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LA CANNES DEI GIUSTI - ALLA QUINZAINE TUTTI IMPAZZITI PER "TROIS SOUVENIR DE MA JEUNESSE" DI ARNAUD DESPLECHIN, GIA' DEFINITO "IL MAD MAX DEL CINEMA D'AUTORE FRANCESE" - STRANO, CURIOSO MA PROFONDAMENTE INNOVATIVO, E PROFONDAMENTE POLITICO, IL FILM DI MIGUEL GOMES
Marco Giusti per Dagospia
arnaud desplechin
"trois souvenir de ma jeunesse" di arnaud desplechin 1zpqroh
Cannes. Alla Quinzaine tutti impazziti per "Trois souvenir de ma jeunesse" di Arnaud Desplechin, gia' definito "il Mad Max del cinema d'autore francese" e grande ritorno al romanzo formativo nouvellevaguista dopo l'inciampo americano di "Jimmy P", che fu la grande occasione mancata del regista a Cannes un paio d'anni fa. E il cui insuccesso e' forse pesato nella decisione di non inserire il suo ultimo film in concorso.
Fatto gravissimo per i critici francesi che da mesi sponsorizzano il film è lo avrebbero certo preferito ad altri titoli nazionali. Siamo dalle parti del prequel, visto che Mathieu Amelric riprende il suo personaggio di Paul Dedalus, bizzarro antropologo che vive da anni lontano da Parigi.
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Il suo ritorno provoca una sorta di falsa partenza al film, visto che la polizia francese ferma all'aeroporto Paul Dedalus che deve spiegare perche' esista un suo doppio in Australia, nato esattamente lo stesso suo giorno e nella stessa citta'. Ma la pista spionistica, in realtà, ci devia dal vero interesse di Desplechin, cioe' dal racconto di una lunga e tormentata storia d'amore giovanile che lo vede diciannovenne dividersi tra Roubaix, dove vivono i suoi fratelli, e Parigi, dove inizia a studiare antropologia.
Il giovane Paul, interpretato da Quentin Delmaire, si innamora di una bella ragazza sedicenne di provincia, Esther, la luminosa Lou-Roy Lecollinet, e questa storia cambia profondamente la sua vita. Esattamente come lo spettatore, che si trova trasportato in un grande storia d'amore truffautiana di tanti anni prima, anche Desplechin si butta nella costruzione di questa storia è dei suoi due protagonisti.
E' un corpo a corpo non tanto con i sentimenti di Paul Dedalus, ma con lo sguardo e la passione femminile della sua ragazza. Forte del pur non riuscito "Jimmy P", con tutte le sue teorie sulla pazzia e sullo studio antropologico delle tribu' dei nativi americani, Desplechin adatta questo sguardo da antropologo anche ai suoi personaggi per raccontarci una storia d'amore.
Non so se e' un grande film, certo e' un film molto sentito e molto forte che meritava una vetrina maggiore qui a Cannes. Per molti critici e' il miglior film visto finora al festival e i due giovani protagonisti sono gia' delle star.
Molto atteso anche il supersperimentale progetto di Miguel Gomes con le sue sei ore di "Arabian Nights", divise in tre parti distinte. Non e' Basile raccontato da Garrone o Boccaccio raccontato dai Taviani. Gomes racconta la crisi nel suo paese, il Portogallo, seguendo la struttura delle Mille e una Notte, e ogni racconto, per quanto fantastico sia, vede sempre al centro una situazione politica piu' o meno locale.
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E si permette di iniziare il suo lunghissimo film con mezz'ora di documentario militante (che e' pura fiction) proprio sulla crisi di un gruppo di operai e sulla sua stessa crisi di regista militante. Al tempo stesso le sue storie si fondono fra di loro e non possono che rimettere in circuiti sempre personaggi e fili narrativi che sono stati presentati.
Gomes, insomma, per le sue Mille e una Notte portoghesi, si inventa un proprio linguaggio, aiutato da un prestigioso direttore della fotografia tailandese che e' stato un anno a Lisbona, ma non perde un momento di vista la realta' del paese.
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Con trovate anche molto comiche, come i ministri "cazzuti" che hanno proprio delle pesanti erezioni o il gallo che parla col proprio giudice, il solo che sappia ascoltare le lingue degli animali, e spiega che disturbata i cittadini per allertarli dei disastri imminenti. Strano, curioso ma profondamente innovativo, e profondamente politico, il film di Gomes viene lanciato a Cannes come un vero e proprio evento artistico.