1- C’È VOLUTO IL “FEMMINISMO ROCK” PER VIVERE UNA VITA “PORNIFICATA” E CANCELLARE DEFINITIVAMENTE IL TABÙ SULLE DONNE LIBERE DI SCOPARE SPESSO E VOLENTIERI 2- IL “SEX GIRL SOUND” CONTEMPORANEO FOMENTATO DA MADONNA, CHE HA DISTRUTTO IL PURITANESIMO USA ROVESCIANDO IL VITTIMISMO DELLA SESSUALITÀ SOTTOMESSA 3- CON “SHE BOP”, CINDY LAUPER CANTÒ LA MASTURBAZIONE MENTRE LE SALT’N’PEPA PORTARONO GLI ORGASMI FEMMINILI NELL’HIP HOP MACHISTA. NEI TESTI DI PEACHES C’ERA DI TUTTO, DI BRUTTO: POMPINI, SESSO ANALE, CINTURE FALLICHE E BISESSUALITÀ

Jessica Dainese per "Alias - il Manifesto"

Nel 2011 due sociologhe dell'Università di Buffalo hanno pubblicato lo studio «Equal Opportunity Objectification? The Sexualization of Men and Women on the Cover of Rolling Stone» (L'oggettivazione (applica i criteri di) pari opportunità? La sessualizzazione di uomini e donne sulla copertina di Rolling Stone). Analizzando le copertine della rivista statunitense dal 1967 al 2009, Erin Hatton e Mary Nell Trautner sono giunte a due conclusioni:

1) nel corso degli ultimi quarant'anni la cultura occidentale è diventata sempre più sessualizzata, quasi «pornificata»;

2) le donne sono di gran lunga più oggettivate sessualmente rispetto agli uomini, e in modo più evidente (spesso ipersessualizzate). Uno degli effetti negativi di questa (iper)sessualizzazione dell'immagine femminile (che ovviamente non si verifica soltanto nelle riviste di cultura pop, ma anche nei videoclip, sulle copertine dei dischi ecc.) è l'idea limitata/limitante di femminilità che viene rappresentata in queste immagini, e quindi accolta come «accettabile» dalla cultura dominante.

«Non crediamo necessariamente che sia problematico per le donne essere ritratte come 'sexy'», ha affermato la Hatton a questo proposito, «crediamo invece sia un problema il fatto che quasi tutte le immagini rappresentino le donne non semplicemente come 'sexy', ma come passivi oggetti per il piacere sessuale di qualcun altro». Il mondo della musica pop e rock è affollato di donne sexy, ma per lo più rappresentano appunto una sessualità passiva, sottomessa.

Un esempio chiaro è il singolo di Britney Spears I'm a Slave 4 U (2001). Ma anche la più recente I Kissed a Girl (2008) di Katy Perry ha fatto infuriare femministe pop quali Kathleen Hanna e Beth Ditto. Lungi dall'essere una proclamazione d'amore queer, I Kissed a Girl rappresenta piuttosto, come ha dichiarato la riot grrrl Kathleen Hanna, «la fantasia finto lesbo porno di ogni maschio (...) È disgustosa».

Anche Beth Ditto dei Gossip ha trovato offensiva questa canzone che «parla di una femmina etero che bacia altre donne per eccitare gli uomini» (Attitude, 2009). Poi c'è il caso di Rihanna. In S&M (da Loud, 2010) la cantante barbadiana intona versi che parlano di sesso, sadomasochismo e bondage. Rihanna ha confessato a Rolling Stone il suo interesse per queste pratiche: «Mi piace prendere il comando, ma amo essere sottomessa. Essere sottomessa in camera da letto è molto divertente».

Tutto bene, se non fosse che soltanto l'anno precedente Rihanna era stata vittima di violenza domestica. La foto del volto contuso della cantante fece il giro del mondo, e il suo partner di allora, Chris Brown, fu arrestato per aggressione e minacce. Quindi, sebbene Rihanna non sia l'autrice di S&M (e sebbene non ci sia relazione tra pratiche Bdsm consensuali e violenza domestica), versi come «bastoni e pietre possono rompermi le ossa, ma catene e fruste mi eccitano», hanno un retrogusto piuttosto amaro.

Le canzoni di cui andremo a parlare, invece, affrontano l'argomento sesso con un'attitudine ben diversa, ossia (più o meno esplicitamente) femminista. Negli anni Ottanta c'è stata, 1 all'interno del movimento femminista, una spaccatura tra atteggiamento sex-positive (favorevole al sesso) e opposizione (anche al vetriolo) alla pornografia. Una divisione spesso piuttosto aspra, tanto che qualcuno ha parlato di «guerre del sesso femministe».

