"MORIREMO NEOFASCISTI? CHISSA’, FORSE ERA MEGLIO MORIRE PRIMA" - ALTAN FA 80 E ARTIGLIA: "IL PAESE CAMBIERÀ SOTTO UN GOVERNO MELONI. ANCHE SE NON CREDO SIA COSÌ SCEMA DA COMINCIARE A TOGLIERE DIRITTI CONSOLIDATI COME L'ABORTO. MI PREOCCUPA DI PIÙ LA CONDUZIONE DELL'ECONOMIA E DEI RAPPORTI INTERNAZIONALI, PERCHÉ QUESTI SONO PROPRIO IMPREPARATI"- "COSA MI FA ANCORA RIDERE? UNA PAROLA: CACCA"
Paola Zanuttini per Il Venerdì- La Repubblica
Francesco Altan non lo vedo dagli anni Ottanta, ovvero da quando anch'io bazzicavo Fumettonia: riviste, saloni, qualche festa, bevute. Già allora era il più autorevole fra gli italiani, dopo Pratt, naturalmente: riservato e gentilissimo; poche parole, quelle giuste e necessarie, nella satira come nei discorsi.
Placato in una banda di spiriti inquieti, era sempre con Mara, la bella moglie brasiliana ispiratrice delle donne sensuali e pensanti delle sue vignette, e con la loro figlia Chicca, titolare di un fumetto creato solo per lei, la Pimpa, la cagnolina a pois rossi poi condivisa con milioni di piccoli lettori.
E adesso, mentre il treno attraversa la Bassa Friulana, paesaggio che induce malinconie canoniche e nostalgie lagnose, mi accingo con lieve apprensione - perché il tempo è un bastardo e non sai mai cosa ti combina - a intervistare questo patrimonio nazionale che il 30 settembre, cinque giorni dopo le elezioni, compie ottant'anni.
È stato benevolo il tempo, con Francesco Altan che svetta all'ingresso della stazione di Cervignano-Aquileia-Grado. Mara poi mi racconta che nuota ogni giorno, anche in pieno inverno, nella piscina che c'è nel giardino della bella casa di famiglia, un tempo tenuta agricola: esce tutto imbacuccato in scialle e mantello e sta in acqua due ore.
Adesso, un dettaglio per nuotatori abituali consapevoli che contare le vasche produce bizzarri fenomeni mentali: siccome la piscina degli Altan non è tanto lunga, le virate sono molte e Francesco ha un suo modo per differenziarle: "Una è maschile e l'altra femminile".
Io invece nelle virate cerco, e non trovo, un senso recondito del pari e dispari. Sempre nell'ambito Misteri Della Vita: che direbbe uno dei tuoi personaggi del fatto di compiere ottant'anni?
"Non lo so, veramente, perché non ci penserei più di tanto se in questi giorni non ci fosse una certa animazione e aspettativa per il mio compleanno".
E lo stesso personaggio, che direbbe della spiacevole evenienza che qua rischiamo di morire non democristiani, ma neofascisti?
"Che preferiva morire prima, forse".
Come Totti?
"Eh".
Non ti ha stufato la politica, come oggetto di satira?
"Trattarla è diventato un po' più complicato perché prima c'erano degli schieramenti, dei personaggi abbastanza chiari, definiti nelle loro posizioni, mentre adesso è un'insalata, una confusione, tutto un po' falso, sloganistico".
Personaggi scarsi in politica, ma rilevanti antropologicamente: pane per i tuoi denti.
"Sì, ma non mi sono mai interessati i personaggi della politica, ne ho disegnati pochi: Andreotti, Craxi e Berlusconi. Soprattutto Berlusconi".
Anche Conte e Renzi.
"Un po', perché sono quelli ingombranti di cui non puoi far meno di occuparti".
La Meloni che fa "Aô!" su Repubblica è la prima che disegni?
"La prima, sì".
Ha una faccia picassiana, mobile, mutevole, un po' angelica e un po' satanica.
"Non ci ho pensato a Picasso, ma con il mio tipo di segno questa è la maggior vicinanza possibile alla faccia della Meloni. Sì, ha una faccia mobile, ma il nocciolo della questione non cambia".
E il Paese cambierà sotto un governo Meloni?
"Temo di sì, anche se non credo sia così scema da cominciare a togliere diritti consolidati come l'aborto, non le porterebbe consenso e la farebbe durare poco. Mi preoccupa di più la conduzione dell'economia e dei rapporti internazionali, perché questi sono proprio impreparati".
Per tua ammissione, nelle vignette sei sempre stato più gentile con le donne: non è il momento di qualche new entry un po' mostruosa?
"Intendi fisicamente? Però ho un personaggio che mi sta moltissimo a cuore e non è proprio una bellezza: la Luisa, la signora che gira la minestra".
Dicendo al marito cose aspre, ma giuste. E una Cavaliera banana? Una davvero antipatica?
