''AVEVO SCELTO PIROSO COME DIRETTORE DE 'L'UNITÀ', MA ERA TROPPO DI SINISTRA SECONDO BONIFAZI, IL TESORIERE PD CHE A MILANO INCONTRAVI SOLO AL BULGARI HOTEL PER UN DRINK E POI ALL'ARMANI NOBU A CENA''. LA STORIA RECENTE DE ''L'UNITÀ'', QUANDO IL RILANCIO FU AFFIDATO A GUIDO VENEZIANI: ''RICEVETTI UN AVVISO DI GARANZIA E NOMINARONO DIRETTORE TAL FRULLETTI, BIOGRAFO RENZIANO, E POI ERASMO D'ANGELIS, ESPERTO DI ACQUE PUBBLICHE. FARLA RIPARTIRE ORA…''
Claudio Plazzotta per ''Italia Oggi''
Urbano Cairo è lì a dimostrarlo ogni giorno: affinché una impresa editoriale funzioni bene, serve un editore che di mestiere faccia l' editore e non altro. E ciò che è accaduto all' Unità negli ultimi anni, fino alla chiusura nel giugno 2017, ha come problema principale quello di non avere avuto un editore di riferimento concentrato sul business editoriale. Ora ci sta provando Michele Santoro, che sta trattando con il gruppo Pessina-Stefanelli (la cui attività prioritaria è però quella di costruttori) per rilevare quote della casa editrice del quotidiano.
Matteo Renzi ha invece smentito di avere alcun interesse per la testata fondata da Antonio Gramsci, mentre l' uscita di Lele Mora, in ticket con Marcello Silvestri, pronto a diventare l' editore del quotidiano ha avuto più il sapore della boutade acchiappa-visibilità, tanto che il gruppo Pessina-Stefanelli ha seccamente negato qualsiasi contatto.
Tra il maggio 2015, col rilancio renziano e il ritorno in edicola dell' Unità, e il giugno 2017, quando le pubblicazioni sono cessate, si sono succeduti alla direzione Vladimiro Frulletti, Erasmo De Angelis, Sergio Staino, Andrea Romano, ancora Staino, fino a Marco Bucciantini che è durato meno di due mesi. Sei direzioni in due anni parlano chiaro circa la confusione del progetto.
L' ultimo ad aver in qualche modo provato a rilanciare l' Unità da editore, anche se poi travolto da una bancarotta fraudolenta, dal fallimento del suo gruppo editoriale, e da un periodo passato in carcere, è stato Guido Veneziani. Che, da presidente della Unità srl ed editore incaricato, nei primi mesi del 2015 investì 1,6 milioni di euro nell' avventura, per acquistare la carta, i computer e tutto il necessario all' avvio delle operazioni.
«Io ci credevo molto in quel progetto, mi ero tanto dato da fare per trovare i direttori giusti per l' Unità. E individuai Antonello Piroso e Tommaso Cerno. Quando nei primi mesi del 2015 incontrai Piroso, lui si dimostrò molto interessato. Mi raccontò la sua storia a La7, i suoi 10 anni in quella tv, il modo brutale con il quale venne liquidato dall' amministratore delegato Giovanni Stella, che ebbi anche nel mio cda. Mi parlò della sua formazione di sinistra, di come, da giovane, andasse a distribuire l' Unità porta-a-porta.
Il nome di Piroso, però, venne bocciato da Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd e incaricato da Matteo Renzi di seguire le vicende dell' Unità. Mi disse che Piroso era un uomo troppo di sinistra, troppo vicino a Walter Veltroni. Poi ricevetti Cerno, all' epoca direttore del Messaggero veneto. La proposta di diventare direttore dell' Unità lo rendeva entusiasta. Provai a parlarne a Bonifazi a Milano: ci incontrammo per un aperitivo al Bulgari Hotel, perché il tesoriere del Pd, quando veniva in trasferta nel capoluogo lombardo, amava bere qualcosa al Bulgari e poi trasferirsi per cena all' Armani Nobu. E Bonifazi bocciò anche il profilo di Cerno, che non riteneva opportuno».
gianluigi nuzzi maurizio belpietro antonello piroso (2)
Insomma, l' Unità continuava a brancolare nel buio. Si arriva al maggio 2015: un giovedì pomeriggio Veneziani riceve l' avviso di garanzia per il reato di bancarotta fraudolenta. Al venerdì il consiglio di amministrazione dell' Unità gli chiede di dimettersi dalla carica di presidente, per ragioni etiche: «E mi ritrovo questo Vladimiro Frulletti, biografo di Renzi, uno che a fatica riusciva a parlare in italiano, nominato alla direzione del giornale. Un mese dopo arriverà Erasmo De Angelis, un esperto di acque pubbliche».
Ma ormai non era più faccenda che riguardasse Veneziani, travolto dalla crisi e dal fallimento del suo gruppo editoriale. Oggi si potrebbe rilanciare l' Unità? «Mah», risponde Veneziani, «se all' epoca ci volevano cinque milioni di euro, credo che adesso ce ne vorrebbero almeno sei. Penso però che non ne valga la pena. Ormai il mondo dell' editoria italiana è in gran parte in mano a Urbano Cairo, uno tra i pochi imprenditori a mandarmi un messaggio molto affettuoso quando il mio gruppo è fallito».
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