1- ASSEDIO STERILE, UN GOL ANNULLATO INGIUSTAMENTE A MONTOLIVO, UN RIGORE NEGATO A ROBINHO, CALCI, SPUTI E COLPI DI TESTA PER UN SUCCESSO INATTESO CHE FA DELL’INTER L’INSEGUITRICE PIÙ PROBABILE DI JUVENTUS E NAPOLI. CAPOLINEA PER ALLEGRI? 2- VOLA IL NAPOLI DI MAZZARRI, RAGGIUNGE LA JUVE E DIMENTICA IL CROLLO IN EUROPA LEAGUE 3- E ALLA FINE MARCHISIO SBROGLIA UN MATCH AGGROVIGLIATO DA UN SIENA ECCITATO 4- EPURAZIONE ZEMAN: A GENNAIO FORSE LE STRADE DI ROMA E DE ROSSI SI DIVIDERANNO

DAGOREPORT

1- IL DERBY
Antonio Cassano salta in faccia ai suoi ex compagni. Esulta con il tecnico bambino, Andrea Stramaccioni, alla fine di una partita nervosa, incerta, mai bella, a tratti emozionante. Qualcuno litiga con i rivali, altri assediano l'arbitro. È inutile. L'Inter è tornata. La frustrazione è tutta rossonera. Una resa definitiva, dodici punti di distanza dalla vetta, sette in tutto, gli stessi del Pescara.

Per Massimiliano Allegri, polemico con l'arbitro (chiede un rigore e non solo) è questione di episodi e sfortuna. Abbattuto nel dopo gara: «abbiamo preso sette gol su calcio da fermo e dobbiamo stare molto più attenti", ma incline o meglio costretto a vedere il bicchiere mezzo pieno: «abbiamo giocato bene, il morale è alto» il problema non sarà soltanto conservare il proprio lavoro durante la sosta, ma ridare motivazioni (dovesse resistere per mancanza di alternative) a una truppa svuotata, depressa, incapace di risalire la corrente nonostante giochi un tempo con un uomo in più a causa dell'espulsione di Nagatomo e scopra in Handanovic un portiere coraggioso in uscita come dai tempi di Ghezzi e Lido Vieri (pur essendo passati negli anni Pagliuca, Zenga e Julio Cesar) a S. Siro non si vedeva.

Apre Samuel al 4'. Uscita folle di Abbiati e colpo in mischia su palla vagante. Milito manca il 2-0 tre minuti più tardi e ridà fiato alla confusione milanista. Assedio sterile, un gol annullato ingiustamente a Montolivo, un rigore negato a Robinho, calci, sputi e colpi di testa per un successo inatteso che fa dell'Inter l'inseguitrice più probabile della coppia di testa.

2- NAPOLI MILIONARIA.
Infatti il Napoli pur soffrendo più del lecito piega l'Udinese. Apre Hamsik, pareggia Pinzi, poi chiude Pandev, magia in pochi centimetri per il 2-1 messo poi a repentaglio dal terzino Faraoni in pieno recupero. Vola la squadra di Mazzarri, raggiunge la Juve e dimentica il magro viaggio olandese in Europa League. Contro il Psv, con le riserve, era stata disfatta. Rimessi al loro posto i titolari, Cavani e compagni liquidano Guidolin (espulso) e continuano il viaggio in solitaria con gli uomini di un Conte vittorioso e festeggiatissimo in tribuna a Siena.

3- ESILI BRIVIDI JUVENTINI
E alla fine arriva Marchisio. Quando ormai le mischie nell'area del Siena sono polverosi rodei, l'1-1 fissato da Pirlo e Calaiò nel primo tempo sembra definitivo e dopo il mezzo flop in Champions League con lo Shakhtar, già aleggiano i triti quesiti utili («cosa succede alla Juve?») a dare a una stagione troppo simile alla precedente il tono del giallo.

La Juve come era pronosticabile passa anche a Siena, dopo aver rischiato anche di perdere, in un clima da eccitata sagra locale. A bordo campo scorrono cartelli sulle virtù del Brunello di Montalcino e sul padrone di casa: «Pietro Mezzaroma e figli, qualità per vivere». Quella messa in piedi per salvare la banda di Serse Cosmi è opinabile, ma il tecnico, bravo e sottovalutato, da anni ormai opera con quel che ha.