"Non posso sforzarmi. Intanto mi esercito sulla Meloni".
Porti avanti dallo stesso anno, il 1976, Cipputi e la Pimpa. Come si tengono insieme satira politica e fumetti per bambini? I secondi riscattano le brutture della prima?
"All'inizio la Pimpa era per mia figlia. Prima che lei nascesse non avevo programmi di fare cose per bambini, però si è creato un mondo che va oltre la mia volontà. La Pimpa ha una sua logica e quando ci entro mi viene una piccola idea che si sviluppa secondo le regole di quel mondo, un mondo dove non ho bisogno di pensare troppo e seguo l'onda".
Tua figlia si è mai ingelosita per il suo fumetto diventato il fumetto anche di altri bambini?
"No, in famiglia vige un detto brasiliano: il santo di casa non fa miracoli. Quindi la Pimpa per mia figlia è stata una bella cosa, ma niente di straordinario".
E a scuola?
LE PROMESSE ELETTORALI DI SILVIO BERLUSCONI - BY ALTAN
"Un po' di più: a volte mi hanno chiamato per parlarne ai suoi compagni. È successo anche con mia nipote Olivia, faceva la terza elementare e mentre stavamo andando mi ha detto: nonno, non deludermi. In quel caso, solo in quello, si è investita del ruolo di pierre del santo di casa".
Cipputi non se la passa tanto bene. Da quant'è che non fai una vignetta con lui?
"Dal Primo maggio, una copertina del Venerdì. Ogni tanto lo ritiro fuori".
Dalla naftalina.
"Purtroppo la funzione che aveva prima non c'è più, però quella saggezza lì non va sprecata".
Gli operai ci sono ancora, peccato che ce ne accorgiamo solo quando muoiono in fabbrica.
"Ci sono, ma non più come classe. Sono molti individui, non si sa più per chi votano o non vogliamo saperlo troppo. Vittorio Foa scrisse sul Manifesto che il Cipputi, secondo lui, non era il rappresentante dei metalmeccanici, ma la persona che fa bene il suo lavoro e gli piace farlo bene. Ecco, di quelli ce n'è ancora, e sicuramente tanti".
Hai mai pensato a un Cipputi immigrato?
VIGNETTA DI ALTAN SULLA CRISI DI GOVERNO
"Di farlo io no, ma l'ultimo Premio Cipputi, dedicato ai film sul mondo del lavoro, è andato a One day One day di Olmo Parenti, un documentario sui braccianti agricoli in Puglia. Tutti stranieri".
Smart working: hai detto che non ti sembra tanto brillante (smart) lavorare da soli. E tu non lavori da solo?
"Ma il mio è un lavoro per modo di dire".
Quanto ci metti a fare una vignetta?
"Dipende. Se mi viene l'idea bastano tre minuti".
Non fai storie lunghe più o meno da quando hanno cominciato a chiamarle Graphic Novel. Le cito per quelli che non sanno cosa si sono persi, ma possono rifarsi con le raccolte in volume che sta pubblicando Coconino Press: Ada, Sandokan, Colombo Cristoforo, Franz (San Francesco), Casanova, Ben (quarto figlio di Noè), Cuori pazzi, Friz Melone...
"Non ho più la forza, è un lavoro faticosissimo. Facevo un capitolo al mese per Linus o Corto Maltese, una decina di pagine, e mi ci andavano quindici giorni di lavoro, dieci ore al giorno, anzi, la notte. Cominciavo la storia che poi deviava di qua e di là perché mi veniva qualche idea e la trama cambiava continuamente. Mi svegliavo la mattina con l'idea che quel personaggio non doveva più fare una cosa, ma un'altra. Un consumo di energia che non ho più".
Non tenendo in conto qualche sporadica eccezione, hai smesso di disegnarle nel fiore degli anni, intorno ai quarantaquattro.
"L'energia è finita presto".
In quelle tavole splendidamente incasinate, le didascalie lapidarie contraddicevano o capovolgevano i testi. E blatte, vomiti e altre schifezze tappezzavano ogni spazio vuoto. Spiegazione semantica, please.
"Le didascalie ho cominciato a farle per non far pensare ai lettori che raccontavo una cosa seria. Mettevo le mani avanti: guardate che sto giocando".
Una fiducia sconfinata nella tua vis comica.
"Succede, e neanche tanto raramente, che se qualcuno mi parla di una delle mie vignette capisco che l'ha interpretata in maniera distantissima dalle mie intenzioni. E poi non so, facevo queste tavole con dieci quadretti dentro praticamente illeggibili, perché mi pagavano e io, secondo me, dovevo dare, dare. Una tavola di quelle, oggi, con il ritmo che hanno le storie, basterebbe per riempire cinque pagine. Non conoscevo bene quel mestiere, ci provavo e mi pareva di dover far così".
Le blatte?
