IL GIORNALISMO NON È UN MESTIERE PER DONNE? - 40 CRONISTE FRANCESI DENUNCIANO IL SESSISMO DEI POLITICI: "CHI CI TOCCA, CHI CI CHIAMA PROSTITUTE, CHI SCEGLIE L'INTERVISTATRICE IN BASE ALLA SCOLLATURA, CHI CI INVITA ALLE ORGE"
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Quaranta giornaliste francesi che seguono la politica denunciano il sessismo e il «paternalismo lubrico» di ministri, deputati, consiglieri presidenziali e figure importanti di tutti i partiti, in un manifesto pubblicato oggi sulla prima pagina di Libération dal titolo «Giù le zampe!».
Le firmatarie sono tra le altre Hélène Bekmezian ( le Monde ), Lenaïg Bredoux ( Mediapart ), Laure Bretton ( Libération ), Déborah Claude ( AFP ), più molte colleghe che aderiscono ma in forma anonima «perché non c’è bisogno di aggiungere discriminazione a condizioni di lavoro già delicate». I peccatori non vengono svelati, ma i peccati sì.
C’è il deputato che alla «Quatre-Colonnes» (l’equivalente dell’Assemblea francese al Transatlantico di Montecitorio), accoglie le giornaliste con un sonoro «Ah ma voi battete il marciapiede, aspettate il cliente». «Un altro che ci passa la mano tra i capelli rallegrandosi del ritorno della primavera».
E poi, al Senato, c’è il parlamentare che si lamenta per la maglia a collo alto che l’interlocutrice ha preferito al décolleté . Il candidato alle primarie che davanti a tanti microfoni tenuti da uomini sceglie quello di una donna precisando «perché lei porta un vestito carino».
Le frasi inopportune vanno dalle galanterie fuori luogo, come la precedente, a episodi più gravi, come quello dell’astro nascente di un partito che insiste per vedere le giornaliste la sera, al di fuori degli orari e dei luoghi abituali del lavoro, o del deputato che nel suo ufficio con la porta chiusa sospende le avances solo alla minaccia di una denuncia per molestie sessuali.
«Noi non siamo la Génération Giroud », scrivono le firmatarie all’inizio del manifesto, prendendo le distanze da Françoise Giroud, la prima donna a dirigere un grande settimanale ( l’Express ) negli anni Settanta, che aveva promosso le più giovani e belle colleghe: «Tra stereotipo machista ed efficienza editoriale, Françoise Giroud era allora persuasa che gli uomini politici si sarebbero svelati più facilmente con delle donne. Quarant’anni più tardi, noi, donne giornaliste incaricate di seguire la politica francese sotto le presidenze Sarkozy e Hollande, viviamo quotidianamente queste ambiguità, spesso alimentate dagli uomini politici».
Altri episodi: un portavoce che durante l’ultima campagna presidenziale nel corso di un viaggio in aereo «ci fotografa addormentate e poi fa vedere lo scatto al resto dell’équipe»; un peso massimo della politica che, nell’auto con militanti e giornaliste, propone di interrompere il reportage e andare tutti in albergo; il ministro che durante la visita a una fabbrica nota che le giornaliste indossano la casacca blu regolamentare e commenta «sarebbe bello se non aveste niente sotto», mentre un consigliere ministeriale domanda, al ritorno dalle vacanze, «se siamo abbronzate veramente dappertutto».
E ancora, il ministro che durante la conferenza stampa presidenziale fissa platealmente le gambe sulle quali una giornalista ha poggiato il taccuino, un amico del presidente che giudica le giornaliste «più interessanti specie se hanno una buona taglia di reggiseno», e ancora i messaggi sms a ripetizione, gli inviti a cena il sabato sera e la formula Une info, un apéro («una notizia in cambio di un aperitivo»).
«Pensavamo che il caso DSK avesse insegnato qualcosa (...) — scrivono le 40 —. Finché la politica resterà in grande prevalenza nelle mani di uomini eterosessuali sulla sessantina, niente cambierà». Le giornaliste sostengono che queste pratiche sono la replica di quel che accade tutti i giorni per strada, nelle fabbriche o negli uffici, ma i responsabili in questo caso sono gli uomini politici che dovrebbero combatterle. «Ecco perché li denunciamo».