aldo grasso boss in incognito

MARKETTE IN INCOGNITO - ALDO GRASSO: IL PROGRAMMA CON MAX GIUSTI (CHE NON È NIENTE MALE) È UNA RAFFINATA FORMA DI PUBBLICITÀ. MAI UNO DEGLI OPERAI ''SPIATI'' DAL BOSS PIZZICATO A RUBARE O FARE IL LAZZARONE! SIAMO DI FRONTE A UNO SPOTTONE DI DUE ORE CHE FAREBBE COMODO A TUTTE LE AZIENDE, E SUL SERVIZIO PUBBLICO QUESTO ANDREBBE SPECIFICATO

 

 

 

Aldo Grasso per il ''Corriere della Sera''

 

Non c'è dubbio che le cure linguistiche prestate al paziente «Boss in incognito» hanno avuto successo: il racconto scorre più fluido e la presenza «in loco» di Max Giusti contribuisce non poco a dare vivacità agli episodi (Rai2, martedì, ore 21.20). Com' è noto «Boss in incognito» ha tutta l'apparenza di una sorpresa: le telecamere arrivano in un'azienda con un pretesto. Si sta girando un documentario per la Rai per aiutare a ricollocare alcune persone che hanno perso il lavoro a causa del Covid, sottoponendole a un training di una settimana. Protagonista della seconda puntata è stato Carlo De Riso, amministratore di Costieragrumi, azienda leader nella produzione di limoni Costa D'Amalfi Igp.

boss in incognito

 

Ha sposato Anna, di famiglia nobile, nonostante le ostilità della famiglia della signora (si sono ricreduti solo quando Carlo, il re del limoncello, ha messo su l'impresa). Lo hanno rasato a zero, gli hanno messo una barba e lo hanno spedito a fare l'operario fra i suoi operai (nonostante il trucco e parrucco, un operaio lo ha riconosciuto). Il finale è sempre il solito: l'imprenditore si mostra comprensivo, illuminato e pieno di umanità e di assegni premio. Gli operai, al netto di qualche piccolo sbaglio, sono tutti dei gran lavoratori e spesso hanno alle spalle storie commoventi.

 

max giusti boss in incognito

Mai trovato uno a rubare o a fare il lazzarone! Ora, senza fare i moralisti e gridare allo scandalo, è chiaro che il programma dovrebbe chiamarsi «Pubblicità in incognito». Siamo di fronte a uno spottone di due ore che farebbe comodo a tutte le aziende: in termini tecnici si chiama «branded content». Nessun problema se questo programma (che, ripeto, non è niente male) andasse in onda su una tv commerciale, ma qui siamo su una rete del cosiddetto servizio pubblico e, quanto meno, lo spettatore dovrebbe essere avvertito all'inizio che ci troviamo di fronte a una raffinata forma di pubblicità.

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