"Le cominciai con Colombo, perché sui libri di storia le immagini di lui con la regina sono tutte marmi bianchi e cose così: era per dire che quell'epoca era molto più sordida e sporca. Son cose che quando le cominci ad adoperare ti tornano perché ti piacciono".
Altro tema pregnantissimo: i nasi. I tuoi personaggi hanno nasi allucinanti.
"Per me quello è il naso delle persone".
Ma alcuni sono fallici.
"Ci sono delle persone con i nasi fallici che girano. È un gesto, comincio sempre dal naso e da lì viene il resto".
Prima il testo o il disegno?
"Adesso, sicuramente, prima il testo. All'inizio mi capitava di disegnare una figura e poi di chiedermi: cosa dice questo con quella faccia lì?".
Elementi ricorrenti nel disegno: cacca, water e carta igienica. Altra spiegazione semantica, please: perché fanno ridere?
"A me la cacca è sempre piaciuta tantissimo, è la cosa che mi fa più ridere. Mi piace anche la parola: CAC-CA. Sarà perché è infantile, ma quando mi vien fuori una storiella con la cacca io son contento".
Ridi delle tue vignette?
"No, ridere no, ma qualche volta mi accorgo che è andata bene, che la parola scelta è giusta, la misura è giusta e allora son contento".
Quali ti danno più soddisfazione?
"Quelle con il minor testo possibile. Sergio Staino mi ha scritto dopo quella sulla Meloni: bravo hai battuto il tuo record di sintesi!".
Effettivamente Aô! si prefigura come primato imbattibile. Altre virtù da perseguire?
"Una giusta dose di ambiguità. Una vignetta deve avere più di un senso, più angolazioni di lettura, ma senza esagerare".
Chi ti piace dei fumettisti di oggi?
"Zerocalcare è piuttosto originale, però faccio fatica a seguirlo per via del dialetto romano. E comunque adesso non riesco a sapere veramente cosa succede perché non ci sono più le riviste: se vuoi seguire la produzione devi andare in fumetteria a vedere i libri che escono. Ma io, qui vicino, non ne ho".
C'è sempre Linus, come rivista.
"È cambiato anche Linus. Un tempo ti faceva scoprire tutto il nuovo, tutto quello che veniva da fuori".
Ci vai a Lucca Comics?
"No, non è più una rassegna di fumetti con i grandi autori anche internazionali, americani, francesi. È soprattutto una roba di videogame, non mi interessa tanto. Dagli anni Sessanta agli Ottanta il fumetto ha raggiunto il più alto riconoscimento come linguaggio espressivo e letterario, con grandissimi autori e intellettuali come Eco, Gandini, Del Buono, Fruttero & Lucentini che se ne occupavano, poi l'attenzione è scesa ed è tornato ad essere una cosa per ragazzi o per gli antichi lettori di Bonelli: fumetti rispettabilissimi, ma privi di quei caratteri".
In quegli anni molti fumetti rispecchiavano il clima altamente politicizzato dell'epoca: era ingenuo o cretino sperare nel sol dell'avvenire o la rossa primavera?
"Cretino no, perché era una speranza vera. Ingenuo, visto da oggi, forse sì. Ma se uno crede veramente in qualcosa non puoi dirgli che è ingenuo".
Oggi in cosa credi, o speri?
"L'unica cosa in cui si può credere sono quei valori lì, non c'è altro. Non spero un granché perché non vedo strade aperte o iniziate che siano convincenti. C'è solo, forse, il fronte ambientalista; però non so quante gambe abbia per andare avanti un movimento che nasce dalla paura".
Per chi voti?
"Pd, per me è una questione di logica elementare: se vado a votare non voglio buttare il voto".
È nota la tua passione per Le Carré: non per insistere nella richiesta di storie lunghe, ma La talpa, La spia che venne dal freddo o anche qualcosa di più recente non ti hanno mai messo voglia di scrivere un romanzo a fumetti di spionaggio con blatte, nasi fallici, vomiti e didascalie?
"Le Carré mi piace soprattutto perché non si capisce tutto quello che succede".
Quasi tutto direi, ed è il suo bello. Vedi che è roba tua?
"E poi io ho un dono: dopo qualche mese che ho letto un libro non mi ricordo niente, quindi con Le Carré è una festa: l'ho letto tre volte, prima in italiano poi in inglese".
E non hai voglia di provarci, prendendoti i tuoi tempi?
"Queste cose le fai se sei sotto pressione, non si può procedere con mezza pagina a settimana, devi starci dentro e io non ce la faccio. Certo, un po' di nostalgia mi è venuta preparando i materiali per la ripubblicazione delle mie vecchie storie: certi passaggi, certi scarti improvvisi".
Eri bravino, eh?
"Ecco, mi fai venire quasi voglia: Le Carré potrebbe essere uno stimolo. Ormai leggo solo gialli e spionaggio perché voglio sapere come vanno a finire le cose. Sì, Le Carré: forse La talpa".
Sul Venerdì del 23 settembre 2022