stanza d’albergo dalla quale puoi sparargli (letterale, ndr)», l’addestratore del gruppo Salvatore Nicotra diceva anche: «Avrete soldati pronti quando attaccheremo il palazzo del governo per togliere di mezzo le pedine dei massoni e farli venire allo scoperto. Noi ci stiamo preparando alla battaglia, mentalmente e fisicamente».
La senatrice a vita viene risparmiata da particolari epiteti, ma gli attacchi, almeno verbali alle istituzioni, sono continui. Sembra esserci un riferimento, poco chiaro, anche a Elly Schlein, non mancano invece gli insulti a Matteo Salvini. A firmarli è Rodolfo Poli, personaggio noto dell’ultradestra. Nel 1979 era stato condannato per una vicenda di armi, nello stesso anno fu tra i primi indagati nell’inchiesta sulla strage del treno Italicus.
Il gruppo della Werwolf, un esercito di camerati fedeli e non invece «nazisti da tastiera» aveva bisogno di imparare a sparare.
Le esercitazioni avvenivano in un poligono di tiro abusivo, una casa abbandonata alla periferia di Bologna. I proiettili costavano 3 euro ciascuno «perché purtroppo il mercato nero costa», spiega intercettato uno degli indagati in possesso di una pistola «vera e clandestina». Tanto che nella chat manda le immagini di un bersaglio crivellato di colpi. Il problema era procurarsi le armi anche se, secondo gli inquirenti, il gruppo aveva «contatti diretti fiduciari con criminalità comune e organizzata».
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Le acquistavano anche in Rete, come un normale negozio online. «Arrivano a casa queste cose o si prendono solo i soldi?», «A me preoccupano i controlli delle Poste». Il leader del gruppo rassicura: su Telegram ci sono «gruppi seri gestiti da gente seria». Per uno degli indagati «sarebbe bello avere le Uzi, mitragliette, fucili d’assalto» per diventare «un vero esercito, delle vere SS».
Dell’inchiesta ha parlato anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: «Manterremo l’attenzione sempre alta
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