ALTRO CHE CANZONETTE, A SANREMO SI FA POLITICA! DALLA RICHIESTA DI ABOLIRE IL FESTIVAL AVANZATA DAL DEMOCRISTIANO GIOVANNI D'ANTONIO NEL 1967, ANNO DELLA TRAGEDIA DI LUIGI TENCO, ALLE POLEMICHE SU ACHILLE LAURO CHE SI AUTOBATTEZZA (“OLTRAGGIO ALLA RELIGIONE CATTOLICA”, SECONDO SALVINI), IL FESTIVAL APPRODA SPESSO IN PARLAMENTO: QUANDO LA LEGA SI SCAGLIO' CONTRO “GLI AMMICCAMENTI ALLA LIBERALIZZAZIONE DELLE DROGHE” DI ORNELLA MUTI…
Estratto dell'articolo di Paola Italiano per “la Stampa”
La deputata di Fratelli d'Italia Maddalena Morgante si dice «sconcertata» dalla notizia che Rosa Chemical in gara al prossimo Sanremo «porterà, e chiedo scusa per i termini che sto per usare, il sesso, l'amore poligamo e i porno su Onlyfans. Trasformare il Festival di Sanremo, un appuntamento che ogni anno tiene incollati allo schermo famiglie e bambini, emblema della tv tradizionale convenzionale, nell'appuntamento più gender fluid di sempre, è del tutto inopportuno».
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Quella della deputata Morgante è solo l'ultima di una lista di interrogazioni parlamentari lunga quasi quanto la storia del Festival. Curioso: c'era una fiamma tricolore anche nel simbolo del partito del primo parlamentare che nel 1957 apre le danze dei politici indignati, Bruno Spampanato, protagonista del fascismo dalla marcia su Roma alla Repubblica Sociale, e nell'Italia Repubblicana eletto alla Camera per il Movimento Sociale Italiano.
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Oggi è quasi raccapricciante la richiesta di abolire il Festival avanzata dal democristiano Giovanni D'Antonio nel 1967. È l'anno della tragedia di Luigi Tenco, contro il quale D'Antonio si scaglia, mettendo in mezzo pure Mike Bongiorno, chiedendo di accertare «se il cantante Luigi Tenco fosse dedito agli stupefacenti, se fosse davvero entrato in scena spinto dal presentatore Mike Bongiorno che "pure sapeva che il cantante era drogato"».
Tra la fine degli Anni 80 e l'inizio dei 90 «la questione morale» investe anche la Riviera canterina. Nel 1989 sono ancora dei deputati del Msi-Dn a lamentare la poca trasparenza nei processi di selezione dei cantanti in gara, chiedendo «se risponde al vero che gli organizzatori del Festival patteggiano con le case discografiche il numero dei cantanti, prescindendo dalle qualità degli stessi, che nel patteggiamento risultano merce di scambio i cantanti stranieri e che soprattutto per le nuove leve e per gli emergenti esiste una forte penalizzazione».
Nel 1993 il bersaglio cambia, non più le case discografiche, ma la Rai: il Msi vuole che si verifichino le affermazioni dell'allora organizzatore Ezio Radaelli che dice che «la Rai comanda e ricatta, e gli organizzatori possono solo dire sì» (questa Rai è già più riconoscibile). A chiederlo è la missina Adriana Poli Bortone, che l'anno dopo, nel 1994, torna alla carica, perché stavolta la politica non può fare finta di niente: perché Franco Simone non è stato incluso nel cast?
Ed è ancora la destra, questa volta An, nella persona di Vito Cusimano, che nel 1999 punta il dito contro i cachet, «vergognoso sperpero di denaro pubblico per scritturare personaggi noti». Per l'onorevole era forse meglio scritturare emeriti sconosciuti.
La palma della protesta più bizzarra va però all'onorevole Mario Borghezio dell'allora Lega Nord, indignato per una frase nientepopodimeno che di San Paolo. Questa è da spiegare: nel 1999 Fabio Fazio invita Ivano Fossati che canta Mio fratello che guardi il mondo, un inno alla fratellanza e all'accoglienza; per l'occasione manda in onda una frase tratta dalla Lettera di San Paolo agli ebrei: «Non dimenticate di essere ospitali con gli stranieri, perché alcuni hanno ospitato degli angeli senza saperlo». Sospettiamo che a Borghezio non sia mai capitato.
Come si vede, a portare Sanremo in Parlamento è stata soprattutto la destra, ma anche il Pd ha dato insperati segnali di vita nel 2020, pretendendo spiegazioni sul carrozzone Rai inviato al Festival: 624 dipendenti, un centinaio in più dell'anno prima.
Al seguito però - lamentavano i dem - figuravano anche mogli, figli, accompagnatori.
«Chi li ha autorizzati? Quanto è costata la loro trasferta? Era necessaria la presenza di tutti quei dirigenti?».
Non potevano mancare i Cinquestelle. Lontani i tempi in cui Beppe Grillo a Sanremo ci andava da comico e se la prendeva con i socialisti, un cavallo di battaglia (1989): vent'anni dopo esatti è l'allora capogruppo Gianluigi Paragone a presentare un'interrogazione parlamentare «sul possibile conflitto di interessi» del conduttore Claudio Baglioni. Il resto è storia recente.
Un anno fa Achille Lauro si autobattezzava sul palco e La Rappresentante di Lista alzava un pugno chiuso a fine dell'esibizione. «Oltraggio alla religione cattolica, inneggio al comunismo» secondo Salvini, e la Lega se la prendeva anche contro «i pericolosi ammiccamenti alla liberalizzazione delle droghe» di Ornella Muti. Ricordate? Probabilmente no, ma così è Sanremo: dal giorno dopo restano solo - se restano - le canzoni. E meno male.