BRACHETTI, TRAVESTIMENTI PERFETTI: "TUTTI INDOSSIAMO DELLE MASCHERE. IO COME FREGOLI, RAPPRESENTO LA METAFORA DEL NOSTRO TEMPO - DA GABER HO IMPARATO IL PERFEZIONISMO MANIACALE - IL POLITICO PIU’ DIVERTENTE? CHIRAC"
Chiara Ingrosso per il “Fatto Quotidiano”
Arturo Brachetti si muove sicuro tra i corridoi del Teatro Sistina di Roma. “In queste sale c’è tanta storia. Non solo di spettacoli e artisti, ma anche di mondanità e boudoir a sipario chiuso”, sorride. Proprio qui, fino al 26 aprile il trasformista più famoso al mondo porta in scena Brachetti che sorpresa!, spettacolo finora visto da più di 90 mila spettatori in 70 repliche.
Dopo si prosegue a Pescara, Torino e a luglio al Teatro Nuovo di Milano, per poi riprendere in autunno. Cinque artisti lo accompagnano nel suo primo varietà magico, viaggio metaforico tra le fasi della vita alla ricerca di una valigia perduta: “Come molti, ho difficoltà a crescere. A 57 anni vivo a metà tra il terzo e il quarto livello dell’esistenza, tra età adulta e maturità”.
Cosa le resta, invece, dell’infanzia?
Ricordi grigi, come Torino negli Anni 60. Dal balcone di casa ammiravo il retro di un cinema, il Las Vegas del quartiere a me inaccessibile. Mia nonna, però, mi portava all’antico Teatrino Lupi delle marionette a fili. Una di queste, altissima, si scindeva in tante più piccole. Era questa la magia a quel tempo.
Fino a quando ha incontrato don Silvio Mantelli, il Mago Sales.
A tredici anni ero molto timido. Mi spedirono in seminario per obbligarmi a socializzare. Oggi posso dire che grazie a lui ha funzionato.
Possiede 350 abiti e le basta un secondo e mezzo per trasformarsi. Quante identità ha Arturo Brachetti?
Quando Fregoli inventò quest’arte nel 1917, per i futuristi era l’uomo del ventesimo secolo, colui che si trasforma. Io rappresento la metafora del nostro tempo. Tutti indossiamo delle maschere e viviamo più vite. Lo faccio anche nella vita reale. A volte sono il sacerdote Don Lorenzo, altre il rockettaro-tamarro (vedessi che successo quando vado a ballare conciato così!)
Il successo è arrivato prima all’estero, poi in Italia. Un cervello in fuga?
Come tanti altri. In Italia pensavano che all’estero ci sarebbe stato sempre uno molto più bravo di me. Invece questa è un’arte italiana, che ho nel sangue. Fuori lo hanno capito subito.
Come Jean Marie Riviére, direttore del Paradis Latin di Parigi, dove ha iniziato...
Come nel film Mouline Rouge, era il nostro Mr Zidler. Restava in teatro fino all’alba con amici del calibro di Sylvester Stallone, Peter Sellers o Liza Minnelli, facendo scommesse assurde. Una volta, per 500 franchi, mandarono il cameriere in giro per le gallerie con la sua moto. Era una Parigi-Babilonia, che non esiste più.
Come si diverte oggi?
Negli Anni 90, dopo gli spettacoli avevo talmente tanta adrenalina che uscivo in strada a tirare su le serrande dei negozi. Mi sono calmato, ma una volta all’anno faccio una festa a casa mia, obbligo travestirsi.
Chi la sorprende?
Victoria Chaplin, settima figlia di Charlie. Ho lavorato con lei e con suo figlio, James Thierré. La sua arte circense è eccezionale. La magia da oggetti poveri, come un pezzo di cartone o dieci cucchiai.
Restando a teatro, cosa ha imparato lavorando con Gaber?
Il perfezionismo maniacale. Mi disse: “Nel one-man-show qualsiasi cosa tu proponga al pubblico, la prendono per vera”. Per questo, sul palco resto persona, non solo personaggio.
Con Ugo Tognazzi?
Erano gli ultimi sei mesi della sua vita, facevamo Madame Butterfly . Mi meravigliavo della sua ansia da prestazione verso un pubblico che, ormai, pretendeva di ridere con lui. Oggi lo capisco.
E con Aldo, Giovanni e Giacomo?
Quando sono insieme hanno un età media di 14 anni (ride), ed io il maestro elementare. Mi hanno regalato fiumi di risate, soprattutto durante I Corti, quando improvvisavamo cose di una volgarità galattica.
Passando alla tv: ci arriva nel 1985 con Al Paradise di Antonello Falqui...
L’ultimo Cecil Demille della televisione italiana. Per i varietà del sabato sera ci faceva provare anche dieci giorni, senza margini d’errore. Era la mentalità del cinema applicata al piccolo schermo. Ora non guardo più la tv.
Woody Allen ha detto di essere un tuo fan...
Lo incontrai nel Natale del 2005. Mi inondò di complimenti, offrendosi come padrino per il mio spettacolo a New York. Penso che sia un genio, la stima è reciproca.
Chi ricorda con più affetto tra le personalità politiche che ha incontrato?
Jaques Chirac. Senza dubbio il più divertente. Fui seguito per tre mesi dai servizi segreti, che mi fecero una pagella morale per valutare la mia idoneità all’esibizione natalizia in Eliseo. Mentre ero sul palco, dietro le quinte c’erano i mitra spianati. Alla fine dello show, mi raggiunse con fare da amicone, sciogliendosi completamente.
A luglio ci saranno i mondiali di magia a Rimini. Ci saranno nuovi competitor?
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All’ estero ci sono dei mostri di tecnica, ma ora si lavora molto con video e montaggio. Dynamo, ad esempio, giovane umile che conosco personalmente, aveva una gran paura di esibirsi dal vivo davanti a 5 mila persone. In questo mestiere, la prova del nove è il pubblico. E in questo non temo imitazioni.