Mentre secondo femministe anti-porno come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin la pornografia era la causa centrale dell'oppressione femminile, altre femministe (soprattutto quelle «non accademiche», come la scrittrice Kathy Acker o Annie Sprinkle) consideravano il femminismo sex-positive (o pro-sesso o sex-radical) una risposta a quello che ritenevano essere il controllo patriarcale della sessualità. L'idea centrale del femminismo sex-positive è che la libertà sessuale è una componente essenziale della libertà femminile.

Quindi, non solo queste femministe rifiutano qualsiasi 3 tentativo di controllo sulle attività sessuali tra adulti consenzienti (sia da parte del patriarcato, sia da parte delle femministe stesse), ma ritengono anche che, piuttosto che limitare la pornografia, sia necessario dare più opzioni in quest'ambito. Una pratica sessuale particolarmente biasimata dalle femministe anti-porno è il Bdsm (Bondage, Discipline, Sadism, Masochism), perché, secondo loro, consolida la misoginia.

Secondo le femministe pro-sesso, invece, le attività sadomaso consensuali sono apprezzate da molte donne; e poi, nel Bdsm, i ruoli non sono determinati dal genere, ma dalle preferenze personali, quindi non necessariamente le donne assumono ruoli di sottomissione. Per le femministe sex-positive, inoltre, la «liberazione femminile» non può essere ottenuta senza promuovere anche l'accettazione dell'omosessualità e la bisessualità, e sostengono il diritto di tutti gli individui di determinare la propria identità di genere.

La Terza Ondata Femminista, iniziata negli anni Novanta e tuttora in corso, è caratterizzata dall'unione di diversi movimenti, dagli obiettivi spesso distinti: dalle Riot Grrrl alle femministe post-moderne, dalle femministe nere al femminismo pop à la Sex and the City. Una prerogativa delle femministe della Terza Ondata è trasformare il linguaggio usato per definire le donne e i modi (stereotipati) in cui sono ritratte dai media.

Alcune, le riot grrrl, si riappropriano di termini considerati offensivi, come «slut» e «bitch». Reclamandoli (spesso scrivendoli a pennarello o con il rossetto sui propri corpi), li svuotano così in parte della loro ostilità: «bitch» diventa una «donna difficile»; «slut» una «donna con una libido». Come la Samantha di Sex and the City, che non si vergogna di ammettere che l'unico uso che ha per un uomo è il sesso, e spesso è mostrata (nella serie tv) nell'atto di masturbarsi: entrambe cose che solitamente non si crede siano di interesse per una donna. Come vedremo, le canzoni analizzate di seguito smentiscono quest'assurda supposizione.

MADONNA, «BURNING UP»
Icona assoluta del femminismo pop, Madonna ha messo a nudo il puritanesimo e vittimismo del femminismo americano. Ha mostrato alle ragazze come si può essere del tutto femmine e sessuali, e al tempo stesso esercitare un controllo assoluto sulla propria vita. Tobi Vail, componente della band Bikini Kill e tra le fondatrici del movimento Riot Grrrl, grande fan di Madonna, ha dichiarato recentemente sul sito collapseboard.com che «(il movimento) Riot Grrrl non sarebbe accaduto senza Madonna». Secondo Tobi Vail, la cantante ha trasformato la cultura pop in modo così evidente che si può parlare di un prima e dopo Madonna. Prima, afferma la Vail, le donne nel pop non avevano il controllo della propria immagine. Poi è arrivata Madonna e «tutto cambiò».

Il brano Burning Up (1983), e in particolare il videoclip dello stesso, è stato indicato da vari critici come il momento in cui Madonna ha iniziato a prendere il controllo di una sessualità maschile destabilizzata. Il video raffigura l'artista in posizioni di classica sottomissione femminile su una strada abbandonata, mentre canta versi come «mi vuoi vedere in ginocchio?» e si contorce dalla passione per il suo amante, che arriva in auto.

Ma il finale del video mostra Madonna che se ne va, sorridente e sola, alla guida dell'auto: è chiaro che è sempre stata lei al comando. Racconta Tobi Vail: «Da qualche parte ho una cassetta di un gruppo di riot grrrl che cantano sopra Burning Up di Madonna durante una mia trasmissione radiofonica nei primi anni Novanta (a proposito, se non avete sentito Kathleen Hanna cantare questa canzone, allora non avete sentito questa canzone)».

La discografia di Madonna è costellata di brani che parlano di sesso, da Like a Virgin, all'inno allo spanking erotico Hanky Panky (1990), da Justify My Love (1990), uno dei suoi brani (e video) più controversi, all'intero album Erotica (1992). Se nella title track Madonna veste il ruolo di dominatrice con tanto di frustino e, il brano più esplicito dell'album è forse Where Life Begins, che parla dei piaceri del sesso orale attraverso una serie di metafore culinarie.

