LA CANNES DEI GIUSTI - FINALMENTE ARRIVANO GANGSTER CON LA MITRAGLIA E AZIONE AL FESTIVAL. NON SARA' UN CAPOLAVORO, NON SARA' ADATTO A CANNES, MA CI DIVERTE PARECCHIO QUESTO "LAWLESS" DELL'AUSTRALIANO JOHN HILLCOAT - HA MOLTO COLPITO IL FILM RUMENO IN CONCORSO, "DUPA DEALURI" DI CRISTIAN MUNGIU, CHE A CANNES E' GIA' STATO PREMIATO CON LA PALMA D'ORO QUALCHE ANNO FA - QUANTO A "REALITY" DI GARRONE, INCASSA QUALCHE BRUTTA RECENSIONE ("VARIETY" LO DEFINISCE ‘DULL’, MONOTONO), CHE POTREBBE NON AIUTARLO…

Marco Giusti per Dagospia

Cannes 2012. Quarto giorno. Finalmente arrivano gangster con la mitraglia e azione al Festival. Non sara' un capolavoro, non sara' adatto a Cannes, ma ci diverte parecchio questo "Lawless" dell'australiano John Hillcoat, ottimo regista di "The Road" e del western "The Proposal", che aveva scritto assieme a Nick Cave (lui), sceneggiatore e musicista anche di questo film, tratto dal romanzo di Matt Bondurant, ispirato ai racconti che gli avevano fatto il nonno e gli zii.

Siamo nel 1931 in Virginia, nella contea di Franklin. E' li' che si muovono i tre rozzi ma sani fratelli Bondurant, interpretati dagli emergenti Shia Le Boeuf, il giovane, Tom Hardy, il superbono e Jason Clark, il più' grosso. Distillatori clandestini alle prese con la polizia corrotta, con i gangster di Chicago e la violenza del posto.

Guy Pearce e' un azzimato e cattivissimo procuratore che tagliegga i fratelli, Gary Oldman uno strepitoso gangster di Chicago, Jessica Chastain la donna di Tom Hardy e Mia Wasikowska la ragazzina mormone che fa impazzire Shia La Boeuf. Gran lavoro musicale di Nick Cave, gran recupero dei film dedicati alla Moonshine War, da "Il bandito e la madama" di Hal Needham al dimenticato "The Moonshine War" di Richard Quine, troppa violenza, sceneggiatura un po' facile.

Carino, ma non all'altezza dei precedenti film di Hillcoat, lancia pero' definitivamente la stella del supermacho Tom Hardy, qui mena tutti, tromba poco, ma se la cava anche dopo che gli hanno tagliato la gola. Le ragazze, come al solito, meravigliose.

Ieri sera ha molto colpito, anche perche' durava due ore e mezzo, il film rumeno in concorso, "Dupa Dealuri" di Cristian Mungiu, che a Cannes e' gia' stato premiato con la Palma d'Oro qualche anno fa con un altro melo femminile sull'aborto. Costruito con grandi e complessi piani sequenza che vedono gli attori quasi muoversi attorno alla macchina da presa, il film segue la storia d'amore e di fede fra due povere orfanelle, Voichita e Alina, che hanno passato assieme la propria infanzia e sono legate da qualcosa di più' dell'amicizia.

Quando Alina torna dalla Germania ha intenzione di portarsi via per sempre l'amica, ma questa vive ormai da suora in un convento ortodosso dominato da un Pope barbuto che male vede l'Occidente e le sue tentazioni. Alina, per non perderla e per dormire ogni notte con lei dice di farsi suora, di avere anche lei la fede. Questo la portera' a un vero calvario psicologico e fisico con tanto di esorcismo rurale in una Romania lontana e misteriosa.

Film di grande stile, rilancia Mungiu come autore di prima grandezza e si impone come uno dei grandi film del festival. Certo, non per tutti i gusti, ma solo l'idea della ragazza amata da Alina al centro di ogni inquadratura, anche della più banale, dimostra quanto sia regista sofisticato e complesso Mungiu.

Quanto a "Reality" di Matteo Garrone, incassa qualche brutta recensione ("Variety" lo definisce dull, monotono), che potrebbe non aiutarlo. Alla Quinzaine, dopo un'apertura non troppo gradita con l'ultimo film di Michel Gondry, tutto ambientato su un autobus con una scolaresca newyorkese, e' stata la celebrazione di Pablo Larrain con il suo "No", grande film storico politico (svegliate Rulli e Petraglia) sulla guerra tra il "si" e il "no" per il governo Pinochet nel Cile del 1988.

Tutto e' visto attraverso il confronto fra due pubblicitari della stessa agenzia, che lanciano il più' vecchio il "si" e il più' giovane il "no". Grandi applausi a tutte le proiezioni e vera e propria ovazione finale a regista e attori a quella ufficiale del pomeriggio. A "Un certain regard" un po' noioso il canadese "Laurence Anyways" di Xavier Dolan, ritratto di un uomo, il francese Melvin Poupaud, attore di Raoul Ruiz, che decide di diventare donna nella Montreal di fine anni '80.

Molto Cocktail d'amore generation, a tratti anche divertente, ma dopo un'ora il protagonista non aveva fatto grandi sforzi, si era messo gomma e orecchina e telefonava a mamma, Nathalie Baye inflessibile, perche' lo avevano menato. Nella seconda parte, sembra che abbia telefonato al padre. Ero gia' uscito

 

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