AMICI MIEI - SECONDO L’ANTROPOLOGO DUNBAR POSSIAMO RELAZIONARCI AL MASSIMO CON 150 AMICI, 15 SONO GLI INTIMI, 5 QUELLI VERI E INDISPENSABILI - IL RESTO DI FACEBOOK E’ CONOSCENZA SENZA RELAZIONE EMOTIVA
Dieci anni di “Facebook” ci hanno portato a questo strano paradosso: abbiamo abbracciato l’idea di organizzare le nostre vite attraverso i social media e simultaneamente abbiamo sviluppato la distinta impressione che ci facesse male.
ABBIAMO MASSIMO CENTOCINQUANTA AMICI.1
Se vogliamo possiamo, invece che sostituire le relazioni vere con quelle false, mantenere vive le relazioni di una vita. I social network possono aiutarci a non perdere rapporti a cui teniamo, rapporti che decadrebbero naturalmente. Dipende dall’uso che se ne fa. Ma quali sono i limiti dell’amicizia?
L’antropologo Robin Dunbar, negli anni Ottanta, si trovò a studiare le abitudini sociali dei primati. Si riteneva che avessero cervelli grandi perché vivevano in gruppi socialmente complessi. Più grande il gruppo, più grande il cervello. Quindi, dalla misura del cervello, si poteva dedurre la grandezza ideale del gruppo del primato. Dunbar usò la matematica e se ne uscì con un numero. A giudicare dalla grandezza media del cervello umano, il numero di persone che possiamo sostenere è 150. Oltre questo, la relazione si fa troppo complicata, la connessione è insignificante.
OGNUNO HA AL MASSIMO CINQUE AMICI STRETTI
Il numero di Dunbar in realtà va da 100 ai 200 (a seconda che l’individuo sia meno o più sociale), e riguarda gli “amici occasionali”, quelli cioè che inviteresti a una grande festa. Gli “amici” calano invece a 50 e sono quelli che inviteresti a una cena, li vedi spesso ma non troppo. Segue la “cerchia dei 15”, la cui frequentazione è assidua, ci si confida sulla maggior parte degli argomenti. Il gruppo di “amici stretti” è composto da cinque persone, sono i “migliori amici” e spesso del gruppo fanno parte i familiari. Si possono avere fino a 1500 conoscenze, ovvero nomi a cui corrisponde un volto, ma solo con 150 si riesce a stabilire una relazione emotiva, anche se a diversi livelli.
E’ un sistema che seguono gli eserciti attuali come quelli dell’antica Roma, usato nei villaggi del neolitico e oggi su “Facebook”. E’ questo il gruppo di persone massimo che riusciamo a seguire. Il resto è finzione, si dà amicizia e in realtà si mette i nuovi nel giro delle conoscenze. Se non li si frequenta, sono destinati a non essere importanti. E’ il contatto che conta. Puoi essere più onesto, interessante e brillante on line, ma se non tocchi l’altro, se non lo incontri, il legame non sarà forte. E’ così anche per i primati. Il contatto scatena le endorfine che danno la sensazione di calore e appagamento.
Non sappiamo quali saranno le conseguenze dei social media per questa generazione. Quando cresci devi imparare a interagire con le persone, a fare compromessi, a negoziare. Acquisire queste qualità richiede una ventina d’anni. Forse nei prossimi dieci anni impareremo a usare “Facebook” come strumento sociale invece che come surrogato della realtà. Lo abbiamo appena inventato, e potrebbe trasformarsi in tutt’altro tipo di animale. Meglio trasformare lui che non noi in cyborg.