CYNDI LAUPER, «SHE BOP»
Tratta dal suo album di debutto She's so Unusual (1983), She Bop di Cyndi Lauper è probabilmente la canzone più orecchiabile mai scritta sulla masturbazione femminile. La Lauper ha dichiarato che l'ispirazione le è venuta dopo aver trovato una copia della rivista erotica gay Blueboy nello studio di registrazione (la canzone inizia con i versi: «Li vedo ogni notte in blue jeans attillati/sulle pagine di una rivista Blueboy»), e che era nuda quando ha registrato il brano.

Anche se l'autrice voleva che i ragazzini pensassero che la canzone parlasse del ballo (e che capissero il vero significato solo da adulti), è chiaro il senso di versi come «voglio andare a sud», «dicono che farei meglio a smettere, o diventerò cieca» e «non riesco a smettere di armeggiare con la zona pericolosa». She Bop è stata inclusa nel 1985 nella lista compilata dal Parents Music Resource Center «Filthy Fifteen», ovvero i 15 brani che, avrebbero dovuto essere banditi perché parlavano di sesso, droga, violenza e/o... l'occulto! (nella stessa lista, anche Dress You Up di Madonna e Darling Nikki di Prince).

SALT'N'PEPA, «LET'S TALK ABOUT SEX»
Prima di Nicki Minaj, prima di Lil' Kim, c'erano le Salt'n'Pepa, tra le prime a parlare schiettamente di sesso da un punto di vista femminile nella maschilista scena hip hop. La loro prima hit fu Push It (1988). Parlava di ballo o di sesso? Il testo si presta per lo meno a una doppia interpretazione: «Spingilo bene, spingilo molto bene, ah, spingilo».

Nessun malinteso invece per quanto riguarda un altro loro singolo di enorme successo, Let's Talk About Sex (1991), in cui sono decisamente più esplicite: «Diciamo come è, e come potrebbe essere/com'era, e naturalmente, come dovrebbe essere», e se pensate che l'argomento sia sporco, «spegnete la radio».

In una versione alternativa di questo brano, intitolata Let's Talk About Aids, il testo fu modificato per affrontare l'argomento della diffusione dell'Hiv. «Non è una malattia nera, bianca o gay (...) Si prende sessualmente o attraverso un ago infetto/Anale o orale, gente», spiegano le Salt'n'Pepa, e nel ritornello invitano a praticare il sesso sicuro. Nella loro hit del 1993 None of Your Business, infine, se la prendono con i «due pesi e due misure» per cui una donna a cui piace il sesso è una zoccola, mentre un uomo a cui piace il sesso beh, è semplicemente un uomo. Ma «se voglio portami a casa un tipo stasera», dicono, «non sono affari tuoi!».

PEACHES, «MOMMY COMPLEX»
L'artista electroclash canadese Peaches ha praticamente costruito la sua carriera sui testi «sconci». Il suo album di debutto The Teaches of Peaches (2000) si apre con il brano Fuck the Pain Away, e basta dare un'occhiata ai titoli per capire che il tema del disco è fondamentalmente uno: scopare.

Nei tre album seguenti (Fatherfucker, 2003; Impeach My Bush, 2006 e I Feel Cream, 2009), Peaches scandaglia molteplici pratiche sessuali: Sm («Fruste, frustini, bastoni, qualsiasi cosa, dai, baby, andiamo», I U She), sesso orale («Mangia un biscotto, un grande cazzo, ogni giorno, cosa?/Mangia un biscotto, una grande clitoride...», Stuff Me Up; Downtown), sesso anale e cinture falliche (Back it Up, Boys), ménage à trois e voyeurismo (Two Guys (for Every Girl)), masturbazione (Rock the Shocker). E ce n'è per tutti, uomini e donne («Non devo scegliere, mi piacciono le ragazze e mi piacciono i ragazzi», I U She).

È però in Mommy Complex (2009), pure relativamente pacato nel linguaggio, che esterna la sua perversione più raccapricciante: soddisfare una fantasia mamma/infante. Va bene recitare il ruolo di una «cougar» (una «panterona»: una donna matura, benestante, in cerca di una preda giovane da dominare), ma i riferimenti a battesimo, lattazione, e tagli cesarei sono decisamente «troppo».

BIKINI KILL, «SUGAR»
Le poster girl del femminismo punk degli anni Novanta hanno affrontato un'ampia gamma di temi legati alla sessualità. Hanno scritto crudi brani di denuncia sugli abusi sessuali e l'incesto (Suck My Left One, Daddy's Little Girl), ma anche inni alle «radicali possibilità del piacere» (I Like Fucking, 1995). Perché, anche se il mondo è «fottutamente pieno di violenza 8 6 (carnale)», i nostri corpi non devono essere una «fonte di dolore». Nel singolo del 1993 New Radio (prodotto da Joan Jett) le Bikini Kill distruggono le fantasie maschili descrivendo in modo crudamente realistico l'immagine femminile: «Le fessure tra i denti/le unghie sporche/ ragazzino non puoi uccidere ciò che è fottutamente reale». Sugar (da Pussy Whipped, 1993) però è forse il loro brano più esplicito («Sei così fottutamente grande e duro/Hai un uccello enorme/spingilo più in profondità ora»). Racconta di una relazione in cui la donna simula tutte le fantasie del proprio uomo, ma è sessualmente insoddisfatta: «Sto quasi venendo (... ) E nella mia testa, sono in ginocchio/Perché non posso mai ottenere il mio zucchero?».