Lo cacciano dopo mezz'ora, Cosmi e poco dopo grazie a un brasiliano, Angelo, travestito da Garrincha, i suoi pareggiano la punizione di Andrea Pirlo effimero 1-0 al minuto undici. Il secondo tempo è bello, combattuto, deciso da un colpo di flipper a un passo dalla fine. Forse la Juve deve ritrovare la brillantezza dello scorso anno, ma la crisi, oggettivamente abita altrove.

4- ROMA, EPURAZIONE ZEMAN
Le parole valgono più degli schemi. I fatti più delle sensazioni. Così il j'accuse zemaniano alla vigilia di Roma-Atalanta, così lontano e così vicino a certi psicodrammi in salsa andalusa targati Luis Enrique, produce lo stesso risultato. Nessuno è intoccabile. Nessuno indispensabile. Il «Chi non ci crede è fuori» del prepartita si tramuta in sosta forzata per Burdisso, De Rossi e Osvaldo (neanche un minuto in tre) e in vetrina per la fame dei sostituti.

Segnano Lamela salito sull'ultimo treno utile, lo statunitense Bradley davanti allo Zio d'America James Pallotta (terreo per una buona mezz'ora in tribuna), recuperano una maglia il terzino Piris e al centro della difesa, il 18enne Marquinhos. Il 2-0 all'Atalanta proietta la Roma nel gruppone medio alto della classifica e soprattutto traccia il solco tra quel che è stato fino a ieri e quel che sarà domani.

Zeman è pronto a camminare da solo. Con i ragazzini in campo, il vecchio Totti (encomiabile) risparmiato dall'anagrafe, il redivivo Stekelenburg e la certezza che se bisogna proprio rischiare, è meglio farlo con chi ti segue senza soffiare sul fuoco dei dubbi.

La Roma con l'Atalanta ha rischiato molto, goduto delle fortuna, dell'imprecisione e dell'egoismo degli attaccanti a disposizione di Colantuono e anche l'esclusione di De Rossi, uno di quelli che aveva eccepito ad alta voce, da caso della settimana retrocede ad argomento di risulta, con l'ipotesi non scolastica che a gennaio, forse definitivamente, le strade si divideranno.

5- ZONA UEFA O QUASI.
Discreta posizione, condivisa con la Roma, anche per Catania e Fiorentina salite a 11 punti. La squadra di Maran mette nei guai il Parma di Donadoni dopo un minuto. Tango argentino ai limiti dell'area, triangolo e gol di Gomèz per l'1-0 dei siciliani. Poi molta confusione, un'espulsione che lascia gli emiliani in dieci e l'addio di Montella, rimpianto ormai sfumato.

Vincenzino, nella fabbrica dei Della Valle, ha gli stessi punti. Il derby dell'Appennino, come lo chiamavano Ameri e Ciotti negli anni '80, mette in mostra il solito Jovetic. Gol nell'area piccola dopo sei minuti e pratica risolta contro l'ex Gilardino, fischiatissimo.

6- LAZIO, COME IN AMICHEVOLE.
I tifosi del Pescara, illusi dalla recente vittoria di Cagliari, in settimana avevano spronato in duemila la squadra di Stroppa. L'allenatore, in vena di metafore improbabili, aveva commentato psichedelico, parlando di «gioia, iniezione fiducia e doping sano». Con una gara più impresentabile dei parallelismi verbali del suo tecnico, gli abruzzesi decidono di festeggiare il ritorno in regione della Lazio (l'ultima volta, 20 anni fa) decidendo di non scendere in campo.

Prima Hernanes da 35 metri con comico intervento del portiere Perin, poi Klose per due volte nel cuore di una difesa imbarazzante. Il 3-0 di Miro e compagnia dopo 45 minuti rende inutile il secondo tempo, amichevole la ripresa, accademia la passerella dei ragazzi di Pektovic. Dopo aver ceduto di schianto con Napoli e Genoa la Lazio torna quella di inizio campionato, si issa a 15 a due soli punti dalla Juventus e guarda una classifica stellare ottenuta con il minimo sforzo o quasi.

7- IL RESTO DI NIENTE.
Corini ringrazia il portiere della Sampdoria Romero e all'esordio su una panchina in serie A, consente al Chievo di respirare, prendere tre punti e chiudere sul 2-1. Pari tra Genoa e Palermo (ancora Borriello in gol), noia cosmica tra Torino e Cagliari con i sardi trionfanti su calcio di rigore realizzato da Nenè e più in generale, mucchio selvaggio sul fondo. Attenzione alle squadre che non dovrebbero essere lì. Chi non è abituato ai bassifondi e sognava California, faticherà di più.

 

 

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