LIZ PHAIR, «FLOWER»
Liz Phair debutta nel 1993 con l'album Exile in Guyville, osannato per i testi schietti, sessualmente espliciti. Come in Flower, che inizia con i versi: «Ogni volta che vedo la tua faccia mi bagno tutta tra le gambe», continua con «voglio fotterti come un cane» e «voglio essere la tua regina dei pompini», e si conclude con «ti scoperò finché il tuo cazzo non sarà blu». Notevole anche il celebre verso da Chopsticks (da Whip-Smart, 1994): «Lui disse che gli piaceva farlo al contrario/Io dissi mi sta bene, in questo modo possiamo scopare e guardare la tv». Divertente per il tono impassibile con cui canta queste sconcezze.

THE DONNAS, «40 BOYS IN 40 NIGHTS»
The Donnas sono quattro fanciulle californiane che si sono prese la rivincita sulle band rock misogine, invertendo i ruoli: se spesso le rock star maschili «usano» le donne, le Donnas «usano» gli uomini. Non si vestono in modo seducente, sono sessualmente aggressive e, quando vogliono una preda-maschio, sono pronte a calpestare anche eventuali fidanzate, mandando a quel paese qualsiasi concetto di solidarietà femminile (Get Rid of that Girl, Too Bad About Your Girl).

Per le Donnas, i ragazzi non sono altro che dei pezzi di carne da mordere (Checkin' it Out), dopo averli fatti spogliare (Take it Off). Uno dei loro brani-simbolo è 40 Boys in 40 Nights (2001), che parla dei rapporti occasionali on the road: «Trascorro ogni notte in uno Stato diverso/trascorro ogni notte con un ragazzo diverso/Arrivo in città e do un'occhiata intorno/E poi trovo un tipo che voglia darsi da fare».

TORI AMOS, «ICICLE»
Si sa che che sesso e religione è una combinazione esplosiva (chiedete a Madonna). Figlia di un pastore protestante, Tori Amos descrive in Icicle (da Under the Pink, 1994) la gioia e il batticuore che provava da bambina quando si masturbava nella sua stanza, mentre al piano inferiore suo padre e altri religiosi discutevano delle sacre scritture. In Icicle, Tori cerca il divino dentro di sé: «E quando la mia mano mi tocca/posso finalmente riposare la mia testa/e quando dicono prendete il suo corpo/ penso che prenderò invece il mio». L'artista iniziò molto presto a mettere in discussione gli insegnamenti religiosi che le venivano impartiti dalla famiglia repressa. Non capiva, per esempio, che ci fosse di sbagliato nel trovare Gesù... «carino». E proprio alle immagini di Gesù che il padre aveva appeso al piano inferiore, la Amos pensava mentre toccava il «suo piccolo posto caldo».

DRESDEN DOLLS, «FIRST ORGASM»
Non è altrettanto piacevole l'esperienza di Amanda Palmer in First Orgasm (da Yes, Virginia... dei Dresden Dolls, 2006). La protagonista si sveglia presto un giovedì mattina come tanti, si fa un caffè e si siede a controllare le sue email. Ma, annoiata, dopo un paio di parole si mette a guardare fuori dalla finestra, e inizia a masturbarsi. «Il primo orgasmo del mattino è freddo e fottutamente difficile», canta Amanda. L'autoerotismo come gesto automatico dettato dalla noia e dalla solitudine: «A malapena mi accorgo che sto venendo».

Meritano una citazione anche: Stutter (1993) delle Elastica che, secondo l'autrice Justine Frischman, affronta lo «sporadico problema di impotenza del maschio ubriaco»; Bang (2001) degli Yeah Yeah Yeahs, in cui Karen O' manifesta la propria insoddisfazione rispetto alla prestazione sessuale del proprio uomo («Come scopata, figliolo, fai schifo«); Salvatore (da Divento viola, 2011), brano sull'autoerotismo femminile (Salvatore è il vibratore, «Un principe di metallo azzurro») delle Iotatòla (due trentenni palermitane personalmente «scoperte» allo scorso Mei Supersound); e infine Drive (da Freedom, 2000) di Melissa Ferrick, uno dei brani più hot mai scritti sull'amore tra due donne.

 

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